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This paper offers an account of the process that led to the founding, in 2021 in Brescia (Italy), of the «Pasquali Agazzi» Museum (Mu.P.A.), an exhibition laying out the key steps in the infant education experiment implemented at the end of the 19th century by Rosa and Carolina Agazzi and Pietro Pasquali. In particular, this investigation aims to highlight how the Mu.P.A. enhances its historical heritage with activities that respond to the demands suggested by the Public History of Education approach.

del III Congresso SIPSE

Analizzando il processo che ha portato alla posa della prima pietra di inciampo per rom e sinti in Italia, avvenuta il 18 gennaio 2023 a Trieste, il contributo si interroga sulle tappe che hanno riattivato la partecipazione politica di giovani rom e sinti, proprio a partire dalla ricostruzione di vicende storiche che si sono trasformate in elementi di riscoperta della propria identità collettiva, in coerenza con la Strategia Nazionale di Inclusione dei Rom, Sinti, Caminanti (2012-2020; poi 2021-2030). Il periodo 1990-2010 è stato caratterizzato dalla ricostruzione a livello storico della deportazione e dello sterminio nazifascista, noto come Porrajmos o Samudaripen; successivamente, istituzioni culturali, come le università, hanno lavorato a progetti per la sua divulgazione e si sono interrogati su come promuovere una didattica della memoria (tra gli altri, Porrajmos.it: il museo virtuale sullo sterminio di sinti e rom; Rom e Sinti in Italia e nel mondo – Giving Memory a Future); quindi istituzioni e realtà culturali hanno acquisito la consapevolezza che tale memoria assume un particolare significato nel contrasto all’antiziganismo diffuso anche oggi, facendo emergere i meccanismi di conservazione di letture stereotipate mantenutesi anche dopo Auschwitz. Parallelamente a questo percorso nello spazio culturale pubblico, è avvenuto un processo di narrazione interna alle comunità rom e sinti italiane che si lega alla riappropriazione della propria storia come elemento di costruzione di cittadinanza, smentendo un quadro sociale di memoria, dunque un processo di narrazione sociale consolidatosi nella storia, che teorizzava una sorta d’incapacità delle “popolazioni nomadi” (così venivano definiti i rom e sinti) nel considerare la profondità del racconto storico. L’idea dell’incapacità di narrazione storica rappresenta un pregiudizio diffuso e pericoloso, perché l’accusa d’incapacità a rapportarsi con il passato si alimenta reciprocamente con la negazione di appartenenza a

Lewis Carroll’s The Nursery Alice (1890), a rewriting of the well-known Alice’s Adventures in Wonderland (1865), is a remarkable anticipation of reading interaction between adults and children “aged from Nought to Five”, as the author wrote in his preface to the book. Recent research focused on the alternate fortune of The Nursery Alice and emphasised the time span in which the idea for this book developed in Carroll’s literary projects. Carroll conceived a text that maintained only a superficial resemblance with its “elder sister” and interrogated a dual audience of adults (the actual readers) and children (the receptors) on the illustrations scattered throughout the book. The preponderance of the colourized illustrations over the text, as well as the ways in which the narrator invites the audience to use the book, anticipate the modern conception of books as physical tools to introduce very young children to a positive attitude towards reading. The Nursery Alice soon went out of print and many years passed until a new reprint reappeared on the market in the mid-20th century. In Italy, this book took longer to be translated and published in two distinct versions with new illustrations and translations in 1992 and 2017. This paper wishes to explore the reasons behind these translations based on the cultural approach to translation as an indicator of social, economic and political shifts offered by Bassett and Lefevere, tracing a timeline in the educational evolution that had to occur in Italy in order to produce them. Alice dei bambini first and Alice dei piccoli later, reflect the recent pedagogical approach to “emergent literacy” as an opportunity to study the developmental attitude of pre-readers towards reading material and their relationship with competent adults. As stated by Chartier, quality children’s literature is meant to initiate young readers to savour “slow reading”, encouraging constant re-reading. Therefore, a reading canon of classics seems to suppo

Translated children’s literature has only recently found scholars that investigated the relationship between translators and young readers, translations as cultural and social products of specific historical periods, the pedagogical nature of translation addressing a young audience, the strategies adopted to make literary works travel among cultures. Translation, much as literature itself, is never performed in isolation: the translator is a human being that grew up within a specific culture, who occupies a privileged position when translating works written for a young public because s/he is at the same time an ideal reader and the writer of the target text (Lathey, 2010; O’Sullivan, 2005; Shavit, 1986; Klingberg, 1986). The apparently easy task of translation is invested with responsibility for the translator who needs to keep the original author and the receiving audience (adults and children) in mind (Nord, 1991). But if we consider children’s literature as the possibility for young readers to create their own image of the world and reflect on their identity, translation can also foster the potential of a dialogue among translators and readers through the book. The aim of this paper is to review academic studies in the field of translated children’s literature, focussing on the open dialogue between translators and young readers. This invisible thread can suggest new research areas in children’s literature that can bring this discipline at the centre of academic debate around the pedagogical nature of translation in the growth of passionate and curious readers.

Gli studi degli storici della pedagogia nel corso degli ultimi decenni hanno portato avanti alcuni innovativi filoni di ricerca, oltre a quelli di storia del movimento cattolico e della scuola. In accordo con la storiografia internazionale di settore, il gruppo ha prodotto una serie di ricerche che hanno messo in luce nuove fonti e aperto nuove prospettive metodologiche.

The contribution is the abstract of a presentation on the film representation of elementary teachers after the fall of the Fascist regime. Cinema is used as a means to access the collective imaginary of the post-Second World War period in which Italian primary schools were requested to embark on a path of innovation, investigating whether the films focused on elementary teachers supported the reforming process of the time or remained anchored in models of teaching/learning that were rooted in the symbolic educational heritage of the past.

Il Consiglio Universitario Nazionale è l’organo elettivo di rappresentanza del sistema universitario con funzioni consultive e propositive del Ministero dell’Università e della Ricerca. Si pronuncia, tra l’altro, su: programmazione, finanziamento, ordinamenti degli studi, definizione dei settori scientifico-disciplinari (SSD) e concorsuali, parametri per le valutazioni per l’Abilitazione scientifica nazionale, passaggi disciplinari dei docenti. È composto da 58 consiglieri, 42 dei quali sono docenti eletti per fascia (ordinari, associati e ricercatori) in rappresentanza delle 14 aree disciplinari, le quali aggregano più aree scientifiche. La pedagogia si colloca in area XI, con filosofia, storia, psicologia, geografia e antropologia.

Se si considera lo sviluppo della letteratura giovanile in Italia rispetto al panorama internazionale nel periodo postunitario e fino agli anni Settanta del Novecento è possibile osservare come il lavoro manuale infantile venga posto in contrasto con l’attività scolastico-educativa soprattutto per le classi più povere. In particolare negli anni Sessanta, periodo del «boom» economico, anche nella letteratura giovanile appare la descrizione del lavoro minorile, spesso agganciato alle rivoluzioni sociali ed economiche in atto. Il presente contributo si colloca in questo periodo storico per osservare come l’immaginario del lavoro minorile, in particolare femminile, si differenzia in ambito traduttivo tra Italia e Regno Unito grazie all’opera Il treno del sole (1962) di Renée Reggiani nel contesto della letteratura giovanile. Il treno del sole racchiude sia il potenziale descrittivo del contrasto tra lavoro e istruzione per i minori del mezzogiorno che raggiungevano il «triangolo industriale» nel nord Italia, sia le criticità culturali legate al ruolo della donna in una società in pieno sviluppo industriale. Nel romanzo Agata, tredicenne costretta a lasciare la Sicilia per raggiungere Torino e iniziare una nuova vita con la sua famiglia, vive il lavoro fisico come dimensione del quotidiano, che racchiude le limitazioni dettate dall’età, dal sesso e dal contesto di povertà da cui proviene. Il lettore la incontra mentre vende fichi ai turisti stranieri in Sicilia, mentre cucina e riordina casa, mentre bada ai suoi fratelli più piccoli, fino alla sua maturazione fuori dal nido famigliare lavorando per una modista a Torino. Nella traduzione inglese The Sun Train (1966), il testo originale subisce tagli e rielaborazioni tali da far apparire questa maturazione come un processo interrotto, che si realizzerà solo grazie all’intervento maschile e salvifico di Vittorio, ragazzo torinese che si innamorerà di Agata. Nel testo inglese non si sviluppa appieno l’aspetto della responsab

La formazione professionale dei bambini e ragazzi con disabilità, fosse essa intellettiva, fisica o sensoriale, era una consuetudine degli istituti educativo-assistenziali operanti nell’Italia tra Otto e Novecento. In tal senso, l’offerta formativa era allineata a quella di altre realtà residenziali destinate ai minori in condizioni di fragilità, come orfanotrofi, brefotrofi e case di correzione. Distinte a seconda che fossero destinate a maschi o a femmine, le attività lavorative assumevano valenze che mutavano anche in base agli obiettivi ad esse affidate dai responsabili dell’Ente. Se nelle più illuminate esperienze tali attività furono concepite come strumenti volti ad agevolare nell’individuo con disabilità la conquista della dignità personale, non mancarono casi in cui l’avviamento alla professione era inteso come mero canale per un introito economico a favore dell’Istituto. Il presente lavoro intende gettar luce sull’operato del Pio Istituto sordomuti poveri di Milano tra fine Ottocento e inizio Novecento. Fondato nel 1854 per accogliere ed educare gratuitamente i sordi indigenti della zona, fin dai suoi inizi l’Istituto propose ad allieve e allievi un articolato e completo percorso formativo, dove accanto all’educazione intellettuale trovava ampio spazio uno specifico addestramento professionale. Le ragazze venivano in realtà avviate ai classici lavori donneschi, in primo luogo al cucito e al ricamo, volti non tanto a prepararle per il lavoro in sartoria, quanto a farne brave mogli e madri, in grado di gestire la propria casa e famiglia nonostante la disabilità. I maschi, invece, apprendevano i mestieri di calzolaio, tessitore, sarto e agricoltore. Tale preparazione avrebbe consentito loro, una volta terminato il periodo di studio, di ottenere una propria indipendenza economica e, dunque, di non essere considerati un peso gravante su famiglia e società. Scopo della ricerca è quello di indagare in profondità gli obiettivi alla base della formazione lavorativa

Il Book of abstract raccoglie proposte che intendono offrire spunti di riflessione sulle possibili applicazioni delle pratiche della Public History al patrimonio storico-educativo. Gli abstracts sono organizzati in tre sezioni, nella prima sono avanzate riflessioni di carattere teorico e metolologico sul tema, nella seconda sono presentate esperienze didattiche e attività sul territorio, mentre la terza si sofferma sull’analisi e la narrazione delle fonti. Nel loro complesso gli abstracts offrono un interessante spaccato delle innumerevoli possibilità di approccio al patrimonio storico-educativo che permettono di uscire dai confini angusti del mondo accademico per interagire con la società civile, che in non pochi casi diviene co-costruttrice di contenuti e protagonista di percorsi di valorizzazione incentrati sui beni culturali di interesse storico-educativo., The Book of abstracts collects proposals that offer input on the possible applications of Public History practices to historical-educational heritage. The abstracts are organized into three sections. In the first, theoretical and methodological reflections are advanced. The second section presents educational experiences and activities in the field. The third section focuses on the analysis and narration of sources. All the abstracts offer an interesting cross-section of the innumerable possibilities of an approach to historical-educational heritage that allows us to leave the narrow confines of the academic world to interact with civil society which in many cases becomes co-constructor of contents and protagonist of paths of valorisation focused on historical-educational cultural goods.

The Franciscan friar Agostino Gemelli (1878–1959) was one of the leading figures on the Catholic, political and intellectual scene of his time. The essay reconstructs his role as founder if the Catholic University of Milan, highlighting his ideas about science faith and education, from his conversion to the “Medievalist” programme. Is ideas about experimental science and psychology, about philosophy, spirituality and action are examined as well as his leadership as rector.

L'introduzione fa il punto sullo stato delle ricerche in corso sulla Public history of education., The introduction takes stock of the state of ongoing research on the Public history of education.

Children’s literature, in its multidisciplinary nature, offers a wealth of research options that span from psychology, to education, to translation. In this book, Alborghetti looks into the potential of children’s literature to promote empathy in young readers, and especially delves into the narrative dialogue among author, translator, and target reader. The author explores the literary and translation contexts in the United States and the United Kingdom, before presenting the case study of Gianni Rodari’s Italian works translated into English, and their relevance in the debate around the power of children’s literature in these Anglophone countries. This book is useful for researchers, educators and professional translators who wish to explore the world of children’s literature in translation.

Paola Carrara Lombroso (1871-1954) è stata un’intellettuale italiana di rilievo che dedicò tutta la propria esistenza alla scrittura, al giornalismo per ragazzi e all’ambito educativo in genere. La sua idea di educazione derivava in particolare dalla sintesi tra identità ebraica, ricerca in campo psicologico e dal movimento di pensiero generato in campo educativo dagli studi di Ellen Key. Al principio del Novecento, nel 1909 sul “Corriere dei Piccoli” (1908- 1995), il più importante settimanale per ragazzi nell’Italia di quegli anni, Paola Carrara Lombroso (con lo pseudonimo di Zia Mariù) iniziò a dare vita al progetto delle “Bibliotechine per le scuole rurali”. I bambini della borghesia raccoglievano opere letterarie di qualità per mezzo del loro operato. Infatti essi coloravano cartoline illustrate, le vendevano e con il denaro ricavato acquistavano racconti da destinare alle scuole di campagna. Questo progetto si sviluppò tra il 1909 e il 1954 e ci permette di ricostruire il percorso di crescita di alcuni bambini nel corso del Novecento e di incontrarli, una volta diventati adulti, come intellettuali e politici tra Fascismo e Repubblica., Paola Carrara Lombroso (1871-1954) was an important intellectual in Italy who spent all her life in the writing for children, journalism and education. In her idea of education were important, in particular Jewish identity, the psychological research and the movement into the education developed by Ellen Key. At the beginning of the XXth Century, in 1909 in “Corriere dei Piccoli” (1908-1995), the most prominent magazine for children in Italy at the time, Paola Carrara Lombroso (alias Zia Mariù) began the project for “Bibliotechine per le scuole rurali” (libraries for rural schools). The rich children collected interesting books with their work. In fact they pictured and sold postcards and with the money bought novels to the poor children. This experience developed between 1909 and 1954 and was important because shows us children in their growing up development as readers during the 20th Century. Then we meet them as intellectual and politic adults in the society between Fascism and Republic.

These four papers present relevant insights on the recent work Tra mobilitazione giovanile e costruzione dell’identità nazionale. Luigi Bertelli/Vamba scrittore per l’infanzia dall’età giolittiana al primo dopoguerra by Sofia Montecchiani. Starting from different perspectives due to the research interest of each one, the authors offer keys to reading and to understanding useful to the comprehension of the value of the book and to the contextualization of Bertelli’s literary and political work. In particular they highlighted the significant Vamba’s contribution to children’s literature and his important engagement in youth mobilization and in the construction of the Italian identity.

La memoria dell’opera educativa di don Lorenzo Milani è stata trasmessa e rielaborata in Italia anche attraverso tre biopic. Il più recente e conosciuto è la fiction "Don Milani. Il priore di Barbiana" (1997) di Andrea e Antonio Frazzi. L’articolo ricostruisce il contesto in cui le due puntate della miniserie televisiva furono prodotte e analizza criticamente l’immagine che esse veicolano della scuola di don Milani, suggerendo alcune riflessioni interpretative.

Il libro recensito ricostruisce la vicenda biografica di don Sturzo all'interno del variegato mosaico contestuale in cui si collocarono il pensiero e l’azione dei cattolici italiani in ambito educativo-scolastico dalla fine dell’Ottocento al secondo dopoguerra.

Within the history of disability, the nineteenth and twentieth centuries are known to have constituted a major turning point across much of the Western world. In Italy, exemplary progress was made in the field of medicine, with the emergence of a new interest in the aetiology and classification of disabilities, the prevention and treatment of disease, and rehabilitation practices and tools. The period also saw key advances within pedagogy, given the proliferation of educational initiatives for persons with disabilities, although these were implemented in marginalised settings. Similar dynamics played out in the tourism sector, as is extensively explored by historians Luciano Maffi and Martino Lorenzo Fagnani in their volume. The authors, adopting a perspective that combines the history of tourism with the history of disability, examine the ways in which Italy—across the two centuries—catered for the needs of tourists with disabilities, disorders or debilitating illnesses. Based on years of in-depth bibliographical research and meticulous archival investigations, the volume stands out for its original heuristic approach, as reflected in the various angles from which its topic is treated.

This essay examines Giuseppe Lombardo Radice’s contribution to the debate and school regulations regarding Physical Education in Italian elementary schools in the period in which he elaborated his reflections on the teaching of this discipline, that is, from 1913, when his "Lezioni di didattica e ricordi di esperienza magistrale" ["Lessons in Didactics and Memoirs of Teaching Life"] was published, to 1923, the year in which he wrote the programmes for elementary education in the context of the Gentile school reform. The text documents how Lombardo Radice’s proposal for physical activities in the elementary curriculum asserted the educability of the body through an alternative pedagogical theory to positivism, expressed an original reinterpretation of the didactic orientation relating to play that had arisen in the late 19th century, and was in tune with a democratic conception of national education.

Il contributo presenta il lavoro svolto dalla Commissione nata nel 2020 all’interno della Società Italiana per lo Studio del Patrimonio Storico Edu¬cativo – SIPSE – per promuovere la conoscenza, conservazione e valorizzazione degli archivi scolastici come fonti per la storia dell’educazione. Saranno illustrate le modalità di lavoro e i principali risultati ottenuti rispetto agli obiettivi iniziali: ricognizione bibliografica degli studi editi in Italia e all’estero, individuazione delle esperienze di censimento svolte e in corso, recupero e analisi critica della specifica legislazione italiana, ricognizione delle più significative pratiche didattiche svolte in Italia, realizzazione di una scheda di censimento e definizione di un kit di buone pratiche di ricerca e didattica

Il libro ricostruisce la storia dei primi vent’anni di vita (1913-1933) di «Pro Infantia», periodico per le maestre d’asilo che ha segnato per un secolo il dibattito pedagogico sull’educazione prescolastica. Dopo la messa a fuoco delle ragioni che spinsero l’editrice La Scuola di Brescia a promuovere, sul finire dell’età giolittiana, una rivista per le educatrici d’infanzia, esso ne delinea le prese di posizione in merito ad alcune fasi della vita politica nazionale (prima guerra mondiale, fascismo) e alla normativa scolastica coeva (programmi ministeriali per gli asili del 1914, riforma Gentile) e fa emergere le difficoltà che il giornale riscontrò nell’individuare un metodo didattico in sintonia con i propri ideali educativi. L’indagine si chiude agli inizi degli anni Trenta quando «Pro Infantia», dopo avere via via abbandonato il metodo froebeliano ed espresso una dura critica dell’indirizzo montessoriano, in precedenza apprezzato, sposò quello agazziano, reinterpretato secondo i canoni della tradizione cattolica.

This paper explores the ways in which disabled persons were represented in Italian children’s literature, magazines and school textbooks between the last decades of the XIX century and the Fascist era, paying particular attention to the adjectives used to described them, thus seeing which emotions were stirred in readers. With regard to physical deformity, whereas in adult literature the prevailing emotions, particularly when describing physical disability, seem to have been loathing and disgust, the feelings most commonly elicited by Edmondo De Amicis’ works, including the bestselling secular book “Heart” (1886) which generations of Italian children read, were pity and solidarity: blind, deaf, and physically disabled children were all depicted as unlucky, goodhearted, and sweet, deserving private and civic philanthropic help. Magazines associated with private institutes for the disabled aimed to stimulate philanthropic feelings among possible donors, e.g. “Il nuovo Presagio” (1879-1886) produced by the Pious Institute for rickets sufferers in Milan, a secular private special school. Famous intellectuals and writers published in this without remuneration, depicting the “deformed” as intelligent and deeply unfortunate, deserving human pity. Catholic magazines, like “La Beneficenza” (born in 1904) the mouthpiece of the San Vincenzo Institute “for deficients’ education”, highlighted in strong terms the mocking and contempt mentally disabled children had to endure. Either a response of secular solidarity or Christian charity was urged, both in preaching tones. A different emphasis emerged with WW1. Propaganda both during and after the war depicted the wounded body as possessing the highest level of dignity. This idea was stressed in both schoolbooks and children’s literature and children born disabled were also afforded a new respect. We will show how disabled children and the war disabled were depicted in Fascist schoolbooks of the 1930s, stressing their dignity and av

Il contributo presenta il lavoro svolto dalla Commissione nata nel 2020 all’interno della Società Italiana per lo Studio del Patrimonio Storico Educativo – SIPSE – per promuovere la conoscenza, conservazione e valorizzazione degli archivi scolastici come fonti per la storia dell’educazione.

È il 2016 quando esce Storie della buonanotte per bambine ribelli: 100 storie di donne realmente vissute o viventi che si sono distinte per il loro carattere ribelle e la loro forza. Un caso editoriale che può essere letto come l’ultima tappa di un percorso che ebbe inizio molti anni fa, nel 1865, quando una bambina di nome Alice seguì un coniglio bianco fino alla sua tana, per perdersi in un mirabolante Paese delle Meraviglie. Attraverso la rivisitazione di 20 protagoniste sfrontate e tenaci nel desiderio di capire e pensare con la propria testa, il manuale ripercorre le tappe e gli snodi principali di una storia letteraria ancora poco conosciuta, rimasta per anni all’ombra del protagonismo maschile. Ogni capitolo inquadra l’eroina dapprima attraverso una citazione puntuale del romanzo in cui appare, per poi mettere in evidenza il contributo unico che ha dato alla formazione e allo sviluppo di un nuovo orizzonte. Ecco così che ognuno di questi venti personaggi rappresenta altrettanti punti di svolta, nuovi modelli, inediti sguardi sulla realtà per una storia che assume le vesti di una mappa concettuale capace di mettere in collegamento tra loro non solo le diverse eroine ma anche suggestioni letterarie, culturali e sviluppi archetipici che tutt’oggi delineano i nostri immaginari.

La Fondazione Pio Istituto dei Sordi vuole continuare a ricordare l’opera delle Madri Canossiane con le quali si instaurarono rapporti di assoluta collaborazione nell’educazionee nella formazione delle sordomute. Fu così che anche loro si specializzarono nell’aiuto daoffrire alle sorde tra l’Ottocento e il Novecento.Dalla lettura del libro e dalle fotografie inserite nel testo, il lettore si troverà coinvolto e agganciato a un periodo storico passato e che non esiste più. La figura di Madre Teresa Bosisio rappresenta una suora che ha offerto le sue doti alla Congregazione ed al Pio Istituto dei Sordi, rendendo significativala Sua appartenenza all’una e all’altro dei due Istituti.

Il secolo appena trascorso porta con sé dal punto di vista educativo una ricchezza e varietà uniche: la lotta per l’alfabetizzazione, l’affermazione di una visione pedagogica via via sempre più attenta alle peculiarità e ai bisogni educativi delle diverse fasi della vita, l’avvento della scuola di massa, l’incremento dell’istruzione femminile, la progressiva perdita della centralità della scuola nella formazione delle giovani generazioni con il diffondersi dei nuovi mezzi di comunicazione come internet e i social media. In questo volume, le autrici si accostano al Novecento con occhi nuovi, che tengono conto della storia dell’educazione da un lato e della storia della scuola dall’altro, facendo così riferimento sia al tempo trascorso tra i banchi sia alle attività del tempo libero come il gioco e la lettura.

Il contributo illustra alcuni dei risultati del lavoro svolto dall'unità di ricerca dell'Università Cattolica di Milano nell'ambito del PRIN "School memories between social percetion and collective representation. Italy, 1861-2001”. Dopo un breve inquadramento dei contorni euristici dell’oggetto dell’indagine – il ruolo del cinema e della televisione nei processi di costruzione della memoria scolastica collettiva –, l’articolo presenta la “Banca dati degli audiovisivi sulla scuola e sugli insegnanti” e alcune pubblicazioni che possono essere utili agli insegnanti per riflettere sui rischi e sulle potenzialità della rievocazione mediatica del passato scolastico.