"La bellezza, ed il suo disciplinarsi nella ricerca della regola, trova storicamente e modernamente senso nella ricerca e caratterizzazione del concetto di struttura. Dopo le ricerche degli Anni Sessanta, il concetto di struttura/architettura migra dalle ricerche sulla linguistica al mondo dell’informatica e della comunicazione mediale. Ripensare – oggi - al concetto di bellezza come struttura codificabile nella trasmissione dei saperi progettuali, significa mettere in campo valori, termini astratti e formali, complessi che si basano per lo più sull’analisi comparata e contestuale dei concetto di ruolo, corrispondenza, relazione e rete. La struttura, in architettura, non coincide con la forma, ma consente che essa sia intelleggibile e descrivibile. I termini astratti che la determinano la rendono pertanto atta ad assumere identità sempre nuove e comunque identificabili. Il concetto di struttura in architettura, non è da confondere col tipo architettonico - che è comunque una “struttura” concettuale – diversamente dal tipo, essa si presenta alla generalità massima. Diversamente dal tipo, essa non esprime carattere evolutivo, storico o analogico. Possiede invece – come nelle scienze naturali – attitudine alla proprietà combinatoria, con assetti formali potenzialmente infiniti ma definibili. Si vuole, qui, dare risalto al paradigma della venustas che si esprime nell’“avere struttura” - ovvero l’essere dotata di una qualità intrinseca e riconoscibile (la struttura) - in relazione alla volontà (l’atto ordinatore, l’intenzionalità trasmissiva di regole e discipline, come tradizione o istruzione) del “dare struttura”. La struttura, nel progetto di architettura, può esprimersi nel risultato di un processo che nasce dall’attribuzione di un ruolo a determinati elementi, ovvero, il complesso di regole o istruzioni, che possono essere assunte, in modo limitato, da alcuni elementi tra loro simili o diversi. Per esempio: nella tradizione dell’architettura classica, la struttura di una facciata può essere rappresentata prendendo come riferimento il “ruolo” di una colonna binata, in un portale, o nella composizione di una facciata. Se questo suo ruolo, per es. è l’accentuare la centralità/assialità in un partito architettonico, la struttura della bellezza si esprime come la modalità per ottenere un risultato armonico. Sarà quindi la descrizione che l’elemento o gli elementi assumono nella composizione, la posizione determinante nel tutto, il numero, ovvero la frequenza, in cui gli elementi si presentano isolati o iterati, l’intensità, ossia il proporzionamento di un elemento rispetto ai simili. Analogamente al tipo, anche il numero e la frequenza sono elementi concorrenti ma non identificativi una struttura. E’ la stessa procedura vitruviana e palladiana che consente la codifica degli elementi del progetto in forma di racconto logico-astratto che si avvale della lingua scritta ma supportata dall’oggettività matematica. Essa corrisponde - non diversamente da una ricetta gastronomica - alla volontà di avere e dare struttura all’architettura, riconoscendo le leggi che ne determinano le relazioni per ricreare o di modificarne l’esito in modo controllato e consapevole, nella parte e nel tutto. Dal razionalismo rinascimentale alla rivoluzione illuminista, l’esigenza di modellare e ri-formulare la struttura spaziale dell’architettura secondo leggi naturali, si è espressa talvolta in processi di mimesi biomorfica. Si è riconosciuto alla materia - organica e inorganica – soprattutto dopo la scoperta delle sue forme microscopiche, la conferma di un assetto materiale e funzionale propriamente organizzato, cioè architettonico, in senso lato. L’architettura, come la struttura della cellula o dell’atomo, è riconoscibile, descrivibile e, pertanto, meccanicamente/fisicamente/biologicamente, riproducibile. "