Il termine „Samaritani” deriva dal verbo ebraico šāmar “vigilare”, „custodire”. Gli Assiri, dopo aver conquistato la capitale Samaria (722) deportarono circa 40 mila Israeliti in Mesopotamia i quali conservarono la tradizione dei profeti del Regno del Nord: Elia, Eliseo, Amos ed Osea. Nella regione di Samaria rimasero circa 100 mila Israeliti, ma vi arrivarono molti altri popoli dalla Siria, Assiria, Persia, Media e dal mondo ellenistico. Così si formò una comunità assai composita che adottò un rito speciale. Dopo il periodo di deportazione (di esilio), quando i rimpatriati Giudei si dedicarono al rinnovamento del culto e alla ricostruzione del tempio di Gerusalemme, i Samaritani espressero il desiderio di parteciparvi. Ma il loro desiderio fu respinto dai rimpatriati. Allora i Samaritani, per ragioni politiche, si opposero alla ricostruzione delle mura di Gerusalemme e costruirono un proprio tempio sul monte Garizim (328) che fu distrutto da Giovanni Ircano (128), procurando una profonda spaccatura tra Giudei e Samaritani. Spesso si parla di „scisma dei Samaritani”. In realtà si tratta piuttosto di due correnti religiose, basate sul Pentateuco. I Samaritani sono monoteisti, considerano Mosè come un profeta, indirizzano le preghiere a Dio tramite i patriarchi e Mosè, accettano il Pentateuco, considerano il monte Garizim come un luogo santo, hanno il proprio calendario liturgico e riti religiosi. Gesù non predicò la buona novella ai Samaritani (non si trovano tracce nella fonte Q e in Marco). I due evangelisti testimoniano che Gesù non era contro i Samaritani (vedi la parabola del buon Samaritano – Luca 10,30-35 ed il colloquio con la Samaritana – Giov. 4,4-42). I discepoli di Gesù ben presto, con un notevole successo, cominciarono a predicare il messaggio del loro Maestro ai Samaritani (cf. Atti 8,1-6).