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Sottoscrizioni autografe nelle più antiche carte del monastero di S. Liberatore alla Maiella. Contributo alla storia del rapporto tra scrittura e alfabetismo in Abruzzo nel secolo X

Authors :
Dell'Omo, Mariano
Source :
Reti Medievali Rivista, Vol 6, Iss 1 (2005)
Publication Year :
2005
Publisher :
Reti Medievali Rivista, 2005.

Abstract

Il saggio che si propone di contribuire alla storia delle relazioni tra scrittura e alfabetismo in Abruzzo nel secolo X, deriva da una sezione (pp. CXLI-CLXX) della “Introduzione storica, paleografica e archivistica” al volume pubblicato dall’autore nel 2003. L’immediato contesto geo-monastico è quello di S. Liberatore alla Maiella, la più grande delle dipendenze di Montecassino in Abruzzo, e una delle prepositure più notevoli tra le circa sessanta che appartennero al monastero cassinese nell’Italia centro-meridionale. L’obiettivo più generale è quello di far conoscere l’intero fondo archivistico di S. Liberatore, sia quello di età medievale con il citato volume, sia quello di età moderna con il successivo, apparso nel 2006. Questa specifica serie dell’Archivio cassinese, gravitante intorno a S. Liberatore ma relativa anche ad altri centri monastici minori di area abruzzese, e che occupa oggi le capsule da XCIX a CIV, racchiude complessivamente 801 documenti. Tra questi se ne annoverano alcuni particolarmente noti agli studiosi – specialmente dopo i lavori di Enrico Carusi (1929, 1932) e Herbert Bloch (1986) –, come il “Memoratorium” dell’abate Bertario († 883) e il “Commemoratorium” – inventario testamentario – del preposito maiellese, poi abate di Montecassino Teobaldo († 1035/1037). Alcuni hanno riservato interessanti scoperte, come l’attuale caps. XCIX, fasc. I, n. 4, una carta del luglio 936, che racchiude la più antica sottoscrizione autografa (“Ego qui supra Arechisi iudex”) di Arechi, giudice della città di Capua, lo stesso che sottoscrisse il celeberrimo placito del 960, prima testimonianza ufficiale di volgare italiano. Altri costituiscono un nucleo di documenti omogenei (nn. 7, 8, 9, 10, 12, 13) la cui edizione integrale ha offerto finalmente in modo completo la più antica collezione di contratti agrari di Montecassino (dal 950 al 984), specialmente sotto forma di livelli (generalmente ventinovennali), i più diffusi per la conduzione di terre in ambito cassinese, aventi carattere di locazione con il corrispettivo di un canone proporzionato al terreno. Su questo ordito storico e documentario si intesse il profilo paleografico illustrato dal presente saggio, circa il significato che le più antiche carte (sec. X) di S. Liberatore rivestono per la storia del rapporto tra scrittura e alfabetismo in Abruzzo, grazie alle sottoscrizioni autografe di coloro che prendono parte all’atto soprattutto come testimoni, ma anche in certi casi come autori dell’atto stesso. L’esame di 33 documenti editi – escluso il n. 1, non genuino –, datati tra il 935 e il 1000, ha fatto emergere un totale di 104 sottoscrizioni autografe in originale, e 7 in copia. Notevole è il numero di sottoscrittori laici (69) rispetto agli ecclesiastici (18). Gli scriventi laici fanno uso in grandissima parte della minuscola: elementare di base (15), tra l’elementare di base e l’usuale (23), usuale (25), e solo in rari casi della beneventana usuale (6). Prevalente invece tra gli ecclesiastici (tutti di area cassinese o della Longobardia meridionale) la beneventana: usuale (10) o libraria (2); i restanti ecclesiastici, censiti in area abruzzese, sottoscrivono in minuscola: tra l’elementare di base e l’usuale (1), e usuale (3). Dall’analisi paleografica delle carte analizzate scaturiscono le seguenti conclusioni: sono presenti due distinti ambiti culturali, l’uno riflesso della Longobardia meridionale, l’altro di derivazione locale in cui si fa uso di una minuscola che rinvia ad una educazione grafica di base se non rudimentale. È da registrare quindi l’esistenza di una fascia di soggetti ai quali è consueta la pratica della scrittura di cui riconosce anche il valore simbolico, ad esempio nel caso di personalizzazione del “signum crucis”; d’altra parte, l’uso della beneventana, tipica del territorio al quale apparteneva Montecassino, appare riservato a una minoranza di provenienza ecclesiastica.<br />Reti Medievali Rivista, Vol 6, N° 1 (2005)

Details

Language :
Italian
Database :
OpenAIRE
Journal :
Reti Medievali Rivista, Vol 6, Iss 1 (2005)
Accession number :
edsair.doi.dedup.....52d6310bfe359ab03008da503bb0d3e9
Full Text :
https://doi.org/10.6092/1593-2214/178