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A voler dare una giustificazione all'abnorme e caotico proliferare, in vari contesti territoriali (ONU, OCSE, UE, Italia, ecc.) di leggi e disposizioni in materia di gestione dei rifiuti, si potrebbe forse scomodare la massima di Eraclito «Panta rei os potamos», onde evidenziare il fatto che alla incessante mutevolezza di tale realtà bisogna affiancare quella altrettanto "vivace" del legislatore. Ma ciò non fa che complicare ulteriormente la situazione: negando la stabilità e la certezza del diritto agli operatori economici ed agli organi di vigilanza e addirittura favorendo proprio quelle fattispecie di reato che si vorrebbero contrastare e punire. In questa nota, come nell'altra riservata alle merci pericolose, abbiamo voluto evidenziare alcune bizzarrie di tale situazione.

Espletare tutti i numerosi e complessi adempimenti, previsti dalla recente normativa in materia di gestione e di trasporto delle merci pericolose e dei rifiuti, richiederà nei prossimi mesi uno sforzo tecnico, organizzativo ed economico non indifferente, in special modo, da parte delle piccole imprese che non sempre dispongono delle necessarie risorse e conoscenze. Anche se, ovviamente, non si può disconoscere che le nuove disposizioni, se adeguatamente integrate e correttamente impiegate, non tarderanno ad avere importanti ricadute positive in termini di sviluppo, internazionalizzazione, competitività, salvaguardia ambientale e sanitaria.

Secondo i dati più recenti , elaborati dalle dichiarazioni MUD effettuate nell’anno 2007, la quantità totale di rifiuti speciali prodotta in Italia, nel 2006, è stata pari a 134,6 milioni di tonnellate, di cui 125,5 milioni di tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi e 9,2 milioni di tonnellate di rifiuti speciali pericolosi. Secondo i dati riportati nel rapporto “Rifiuti Spa” , realizzato dall'Osservatorio nazionale ambiente e legalità, di Legambiente, in collaborazione con il Comando Carabinieri per la Tutela dell'ambiente, la differenza tra i rifiuti speciali prodotti e quelli gestiti consente di quantificare ogni anno in milioni di tonnellate la quantità di quelli scomparsi nel nulla: si va dai 14,1 milioni di tonnellate del 1997 agli 11,6 del ’98; si “scende” ancora a quota 11,2 nel 1999 per risalire ai 13,8 milioni di tonnellate del 2001 e ai 14,6 nel 2002 (ultimo dato ufficiale disponibile). Lungo le rotte dei traffici illeciti si smaltisce di tutto: dalle terre di spazzamento delle strade ai gessi contenenti amianto, dalle polveri di abbattimento fumi ai fanghi di conceria fino ai rifiuti prove-nienti dalle bonifiche di siti inquinati. Nell’ottica di controllare in modo più puntuale la movimentazione dei rifiuti lungo tutta la filiera è stato istituito il sistema informatico e telematico di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) che sostituirà l'attuale procedu-ra basata su moduli e formulari.

Sin dai tempi più antichi, l'uomo nel corso della sua lenta evoluzione, ha dovuto soddisfare innanzitutto i due bisogni primari ovvero la fame e la riproduzione. Vi sono segnali, lasciati dai cibi sullo smalto dentario dei reperti fossili, che nei primi tempi l'alimentazione era costituita prevalentemente da vegetali. Successivamente, con lo sviluppo delle prime comunità, apparve sempre più frequentemente la carne. Sulla scelta degli alimenti da privilegiare in quelle primitive diete, influivano nel tempo vari fattori, fra cui le disponibilità locali, gli scambi con le comunità vicine. Aree sempre più vaste si caratterizzavano per l'uso prevalente di una certa pianta (il grano, il riso, il mais, ecc.) favorita da condizioni climatiche, dal tipo di terreno o dal caso. Nonostante un processo di omogeneizzazione, dovuto in particolare ai trasporti, alcune differenze e alcune abitudini alimentari ancora permangono e continuano a caratterizzare intere regioni. Lo stretto legame fra cibi e salute ha da sempre attratto l'attenzione degli interessati, specie di coloro che dovevano provvedere alla loro preparazione e dei medici che dovevano assicurare la salute dei loro assistiti.