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Viene indicata ed esplorata la congruenza tra i due versi che danno corpo all’apostrofe indirizzata da Lucano a un miles caduto in battaglia e richiamato in vita dalla maga Eritto (Bellum civile VI 724-725) e alcuni versi del carme 101 di Catullo. L’analisi evidenzia in Lucano un uso crudelmente antifrastico dell’epitimbio per il fratello scomparso. Chiudono il lavoro alcune considerazioni critico-testuali sul carme catulliano suggerite da questo nuovo confronto con Lucano.

Il contributo studia la glossa etimologica e la relativa rappresentazione visiva della musa Thalia in Marziano Capella (I 28) e la congruenza dell’immagine con la Psiche delle Metamorfosi (IV 25 - V 1) di Apuleio. This paper studies the etymological gloss and the figure of Thalia in Marziano Capella (I 28). The representation of the Muse is similar to the image of Psyche in the Metamorphosis (IV 25 - V 1) of Apuleius.

pp. 233-247 Nelle Nuptiae (II 132) Marziano Capella ricorre a un termine proprio di Apuleio, l’aggettivo glabellus, per definire la parte glabra tra le sopracciglia (ubi pubem ciliorum discriminat glabella medietas) sulla quale una delle Grazie bacia Filologia. Il luogo specifico al quale Marziano si rifà è met. 2,17 (relativo al feminal di Fotide) ma in latino manca, alla luce di passi di Ovidio, Celso e Tertulliano, un termine specifico per tale parte anatomica (assai più tardo intercilium proprio dei glossari, delle traduzioni dal greco di materia medica e di Isidoro di Siviglia fatto su μεσόφρυον). Nei diversi codici di minore autorità delle Nuptiae si legge glabellae medietas e nei commentatori di Marziano quali Giovanni Scoto Eriugena e Remigio d’Auxerre il termine è chiosato come sostantivo. Il termine è passato ai più tardi repertori lessicografici (Papias, Catholicon, ecc.) per giungere ai trattati d’arte pittorica e di anatomia e attestarsi come sostantivo tecnico anatomico nelle varie lingue moderne. In Nuptiae (II 132) Martianus Capella uses an apuleianism, the adjective glabellus, to define the glabrous part between the eyebrows (ubi pubem ciliorum discriminat glabella medietas), on which one of the Graces kisses Philologia. But in the apuleian passage (met. II 17) the word is only used about the feminal of Fotis, and so in latin there isn't a real specific term to describe the anatomic part between the eyebrows (infact the term intercilium is later and used by glossators, basing it on the translation of medical greek term μεσόφρυον). The word glabellus is noted beginning from the medieval commentaries of Martianus Capella until modern languages as substantive indicating this particular anatomic part.

Questo primo volume del Supplementum Etymologicum Latinum è costituito dalla raccolta alfabetica di oltre un migliaio di occorrenze etimologiche antiche assenti dal Lexicon of Ancient Latin Etymologies compilato da Robert Maltby nel 1991, che è il repertorio attualmente di riferimento. Esse provengono da un numero assai elevato di opere latine e greche di poeti e di prosatori pagani e cristiani. Accompagnano il volume una ricca introduzione che illustra i materiali ritrovati e un prezioso indice che ordina le etimologie per autore e opera. L’indagine sarà completata da un secondo volume specificamente dedicato agli scritti dei grammatici latini.

pp. 1-7 This paper puts the focus on Ovid, Fasti III, 523-542, the lines which precede the long narrative development devoted to the Ides of March. It is shown that even in these lines, as well as in the etiologicaletymological story that follows on the figure of Anna Perenna, the Virgilian model insinuates itself at several points: a very famous passage of the Georgics (vv. 158-165) and an equally famous piece from the first book of the Aeneid (vv. 421-437), in which Virgil takes and re-functionalizes the lines dedicated to the work of the bees in the context of the foundation of Carthage.

La Venus di Apuleio è un “cocktail culturale” che combina l’Afrodite greca (la cosiddetta Afrodite Pandemia) e la Venus romana. In accordo con l’idea platonica dell’esistenza di due tipi di Venus (quella Urania e quella Pandemia), Apuleio inserisce sia le reminiscenze dell’inno a Venere dal prologo del de rerum natura di Lucrezio, sia prende in prestito la discussione di Varrone sull’etimologia del nome di Venere nel suo de lingua Latina. The Venus of Apuleius is a "cultural cocktail" combining the Greek Aphrodite (the so-called Aphrodite Pandemos) and the Roman Venus. In accordance with the Platonic idea of the existence of two kinds of Venus (the Urania and the Pandemos), Apuleius inserts both reminiscences of the praise of Venus from the prologue of Lucretius' de Rerum Natura and borrowings from Varro’s discussion of the etymology of the name of Venus in his de lingua Latina.

The Beta-glucan Effects on Lipid profile, glycemia and inTestinal health (BELT) Study investigated the effect of 3 g/day oat beta-glucans on plasma lipids, fasting glucose and self-perceived intestinal well-being. The Study was an 8-week, double-blind, placebo-controlled, cross-over randomized clinical trial, enrolling a sample of 83 Italian free-living subjects, adherent to Mediterranean diet, with a moderate hypercholesterolemia and a low cardiovascular risk profile. Beta-glucans reduced mean LDL-Cholesterol (LDL-C) levels from baseline by 12.2% (95%CI: &minus, 15.4 to &minus, 3.8) after 4 weeks of supplementation and by 15.1% (95%CI: &minus, 17.8 to &minus, 5.9) after 8 weeks of supplementation (p &lt, 0.01 for both comparison and versus placebo). Between baseline and 4 weeks Total Cholesterol (TC) levels showed an average reduction of 6.5% (95%CI: &minus, 10.9 to &minus, 1.9) in the beta-glucan sequence, while non-HDL-C plasma concentrations decreased by 11.8% (95%CI: &minus, 14.6 to &minus, 4.5). Moreover, after 8 weeks of beta-glucan supplementation TC was reduced by 8.9% (95%CI: &minus, 12.6 to &minus, 2.3) and non-HDL-C levels by 12.1% (95%CI: &minus, 15.6 to &minus, 5.3). Decreses in TC and non HDL-C were significant also versus placebo (respectively p &lt, 0.05 and p &lt, 0.01 to both follow-up visits). Fasting plasma glucose and self-perceived intestinal well-being were not affected by both beta-glucan and placebo supplementation

Nel 1927 Girolamo Vitelli propone di tradurre Verg. Aen. IV 19 (Huic uni forsan potui succumbere culpae) separando huic uni da culpae: così facendo, Didone ammette la possibilità di tradire «il ciner di Sicheo» soltanto per un uomo quale Enea. Non si tratta di una interpretazione nuova, poiché molti traduttori dei secoli precedenti (Zoppio, Martelli, Schiappalaria, Carrara, Bozzoli, per citarne alcuni) avevano mostrato di interpretare il verso in maniera analoga. Ma la nota di Vitelli ha il merito di suscitare un acceso dibattito tra i suoi sostenitori e quelli dell’interpretazione che lega huic uni a culpae. A sostegno dell’interpretazione di Vitelli – secondo un rigoroso metodo filologico – può essere portato il confronto con Catull. 111,3 (sed cuiuis quamuis potius succumbere par est). In 1927 Girolamo Vitelli proposed to translate Verg. Aen. IV 19 (Huic uni forsan potui succumbere culpae) separating huic uni to culpae: by so doing, Dido admits the possibility of betrayal «the Ciner of Sicheus» only for a man like Enea. This is not a new interpretation, as many translators of the past (Zoppo, Martelli, Schiappalaria, Carrara, Bozzoli, to name a few) were shown to interpret the verse in a similar manner. But the note of Vitelli has the merit of arousing a heated debate between his supporters and those of interpretation that binds huic uni to culpae. To support the interpretation of Vitelli – according to a rigorous philological method – can be brought comparisons with Catull. 111, 3 (sed cuiuis quamuis potius succumbere par est).