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Il Piano per la Ripresa e la Resilienza approvato dal Consiglio europeo del 17-21 luglio 2020, e denominato Next Generation EU, rappresenta una decisione di straordinaria rilevanza nella storia recente dell’integrazione europea: una rilevanza non solo quantitativa, per il complessivo valore del piano, ma anche qualitativa, per la decisione di autorizzare la Commissione a reperire ben 750 miliardi di euro sui mercati internazionali, attraverso l’emissione di titoli di debito europei. È proprio quest’ultima caratteristica del piano ad aver portato molti studiosi, opinionisti e personalità di alto profilo istituzionale a parlare di un “momento hamiltoniano” dell’Europa, con riferimento al processo di integrazione finanziaria e fiscale alle origini dell’esperienza federale statunitense. Prendendo spunto dalla letteratura comparata sui federalismi, con una particolare attenzione agli studi che mettono a confronto il caso statunitense con quello europeo, il presente saggio propone una comparazione diacronica tra le misure finanziarie e fiscali adottate dai patrioti americani per risollevare le sorti della Repubblica nel mezzo della Guerra d’Indipendenza, e le misure europee di contrasto allo shock economico seguito alla pandemia di Covid-19, allo scopo di saggiare la bontà dell’analogia storica che attribuisce alla presente congiuntura europea il titolo di “momento hamiltoniano”. A tal fine, il saggio adotta un approccio interdisciplinare che unisce gli strumenti euristici della storia delle istituzioni a una puntuale analisi del quadro giuridico europeo., The Recovery and Resilience plan approved by the European Council of 17-21 July 2020, known as the Next Generation EU, introduced a decision of extraordinary importance in the recent history of European integration. The aforementioned importance is both quantitative, due to the total amount of money involved in the plan, and qualitative, since it gave the Commission the power to raise up to 750 billion euros on international markets through the issuance of European debt securities. It is precisely this last feature of the plan that has led many academics, opinion leaders and high-profile institutional figures to speak of a “Hamiltonian moment” for Europe, with reference to the process of financial and fiscal integration at the origin of the US federal experience. Building on a well-established comparative scholarship on federalism, with a particular focus on the literature that contrasts the US case with the European one, this essay offers a diachronic comparison between both the fiscal and financial instruments adopted by the American patriots to revive the fortunes of the Republic in the midst of the War of Independence and the European measures to counter the economic shock following the Covid-19 pandemic. By means of a diachronic comparison, this essay will test the validity of the historical analogy that ascribes the title “Hamiltonian moment” to the current European situation. To this end, the essay adopts an interdisciplinary approach that combines the heuristic tools of institutional history with a detailed analysis of the European legal framework.

Dopo due anni di pandemia, l’Italia si ritrova con un debito pubblico di oltre 2.700 miliardi di euro, il 155% del PIL, il livello più alto in perio­do di pace mai accumulato dal Paese. Sono più di 45.000 euro a testa per italiano, infanti com­presi. Come ci siamo arrivati? Che conseguenze ha un debito così alto sul funzionamento dell’economia? Dobbiamo preoccuparcene? E soprattutto, come possiamo uscirne? Per rispondere bisogna anzitutto capire cos’è davvero il debito pubblico, a cosa serve, cosa ne garantisce la sostenibilità nel tempo. E per far­lo occorre anche chiarire come siamo arrivati a questo punto, tra la visione corta dei governan­ti e la furbizia sciocca dei governati, aggravate dalle inefficienti dinamiche politico-istituzionali. Dopo aver discusso criticamente le soluzioni fa­cili e apparentemente indolori al problema, così popolari sui social (a cominciare dal ripudio del debito, la sua ristrutturazione, l’uscita dall’euro e le possibili patrimoniali, per finire con il sogno della monetizzazione perpetua, l’equivalente moderno dalla manna biblica), nel saggio Debito pubblico Massimo Bordignon e Gilberto Turati suggeri­scono una via d’uscita per il futuro. Perché se è vero che il mostro è brutto, non è però imbatti­bile. Sempre che si voglia batterlo. Viviamo in un mondo strutturalmente diverso dal passato e i tassi di interesse resteranno bas­si per lungo tempo. Questo offre la possibilità di ridurre significativamente il peso del debito italiano a costi limitati. Ma va ritrovata la strada della crescita, sfruttando gli spazi offerti dalle nuove politiche europee e avviando la realizza­zione delle molte riforme di cui il Paese necessita da tempo. Un’opportunità unica che sarebbe im­perdonabile non cogliere.

La svolta di politica monetaria della Bce, con la fine del QE e l’aumento dei tassi di policy, si giustifica con la necessità di ancorare le aspettative d’inflazione all’obiettivo del 2%. Tuttavia, l’abbandono della forward guidance e il passaggio all’approccio meeting-by-meeting privano la Bce di uno strumento utile per guidare le aspettative: questo potrebbe rendere più costoso il processo di disinflazione. L’assetto operativo della politica monetaria nell’area euro sta evolvendo verso un new normal, nel quale l’obiettivo operativo è il livello dei tassi di interesse a breve termine e il mercato monetario continua a presentare un eccesso strutturale di riserve: in questo nuovo assetto, il tasso di policy rilevante non è più quello sulle operazioni di rifinanziamento principali, ma quello sulla deposit facility. In una fase, come quella attuale, di rialzo dei tassi di interesse è importante tenere sotto controllo i rischi di frammentazione tra i paesi della zona euro. A questo riguardo, va riconosciuto che il nuovo strumento TPI ha una condizionalità più leggera dell’OMT, ma comunque impegnativa; inoltre, il suo utilizzo lascia ampi margini di discrezionalità al Governing Council.

Impatto dei programmi di acquisto di titoli pubblici da parte della Bce. Strategia di uscita dal QE. La revisione della strategia di politica monetaria.

Lo scritto tratta tre dei temi svolti nel libro: gli imprenditori italiani, la struttura produttiva del Paese, il debito pubblico. Tra i primi vengono descritti coloro che guardano al bene della comunità senza concentrarsi sulla massimizzazione del profitto. La struttura produttiva italiana viene analizzata mettendo in luce il Quarto capitalismo delle imprese di media dimensione. Il debito pubblico viene trattato nel suo sviluppo storico a partire dall’Unità d’Italia mettendo in evidenza la sua prevalente elevatezza rispetto al Pil. Si conclude per una nuova governance delle imprese che badi alla massimizzazione del loro valore che vada a favore di tutti gli stakeholders e non dei soli detentori del capitale azionario., The paper deals with three of the themes developed in the book by Marco Vitale: i) Italian entrepreneurs, ii) the industrial structure of the country, iii) the public debt. Among the former are those who look to the good of the community without focusing on maximizing profit. The Italian production structure is analyzed by highlighting the fourth capitalism made up by medium-sized companies. The public debt is treated in its historical development starting from the unification of Italy, highlighting its prevalent highness as a % of GDP. It ends for a new corporate governance that takes care of maximizing the value of companies in favor of all stakeholders and not just the holders of the share capital.

Con il progressivo rafforzamento della ripresa, le banche centrali dei principali paesi avanzati stanno avviando, con tempi e modalità differenti, il processo di normalizzazione della politica monetaria. Questo comporterà non solo cambiamenti nella conduzione della politica monetaria ma avrà inevitabilmente anche effetti sulla politica fiscale. Lo studio delle interazioni tra politica monetaria e politica fiscale costituisce un utile esercizio per un duplice motivo. Può consentire la comprensione della perdurante bassa inflazione pur in presenza di politiche monetarie estremamente espansive; ci è d’aiuto nell’analizzare l'effetto della normalizzazione dei tassi di interesse sulle condizioni della finanza pubblica dei principali paesi avanzati e dei paesi dell’eurozona in particolare.

In the works of Montesquieu, it is possible to discern the principles of a coherent economic thought. However, the French philosopher never separated the specific analysis of economic variables and the general examination of the political and social configurations. Montesquieu was an early proponent of the ‘quantity theory of money’, and besides, he adhered to the principles of a resolute ‘metallism’ which led him to polemicise against John Law. In general, Montesquieu adopted the perspective of a strong economic ‘liberalism’ and so followed the ideas that were prevalent in the French debate of the eighteenth century, which began with the fundamental works of Boisguilbert and Vauban. Montesquieu was convinced of the need to reform the French system of taxation, with the objective to mitigate the territorial restrictions of feudalism and thereby facilitate the market forces, encouraged also by the predominant use of indirect taxes. Furthermore, Montesquieu seemed to think that the development of a free market could be achieved more easily in countries ruled by a monarchical government, being better suited to the wide diffusion of luxury consumption. This belief of Montesquieu was strongly opposed by Destutt de Tracy., Les œuvres de Montesquieu recèlent les éléments théoriques d’une pensée économique cohérente. Cependant, jamais le philosophe français ne scinde l’étude spécifique des variables économiques et l’examen général des configurations politiques et sociales. Défenseur parmi les premiers de la "théorie quantitative de la monnaie", Montesquieu fait sien, en polémique avec John Law, les principes du "métallisme". De façon générale, dans le sillage des écrits fondamentaux de Boisguilbert et Vauban, Montesquieu prend une part active au débat français du XVIIIe siècle. Convaincu de la nécessité de réformer le système fiscal français, avec l’objectif d’atténuer les restrictions territoriales du féodalisme tout en favorisant le déploiement des forces du marché que le recours massif à l’utilisation d’impôts indirects avait ultérieurement encouragées, Montesquieu adopte la perspective d’un fort "libéralisme" économique. De surcroît, il semble partisan de l’idée selon laquelle le développement d’un marché libéralisé puisse plus aisément se concrétiser au sein des états monarchiques, ce type de gouvernement étant propice à la diffusion des biens de luxe. L’hostilité de Destutt de Tracy à cette conviction fut nette., Nelle opere di Montesquieu, è possibile ravvisare i contorni teorici di un pensiero economico coerente. Tuttavia, il filosofo francese non separò mai lo specifico studio delle variabili economiche e la disamina generale delle configurazioni politiche e sociali. Montesquieu fu uno dei primi sostenitori della “teoria quantitativa della moneta”, inoltre, aderì ai principi di un risoluto “metallismo”, che lo condusse a polemizzare contro John Law. In generale, Montesquieu adottò la prospettiva di un forte “liberalismo” economico e in tal modo assecondò le idee che furono prevalenti nel dibattito francese del XVIII secolo, che ebbe inizio con le fondamentali opere di Boisguilbert e Vauban. Montesquieu era convinto della necessità di riformare il sistema tributario francese, con l'obiettivo di attenuare le restrizioni territoriali del feudalesimo e così agevolare il dispiegarsi delle forze di mercato, ulteriormente incoraggiate attraverso il predominante utilizzo di imposte indirette. Inoltre, Montesquieu sembrò sostenere l'idea in base a cui lo sviluppo di un mercato liberalizzato possa conseguirsi più facilmente all'interno di paesi retti da un governo monarchico, essendo più adatto ad una vasta diffusione dei consumi di lusso. Questa convinzione di Montesquieu fu duramente osteggiata da Destutt de Tracy.

La deriva che la politica di bilancio nazionale ha assunto nell’attuale contesto europeo e, soprattutto, la «demonizzazione delle situazioni di disavanzo e di debito dei Paesi aderenti» all’eurozona, ben emerge analizzando il cambiamento che ha subito il ruolo dei banchieri centrali nell’ambito del finanziamento del debito pubblico, con riferimento sia all’emissione di titoli del debito pubblico, sia all’emissione di nuova moneta. Due modalità che sono state drasticamente incise dall’avvento dell’Unione Monetaria Europea (UME) che ha richiesto un radicale cambiamento di prospettiva. Più precisamente, questo scritto evidenzia come le regole, imposte al finanziamento del debito pubblico degli Stati membri, abbiano finito per introdurre una sorta di logica concorrenziale - in altre parole, applicare i principi sovranazionali sulla concorrenza - anche in quest’ambito, senza però tenere in debita considerazione il fatto che se, almeno da questo specifico punto di vista, i Paesi dell’eurozona sono accomunabili, non altrettanto può dirsi per gli altri competitors che si muovono sul mercato: gli altri Stati sovrani - quali in primis gli Stati Uniti e la Gran Bretagna - che possono contare su regole diverse e, soprattutto, su un banchiere centrale che può svolgere la funzione di prestatore di ultima istanza. Per poter giungere a simili conclusioni, dal punto di vista metodologico, questo lavoro muove dalla ricostruzione dell’evoluzione del ruolo che la Banca d’Italia ha svolto nella sottoscrizione di titoli del nostro debito pubblico; al termine di questo percorso passa a tratteggiare con maggior consapevolezza i profondi mutamenti imposti dal trasferimento della gestione della politica monetaria in capo alla BCE.