Molte ragioni inducono a guardare con attenzione al patrimonio etnolinguistico della Valle dello Yaγnob e giustificano così l’attenzione ad essa rivolta da una équipe scientifica dell’Università di Bologna (Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali), nonché dall’IsIAO. Nel mese di agosto del 2007 la Missione etno-linguistica italiana ha effettuato una prima indiagine di carattere linguistico, topografico, etnografico e storico-archeologico in tale territorio. Purtroppo la tutela dell’eredità culturale e spirituale tramandata del popolo yaγnobi ha assunto, a partire dagli anni ’70, l’infelice status di emergenza politico-umanitaria. Tale fatto ha per molti versi complicato la nostra Missione, la quale, proprio per le asperità e l’isolamento delle località visitate, si è però avvalsa di diversi specialisti, tra cui anche due medici ed un farmacista; la loro opera si è rivelata di fondamentale importanza anche e soprattutto nei rapporti con la popolazione locale. Le conseguenze ed implicazioni della condizione odierna del popolo yaγnobi risultano, a nostro avviso, drammatiche: esse, da sole, meriterebbero una dettagliata e specifica trattazione. Noi ci limiteremo in questa sede solo ad alcuni accenni rimandando alla relazione generale per una documentazione più ampia. Storia degli Studi. La scoperta dello Yaγnobi, parlato solo nella parte alta della Valle dell’omonimo fiume, nella regione dello Zarafšān superiore (attuale Tajikistan), risale alla seconda metà del secolo XIX. Come ebbero a precisare già Livšic e Pisarčik nella loro introduzione ai testi yaγnobi, raccolti nel 1924 e 1927 da Andreev e dalla Peščereva, il primo ricercatore ad aver notato la presenza di una lingua particolare nella Valle del fiume Yaγnob sarebbe stato il noto orientalista russo Alexander L. Kuhn (1840-1888). Egli, infatti, potè esplorare tale zona nel 1870, mentre partecipava alla missione militare guidata dal generale Abramoff dopo che, nel 1868, la regione dello Zarafšān era passata dall’Emirato di Buxara sotto il dominio russo. Fu però Carl Salemann il primo specialista ad offrire una rigorosa sistematizzazione dello Yaγnobi in una sintesi, che, sebbene mai veramente pubblicata, avrà nella sua versione in bozze un notevole impatto sul prosieguo delle ricerche. Lo studioso baltico, come si evince anche dal secondo dei suoi 5 articoli intitolati Manichaica, pubblicati nelle Memorie dell’Accademia Imperiale di San Pietroburgo, stabiliva in modo definitivo non solo l’iranicità orientale di tale parlata (direttamente comparata con l’Ossetico), ma indicava anche la sua derivazione dal Sogdiano, fatto, peraltro, già rimarcato in una lettera del marzo 1907 allo stesso Salemann dal celeberrimo iranista Karl Fr. Andreas. Studi ulteriori, a partire dalle indagini condotte da P. Tedesco, hanno poi insistito sul fatto che dialettologicamente lo Yaγnobi non potrebbe derivare dalla medesima varietà di Medio Sogdiano nota dalle fonti sinora conosciute, perché essa non risulterebbe colpita da alcune significative isoglosse distintive proprie di quest’ultima lingua medio-iranica: in particolare, non sembrano visibili gli stessi effetti della cosiddetta “legge ritmica” e si riscontrano alcune significative divergenze nel caso delle desinenza verbali e più in generale di alcuni esiti fonetici monoglottici diversi da quelli propri del Medio Sogdiano. Tale quadro deve però essere sfumato alla luce di considerazioni più recenti espresse indipendentemente da studiosi come E. Provasi e soprattutto da X. Tremblay. In ogni caso, il grado di conservatività di tale lingua e la resistenza con cui i villaggi montani degli Yaγnobi si erano sottratti ad una completa assimilazione da parte dell’area tajikofona, suscitarono un più che giustificato interesse. La relativa inaccessibilità della Valle, lunga circa 87 km, chiusa da una gola costeggiata da un fiume non navigabile e gelato, la mancanza di strade ca...