Per avvicinarsi al fenomeno complesso dei crimini ambientali ognuno di noi, come cittadino, studioso o decisore, deve poter entrare nell'e-normità – nel senso etimologico: ciò che eccede la norma – che ne caratterizza le possibili forme. Nello stato con-fusionale degli atti e degli attori che confluiscono in questo campo, porsi domande quali “questo comportamento è legale/illegale? è giusto/ingiusto? chi sono i perpetratori? chi le vittime?”, ed essere in grado di distinguerle e al tempo stesso connetterle, diventa sempre più impellente e cruciale.Coerentemente, il lavoro compiuto, e qui presentato, consisterà nel portare all'in¬terno della criminologia la tematica ambientale e, nello specifico, le molteplici prospettive teoriche sul fenomeno dei crimini contro l'ambiente. Si tratta di questioni che fino a qualche anno addietro non venivano incluse nel nostro ambito disciplinare, se non in via indiretta – ossia quali aspetti secondari legati allo studio della criminalità dei “potenti” e dei “colletti bianchi”. Per fare spazio a questi nuovi discorsi e a inedite sensibilità, è stato necessario immaginare un allargamento che sia al tempo stesso un rinnovamento dei confini del nostro sapere. L'identità intimamente “fram-mentata” che lo caratterizza fin dalle origini, una volta arricchita dello sguardo peculiare offerto dalla green criminology, potrà trovare elementi di novità – e talvolta, forse, di iniziale estraneità – che contribuiranno, almeno in parte, a favorire un “cambiamento del sé” della nostra disciplina, incorporando l'Altro ecologico al centro del Sé criminologico. Questo passaggio, per certi aspetti davvero rivoluzionario, dovrà avvenire mediante una costante interconnessione tra i percorsi teorici che delineeremo e i concreti ambiti discorsivi che attraversano la polis.L'obiettivo del lavoro è, pertanto, mappare punti di vista inediti rispetto agli orizzonti tradizionali del sapere criminologico e interpretarli nel campo della green criminology. L'indifferenza mostrata dalla criminologia nei confronti della tematica ambientale è stata possibile anche a causa di un “isolamento teorico” da altre discipline già sensibili a tali questioni cruciali della contemporaneità. Grazie a questi nuovi approcci ai fenomeni di distruzione ambientale sarà inoltre possibile donare nuova vita alle dimensioni dell'etica e della responsabilità anche nel nostro ambito disciplinare. Chia-riamo fin da ora che, da un punto di vista criminologico, definire un comportamento come “crimine ambientale” non significa necessariamente presupporre, o invocare, un intervento specifico del diritto penale. Significa, innanzitutto, chiedere una risposta da parte dell'ordinamento tutto, dagli apparati democratici e da ognuno di noi. Naturalmente, operare questa svolta non è semplice: essa implica non solo un ripensamento delle nostre discipline e delle nostre politiche, ma anche, e innanzitutto, una rivoluzione nelle nostre abitudini mentali e dei nostri habitus sociali, nella consapevolezza che uno dei principali ostacoli al cambiamento risiede nel fatto che gran parte dei danni ambientali che si producono è iscritta in stili di vita sedimentati storicamente.D'altra parte, questa lettura intende anche rappresentare un'opportunità per avviare percorsi interiori non consueti rispetto al rapporto che ognuno di noi ha con l'ambiente in cui è immerso. A tal fine, si è deciso di accompagnare questo itinerario con l'ascolto attivo di una molteplicità di voci, sia quelle degli accademici sia quelle che abbiamo chiamato “folk green”, ossia voci di persone comuni che hanno vissuto in prima persona esperienze di vittimizzazione ambientale. I mondi accademici, così come quelli sociali, dovrebbero imparare ad ascoltare con maggiore attenzione queste narrazioni, coltivando una elasticità prospettica adeguata alla delicatezza delle questioni ambientali e ai molteplici livelli, non sempre immediatamente visibili, che le caratterizzano.Vedremo, inoltre, come l'interazi