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Il concetto di dieta Mediterranea risale agli anni ’50-'60 quando Il biologo e fisiologo americano, Ancel Keys, condusse delle indagini sul rapporto tra consumi alimentari e rischio di malattie cardiocircolatorie mettendo a confronto dati americani con dati relativi alla popolazione napoletana, sorpreso che le malattie cardiache non rappresentassero qui (e tra i poveri) un problema di salute...

Competenze trasversali... detto in inglese, “soft skills” (SS), ha tutto un altro fascino. A tutti i livelli d’istruzione se ne parla sempre di più, perché le SS sono sempre più importanti per il mondo del lavoro, a volte il principale fattore di selezione del personale. Sul web si legge che oggi contano più delle hard skills, ossia delle competenze tecniche o specifiche di una certa disciplina. Le SS, competenze che riguardano la sfera emozionale e come la persona riesce a interagire con le altre persone in situazioni lavorative e sociali diventano, quindi, elemento di differenziazione e successo. Ma una serie di interrogativi affolla la mente. Quali sono queste preziose SS? Capacità di comunicare; intelligenza emotiva; adattabilità e flessibilità; risoluzione dei problemi; leadership; ....

Anche questo Natale e Capodanno sono passati. Abbiamo (chi più, chi meno) imbandito le nostre tavole, scambiato regali enogastronomici con amici e conoscenti, visto scorrere alla televisione immagini di pranzi e cenoni e sentito ai telegiornali le solite statistiche su quanto gli italiani avrebbero speso in media a testa per il mangiare delle feste. Statistiche comunicate dopo i soliti quotidiani bollettini di guerra e calamità naturali in diverse parti del mondo, seguite e anticipate dai soliti messaggi pubblicitari di richiesta fondi per aiutare popolazioni in difficoltà. Finite le festività, riprendono i soliti servizi su come cercare di riciclare gli avanzi (inevitabili dei pranzi e regali di cui sopra) all’insegna della lotta contro lo spreco, su quale regime alimentare per riprendersi dagli eccessi (sempre dei pranzi e regali precedenti). ....

Lo scorso mese avevo detto avremmo parlato dei possibili ruoli e colpe dell’industria alimentare nei confronti dell’obesità. Sicuramente è innegabile che il contesto alimentare (food environment) sia in grado di influenzare le nostre abitudini alimentari e possa, in alcuni casi, essere davvero di poco aiuto per le persone coinvolte in percorsi di riduzione o mantenimento peso o, semplicemente, per l’adesione a un regime alimentare equilibrato e salutare. Il problema è identificare tutti gli attori del contesto e i relativi ruoli e responsabilità per sviluppare le strategie più efficaci ai fini del contenimento dell’epidemia obesità...

The extraction of bioactive compounds from food wastes or by-products with natural deep eutectic solvents (NADES) could be an attractive alternative to traditional hydroalcoholic extraction but needs to be optimized taking advantage of modeling. This work aims to propose, develop, and discuss a new model for the extraction of phenolic compounds from spent coffee grounds (SCGs) using NADES to overcome some gaps related to the kinetic extraction models and the surface response methodology. The model presented is based on the same assumption as the kinetic model, but improving it to be able to predict phenolic extraction changing different process parameters (e.g., water content, time of extraction, temperature, etc.) using betaine: triethylene glycol (molar ratio 1:2). The model was validated on the extraction of total phenolic compounds from SCG as a function of water content of NADES ranging from 30 to 60% v/v. There was good agreement between experimental and simulated data and even, in some cases, better than with the second-order kinetic models. In addition, the new model needs fewer parameters to be regressed concerning the specific case investigated in this work. This model and methodology can be the basis for further modeling applicable to other bioactives, and/or other NADES and feedstocks.Practical ApplicationsNatural deep eutectic solvents (NADES) can be a potential sustainable solvent for the valorization of food by-products as they can be used to extract bioactive compounds with high added value. This extraction process needs to be optimized depending on several factors like water content in NADES solution, solids ratio, extraction time, and temperature. The model validated in this work on spent coffee ground (SCG) could be used for this purpose, improving the gaps related to the kinetic extraction models and the surface response methodology (RSM). The new model enables predicting the behavior of the process as a function of the parameters previously ment

Commercial cocoa and hazelnut-based sweet spreads typically present a poor nutribiochemical level due to their ingredients and recipes, while nowadays, there is the need of developing sustainable food products addressing both an improved nutritional and environmental profile. The aim of this work was then to develop an innovative hazelnut/carob-based spread with potential high sustainability and nutritional profile, including the exploitation of grape-processing residues (grape skin flour and grapeseed oil) and carob pulp as cocoa surrogate. Rheological (rotational/oscillatory), oxidative, and thermal features of the spread were assessed and compared with two commercial nut-cocoa-based products. Tribology was used to mimic and evaluate the spreads' behavior during oral consumption, and sensory profile (by quantitative descriptive analysis) was also assessed. All products exhibited a pseudoplastic behavior, with the elastic component prevailing over the viscous one. The innovative product showed the highest lubricity from both rheological and sensory analysis, thus well correlating to the obtained lowest viscosity and friction factor trends. Grapeseed oil provided a better nutritional profile, but the largest amount of unsaturated fatty acids promoted oxidation, despite the higher total phenolic content and antioxidant capacity coming from the use of carob and grape skin powders. The sensory perception investigation revealed a characteristic mouthfeel/flavor for the new spread identified having a more fluid consistency and a bitter/sour taste, together with a greater stickiness and a poorer smoothness due to a higher fiber content and solid fat absence.

Mi piace riprendere e ampliare un concetto sviluppato negli anni 90 dall’OMS cui ho già fatto riferimento in editoriali precedenti, ossia quello della responsabilità condivisa nella gestione della sicurezza alimentare. Purtroppo, è innegabile il fatto che a livello mondiale, sebbene con differenze specifiche per paese e fasce di popolazione, l’alimentazione è correlata a malattie croniche e acute con evidenti impatti sull’economia degli stati. Potere consumare cibi sicuri è alla base della salute umana e dovrebbe essere un diritto di tutti accedere a cibi sicuri, nelle giuste quantità e con il corretto profilo nutrizionale. Per garantire questo diritto i governi devono assicurare che il cibo disponibile soddisfi determinati standard di sicurezza. Il rischio zero non è possibile e, anzi, il livello e il tipo di esposizione al rischio possono cambiare anche rapidamente per mutate abitudini di consumo, emergenze climatiche, situazioni politiche. ....

La proposta della Commissione europea di aggiungere nell’etichetta alimentare alla dicitura “da consumarsi preferibilmente entro” l’espressione “spesso buono oltre” sembra avere scatenato una pletora di reazioni mediamente scandalizzate e contrarie a un tale provvedimento. Vorrei però cercare di riflettere sulle ragioni sia dietro questa proposta, sia dietro ai suoi oppositori, per salvare il salvabile o per lo meno capire quali strade si potrebbero intraprendere...

Quest’anno la giornata mondiale dell’alimentazione del 16 ottobre è stata dedicata all’acqua, con l’obiettivo di sensibilizzare tutti sull’importanza di questo elemento naturale, soprattutto le persone più fortunate che, invece, non avendo problemi di accesso all’acqua, possono ancora fare fatica a comprendere l’importanza di un suo uso moderato e consapevole...

La proposta della Commissione europea di aggiungere nell’etichetta alimentare alla dicitura “da consumarsi preferibilmente entro” l’espressione “spesso buono oltre” sembra avere scatenato una pletora di reazioni mediamente scandalizzate e contrarie a un tale provvedimento. Vorrei però cercare di riflettere sulle ragioni sia dietro questa proposta, sia dietro ai suoi oppositori, per salvare il salvabile o per lo meno capire quali strade si potrebbero intraprendere. La principale motivazione che ha portato alla proposta pare essere la lotta allo spreco, in quanto tanti prodotti oggi sono buttati via solo per avere oltrepassato il termine minimo di conservazione (TMC) pur essendo di fatto ancora buoni da consumare. Il TMC indica infatti un periodo di tempo, in determinate condizioni di conservazione, durante il quale il prodotto mantiene le proprie caratteristiche qualitative e richiede l’indicazione in etichetta di una data preceduta dalla dicitura “da consumarsi preferibilmente entro”. Si applica a prodotti non deperibili dal punto di vista microbiologico che non rappresentano per tanto un rischio per la salute del consumatore anche se consumati dopo tale data. Non si può negare che molti consumatori trattino il TMC esattamente come se fosse una data di scadenza. Allo stesso tempo però sfido chiunque a dire che sia semplice stabilire il TMC. Le variabili in gioco per calcolare, stimare e validare un TMC sono talmente tante che diventa impossibile definire dei protocolli semplici da seguire per l’industria. È vero che con un TMC non è in gioco la sicurezza del consumatore, ma rimane vera una certa “nebulosità” normativa e una valutazione del TMC che richiederebbe una notevole mole di dati e specifiche competenze tecnico-scientifiche da mettere in campo. E comunque, per quanto si impostino al meglio la raccolta di dati, l’applicazione di modelli matematici e la realizzazione di campagne sperimentali, la TMC finale avrà sempre un certo grado di incertezza. Allora

Grazie al Piano Nazione di Ripresa e Resilienza (PNRR) Università (e centri di ricerca) e Industria stanno ricevendo fondi preziosi da utilizzare al meglio per contribuire alla ripresa con successo. La ripresa chiama innovazione e l’innovazione chiama la collaborazione Università-industria. Come accademica, ho effettuato delle ricerche specifiche sul tema e non mi aspettavo di trovare così tanto materiale, anche molto recente, sullo studio dei fattori che possono favorire e impattare la collaborazione università-industria. Ricercando correlazioni con gli ambiti a me più noti, nel 1990 l’OMS coniò il concetto di responsabilità condivisa per la gestione della sicurezza e igiene alimentare, in cui Governo, Industria, Scienza & Ricerca e Consumatori hanno ruoli e responsabilità precise. Nella collaborazione Università-Industria si parla del modello di innovazione a Tripla Elica per sottolineare l’importanza delle interazioni tra Università, settore privato e istituzioni pubbliche per promuovere il trasferimento delle conoscenze e ottimizzare il processo di innovazione e il suo impatto sociale. Si tratta di un modello di innovazione non più lineare (come quello adottato dopo la Seconda guerra mondiale e che vedeva i risultati della ricerca tradotti in innovazioni e poi diffusi nella società), bensì un modello non lineare con continui meccanismi di feedback tra i diversi componenti del processo di innovazione. Invece, spesso università e risultati scientifici, e industria e tecnologia appaiono entità separate o più o meno distanti a seconda del settore tecnologico. Questo nonostante nel 2000 l’Unione Europea, con l’Agenda di Lisbona e la strategia Europe Horizon 2020, abbia fatto dell’innovazione una priorità, con l’obiettivo di colmare il gap tecnologico rispetto agli Stati Uniti e divenire “l’economia più competitiva e dinamica al mondo basata sulla conoscenza e in grado di sostenere una crescita economica per numero e qualità di posti di lavoro e

Nel chiedermi come definirmi rispetto ai “nativi digitali” ho indagato sull’origine del termine. Si tratta di un'espressione coniata da Marc Prensky nel 2001 per indicare gli studenti nati dopo il 1985 (anno di svolta nella diffusione di massa dei computer e dei sistemi di interazione grafica con essi) in un articolo dedicato alla necessità di sviluppare adeguati percorsi di istruzione per la nuova generazione digitale. L’articolo provocò una serie di critiche, soprattutto per sottolineare che essere nativo digitale non significhi automaticamente possedere competenze digitali (lo stesso Prensky più tardi propose i concetti di saggezza, piuttosto che di stupidità digitale). Chi come me è nato prima del 1990 sarebbe invece un Immigrato Digitale, trovatosi cioè a utilizzare tecnologie che alla nascita non esistevano o non erano ancora così diffuse. Nativi o immigrati, non possiamo oramai evitare di fare i conti con i digital data e i big data, la loro imponenza, le loro applicazioni, e le loro criticità. Nel settore agro-alimentare le potenzialità sono tantissime, dalla produzione primaria, al marketing, alla sicurezza alimentare, al controllo qualità, al controllo di processo e non solo. Facile capire come i dati di acquisto e consumo possano essere sfruttati per analizzare le tendenze di mercato o, viceversa, la possibilità di sfruttare i canali digitali per informare ed educare verso sempre più corrette abitudini e scelte alimentari. Ma anche la potenzialità di potere raggiungere in breve tempo un elevato numero di persone per comunicare gravi allerte alimentari. O ancora, poter sviluppare sistemi rapidi di controllo qualità di materie prime, semilavorati, prodotti finiti, simulare, prevedere e controllare i processi produttivi. Tutto ai fini dell’ottimizzazione dei processi del sistema alimentare con riduzione delle perdite e sprechi, riduzione del rischio igienico sanitario degli alimenti, miglioramento della qualità dei prodotti. Ma è davvero una

Ho alcune premesse da fare. 1) Sono una persona che tende a non ostentare le proprie conoscenze, soprattutto nell’ambito delle tecnologie alimentare, il mio cavallo di battaglia, e soprattutto quando sono con persone che non hanno analoghe competenze. 2) Non accetto incarichi su temi sui quali non mi senta competente e anche per comunicazioni divulgative nel mio settore, mi documento il più possibile per ogni minimo dubbio. 3) Correlato al punto precedente emerge il problema del reperimento delle informazioni. Per questioni prettamente tecnico-scientifiche sono avvantaggiata dal potere accedere a fonti scientifiche che dovrebbero essere affidabili. Ho usato il condizionale perché anche nell’ambito della letteratura scientifica purtroppo possono esserci ricercatori e riviste che non operano eticamente nella ricerca e nella revisione e pubblicazione degli articoli scientifici. Nemmeno qui esiste il rischio zero di trovare informazioni non corrette. 4) Nel comunicare al pubblico certi concetti è necessario un linguaggio appropriato per veicolarli in maniera semplice, corretta ed efficace. 5) Il giornalismo ha suoi linguaggi e stili con diversi tempi e livelli in funzione del mezzo di comunicazione (del canale televisivo o radiofonico, piuttosto che del tipo di stampa). 6) Il mondo dei social ha delle regole di linguaggio completamente diverse che io, ammetto, ignoro quasi completamente (con delle figlie quasi adolescenti e per lavoro in continuo contatto con i giovani dovrei correre ai ripari quanto prima). 7) Il tema cibo è uno di quelli su cui molti (troppi) si sentono titolati per commentare, sentenziare e dispensare suggerimenti. A conclusione di queste premesse, escludendo i social, mi ritrovo spesso a leggere o ascoltare informazioni non del tutto corrette in relazione alle tecnologie alimentari. Ho sentito spiegare i trattamenti con alte pressioni portando ad esempio l’effetto conservante della pressione mantenuta nelle bottiglie di spumante; ho ascoltato ac

Alla voce “ultra” il vocabolario riporta “primo elemento di parole composte che indica qualità o quantità superiore al normale”. Istintivamente io assocerei il prefisso a un significato positivo, ma penso anche al proverbio “il troppo stroppia”... nel caso degli alimenti ultra-processati la classificazione NOVA direi che ha proteso per il proverbio. Sviluppata e proposta per la prima volta nel 2010 da dei ricercatori dell’Università San Paolo di Brasile, la classificazione NOVA è stata indicata anche in un report FAO (scritto dagli stessi autori / ideatori) come quella più applicata nella letteratura scientifica per la classificazione degli alimenti. Pur avendo sentito e letto qualcosa dell’acceso dibattito che ha seguito la NOVA, non avevo in realtà mai approfondito più di tanto il tema. Qualche mese fa, però, in occasione di una summer school, mi ritrovai in una simulazione di “processo”, tutor di un gruppo di dottorandi “difesa” della classificazione NOVA contro un altro gruppo “accusa”, davanti a un terzo gruppo “giuria”. Prevenuta sulla base delle le mie limitate conoscenze, pensavo sarebbe stato impossibile riuscire a trovare degli appigli per la difesa... Ammetto che l’esercizio mi diede la possibilità di approfondire il sistema NOVA e capirne (parzialmente) punti di forza e di debolezza. Appare una forza il suo scopo, ossia sviluppare uno strumento semplice e veloce per promuovere scelte alimentari che riducano uno dei fattori di rischio (alimentazione scorretta) per l’insorgenza delle cosiddette malattie non trasmissibili (quali malattie cardiovascolari, cancro, malattie respiratorie croniche e diabete), responsabili, si riporta, di quasi il 70% delle morti in tutto il mondo. Altra forza, il dichiarare di basarsi su sondaggi e dati sperimentali sulle correlazioni tra il consumo di determinati alimenti e l’insorgenza delle patologie di cui sopra. I punti di debolezza arrivano nel momento in cui gli ideatori della NOVA spiegano come questi alimenti s

Sino a qualche anno fa non avevo mai sentito parlare dei whistleblowers e della loro correlazione con la sicurezza degli alimenti. Il whistleblower, in italiano “informatore”, viene definito dal Consiglio d’Europa come “qualsiasi persona che riporti o riveli informazioni relative a una minaccia o pericolo per l’interesse pubblico nel contesto delle proprie relazioni nell’ambiente di lavoro, sia pubbliche che private”. In particolare, il termine “riportare” si riferisce a un processo di resoconto interno a una organizzazione o impresa, mentre il termine “rivelare” si riferisce al resoconto verso un’autorità esterna o verso il pubblico. Detto questo, se pensiamo al contesto della sicurezza alimentare e al purtroppo sempre crescente fenomeno delle frodi alimentari, dovrebbe apparire immediatamente chiara l’importanza degli informatori nel segnalare incidenti o comportamenti non corretti relativi alla sicurezza alimentare e che potrebbero recare gravi danni ai consumatori. L’importanza e ruolo degli informatori nel proteggere la sicurezza e integrità della filiera alimentare è esemplificato da un gravissimo e ben noto caso di contaminazione da salmonella di burro di arachidi negli USA nel 2008 (con 700 persone affette e 9 morte). I tentativi di un manager dell’azienda di svelare all’esterno, ben prima dell’incidente, seri problemi igienici negli impianti insieme a pratiche non corrette di controllo qualità, non furono presi debitamente in considerazione. Da quell’incidente, e non solo, originò l’importante azione americana di includere la protezione degli informatori nel Food Safety Modernization Act del 2011. Anche nel resto del mondo la maggior parte dei paesi avanzati ha adottato specifiche leggi per incoraggiare i lavoratori a riportare condotte non corrette o fenomeni di corruzione. Più abituati a comprendere l’importanza di questi atti coraggiosi di denuncia nell’ambito della criminalità e della corruzione economica, sottovalutiamo ancora la dimensione e pe

Walnuts are considered a super food for their nutritional value and for their given health benefits. This type of nut is characterized by the presence of a cuticle that covers the kernels: the episperm. This cuticle is rich in fibers and antioxidants both important compounds for the nutritional value of the dried fruit. However, walnut episperm can negatively affect the taste, the color, and the rheology of derivative products. The aim of this study was to investigate and prove the possibility to remove the episperm of the kernels through a simple and efficient technique. This kind of process should not damage the product, and it should also guarantee a good chemical profile and rheological stability of the products that can be obtained from walnuts, in particular the paste. Different kinds of treatments have been tested to identify which combinations of temperature, time, and/or blanching solutions better work on the walnuts. Once individuated the best separation technique, this was applied on walnuts that were later processed to obtain a walnut paste. The final product was finally analyzed from a chemical, physical, ad rheological point of view to understand the effect of the episperm separation on the paste characteristics. The nuts were characterized before each treatment evaluating moisture content, water activity, ashes, fats, proteins, pH and total acidity, color, antioxidant capacity, polyphenol content, and lipid oxidation (conjugated dienes and trienes, peroxide values). After characterization, different pre-treatments were applied on the walnuts such as: roasting, blast chiller, soaking, blanching with different solutions (HCl, NaOH, NaHCO3, citric and ascorbic acid, at different concentrations), and steam blanching. The walnuts were then blown with compressed air to be peeled. Once individuated two optimal techniques, the treated walnuts were processed to obtain a paste that was characterized through the evaluation of moisture content, water activity, as

The definition of process operations and risk analysis is two mandatory steps in the basic/detailed engineering phases of chemical plants. Both steps are usually performed with interdisciplinary tasks but in segregated ways and within converging iterative procedures where the output of the one is feeding the other step and vice versa. This work aims to propose a different, integrated approach to implement process and risk analysis aprioristically at the conceptualization stage of a process and to compare quantitatively emerging technologies in terms of intrinsic safety. In doing so, an extension of the Fire & Explosion Index (F&EI) is formulated in order to link it to the operational conditions of the plant directly. It is implemented for the first time in AspenHysys to dynamically assess the impact of optimal operating process conditions on the F&EI. Acid Gas dynamically to Syngas (AG2S) technology for converting H2S and CO2 into syngas is selected as a case study.

Machine learning and mathematical modeling techniques have been conducted to model the thin layer drying kinetics of pea pods, under either microwave or conventional air drying,. The effect of nine different microwave output powers (200-1000 W) and five different ventilated oven temperatures (40, 60, 80, 100, and 120 & DEG;C) on drying kinetics was studied. The experimental drying rates were fitted to 11 literature semi-empirical models to determine the kinetic parameters, finding the higher goodness-of-fit for the Midilli et al. model (average R-2 = 0.999 for both drying methods). Moreover, the data were modeled using support vector machine (SVM) for regression which was optimized with dragonfly algorithm (DA) technique. The best result was obtained by Gaussian kernel with the optimal parameters sigma, C, and epsilon values estimated as 0.2871, 78.45, and 0, respectively. The small root mean square error (RMSE = 0.0132) and the high determination coefficient (R-2 = 0.9983) values proved how robust the SVM model is. DA-SVM techniques can reliably be utilized to describe the thin layer drying kinetics of pea pods. It is useful to provide models that can assist in the development of food process control algorithms, and provided insights into complex processes, for the technological design of microwave or convective drying for pea pods preservation. Practical applications Drying of by-products from pea processing industry was investigated as a critical step prior to their valorization. The drying of pea pods has never been investigated before which is the case of the present study whose objective was to study and model the microwave and convective drying kinetics of pea pods. Our research work reported that the Midilli et al. model was the most appropriate to describe the thin layer drying kinetics of pea pods for both drying methods, but mathematical drying models, although a useful tool, remains empirical in nature and product specific. Because of these limitatio

Citrus fruits occupy an important position in the context of the fruit trade, considering that both fresh fruits and processed products are produced on a large scale. Citrus fruits are recognized as an essential component of the human diet, thanks to their high content of beneficial nutrients such as vitamins, minerals, terpenes, flavonoids, coumarins and dietary fibers. Among these, a wide range of positive biological activities are attributed to terpenes and flavonoids derivatives. In this review, a list of bibliographic reports (from 2015 onwards) on the phytochemical composition, beneficial effects and potential applications of citrus fruits and their by-products is systematically summarized. In detail, information regarding the nutraceutical and medicinal value closely linked to the presence of numerous bioactive metabolites and their growing use in the food industry and food packaging, also considering any technological strategies such as encapsulation to guarantee their stability over time, were evaluated. In addition, since citrus fruit, as well as its by-products, are interesting alternatives for the reformulation of natural cosmetic products, the sector of the cosmetic industry is also explored. More in-depth knowledge of the latest information in this field will contribute to future conscious use of citrus fruits.