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Il presente studio ha l'obiettivo di valutare se l'utilizzo di un paradigma mixed methods (Dattilio et al., 2010) possa favorire la comprensione degli aspetti che possono essere associati ad un esito positivo o negativo (drop-out) di un trattamento. Sono stati selezionati 4 casi di psicoterapia psicodinamica individuale da un database di ricerca relativo a pazienti seguiti presso un servizio pubblico specialistico per il trattamento dei disturbi alimentare (DCA). Due casi hanno interrotto il trattamento entro 6 mesi dall'inizio, mentre altri due continuano il percorso terapeutico. Ai pazienti sono stati somministrati i seguenti strumenti: una batteria testologica al baseline, finalizzata a rilevare sintomi alimentari, distress psicologico e stili di personalità; la Working Alliace Inventory (WAI)- Tracey, Kokotovic, 1989) e la Session Impact Scale (SIS-Elliott, Wexler, 1994) dopo la III, IV e V seduta per monitorare l'andamento della terapia. La Client Change Interview (Elliott, 2001) è stata poi somministrata a pazienti e terapeuti dopo 6 mesi dall'inizio della terapia. I risultati preliminari evidenziano l'importanza di integrare la valutazione qualitativa del terapeuta ai dati self-report di processo ed out-come del paziente, per implementare la conoscenza dei fattori che possono essere associati all'interruzione della terapia da parte dei pazienti e valutare come obiettivi terapeutici comuni possano avere un effetto sulla buona riuscita del trattamento.

Introduzione: Osservazioni cliniche hanno suggerito la presenza di una relazione tra personalità e DCA ed evidenze empiriche hanno confermato la presenza di livelli di comorbilità tra DCA e PD che variano dal 27% al 97% (Vrabel et al., 2010). In linea con le indicazioni presenti in letteratura (De Bolle et al., 2010), obiettivo del presente studio è di valutare in soggetti con diagnosi DCA, o con condotte alimentari scorrette, lo stile di personalità prevalente (sia in termini categoriali sia dimensionali). Metodo: La valutazione della personalità è stata effettuata da 12 psicologi clinici e psicoterapeuti, di diversi orientamenti teorici, che hanno compilato la SWAP-200 (Westen et al., 2003) su 52 pazienti (età M=30,57; ds=10,33) con diagnosi di anoressia (23s.), bulimia (11), BED/NED (9) e obesità (9). I pazienti hanno compilato i seguenti strumenti self-report: EDI-III (Garner, 2004) e BES (Gormally et al., 1982). Risultati: Dai risultati preliminari, non risultano specifiche e stabili associazioni tra la diagnosi di DCA, o le condotte alimentari scorrette, e lo stile di personalità. Tuttavia, raggruppando gli stili di personalità in macro-profili, secondo le indicazioni di Westen e Harnden-Fischer (2001), si evidenziano delle regolarità che vanno ulteriormente verificate: il profilo “ipercontrollato” contiene prevalentemente – o quasi esclusivamente - pazienti con diagnosi di AN, mentre il profilo “emozionalmente disregolato” include pazienti con diagnosi di BN e pazienti obesi, ed anche un sottogruppo di pazienti con diagnosi AN. Conclusioni: L’ulteriore conferma dei dati preliminari illustrati porterebbe a consolidare l’ipotesi che i disturbi legati al comportamento alimentare non sembrano essere associati ad uno specifico stile di personalità, quanto piuttosto ad uno (o più) profili di personalità che aggregano stili di funzionamento differenti. Verranno discusse le implicazioni cliniche dello studio.

Introduzione Pochi studi hanno esaminato la presenza di differenti dimensioni di personalità in soggetti obesi BED e non-BED (Peterson et al., 2010) e i risultati appaiono ancora poco chiari. Lo studio si propone di: a) confrontare le dimensioni di personalità in soggetti obesi BED e non-BED; b) approfondire l’associazione tra stili di personalità e comportamenti binge in relazione ad altre variabili sintomatiche. Metodo 143 soggetti adulti obesi non-BED e 60 soggetti obesi BED che hanno richiesto un trattamento presso un sevizio pubblico sui disturbi alimentari, hanno compilato i seguenti strumenti di assessment: MCMI-III (Millon, 1997), BES (Gormally et al, 1982), OQ-45 (Lambert et al., 2004), EDI-2 (Garner, 1984), RSES (Rosenberg, 1965) e IIP-32 (Horowitz et al., 2000). Risultati In entrambi i gruppi non si riscontrano punteggi clinicamente elevati nelle scale di personalità. Soggetti obesi BED ottengono punteggi significativamente più elevati rispetto al disturbo di personalità borderline (p

Introduzione: I disturbi del comportamento alimentare suscitano un forte interesse nel panorama clinico e di ricerca, data la loro diffusione e la svariate sfaccettature che tali profili psicopatologici assumono. Altrettanto forte è la spinta a ricercare possibili fattori eziopatogenetici nei contesti di accudimento primari ed in letteratura è ampiamente riconosciuto il ruolo determinante svolto dai contesti relazionali e dalle esperienze infantili nella strutturazione del Sé in età adulta (Bifulco & Moran, 1998; Fonagy et al., 2002). Lo studio, a carattere esplorativo, ha un duplice obiettivo: a) rilevare se e quali forme di abuso e maltrattamento si riscontrano in soggetti con DCA, b) rintracciare un’eventuale comorbilità con i disturbi di personalità. Metodo: Il gruppo di soggetti è composto da 32 donne (età M = 27,75; ds = 8,42) con AN e BN (17 pazienti ambulatoriali e 15 residenziali). Sono stati utilizzati i seguenti strumenti: intervista CECA-Childhood Experience of Care and Abuse (Bifulco et al., 1994; Giannone, Schimmenti et al, 2011) per rilevare le esperienze di cura e di abuso relative all'età infantile ed adolescenziale; SWAP-200 (Westen et al., 2003), per valutare la personalità in un sottocampione di 13 pazienti con AN. Risultati: I risultati mostrano la netta prevalenza di Antipatia (53,12%), Inversione di ruolo (50%) e Neglect genitoriali (40,63%). Sono stati riscontrati solo pochi casi di abusi fisici, psicologici o sessuali conclamati. Nel sottogruppo per il quale è stata effettuata la valutazione con la SWAP-200 i PD del cluster C ed il fattore Q-disforico sono maggiormente rappresentati tra i soggetti che hanno ottenuto punteggi elevati alle scale della CECA. Conclusioni: Nonostante l'esiguità del campione considerato, i risultati potrebbero far supporre che i maltrattamenti rilevati nell'ambito dei vissuti familiari possano essere delle variabili stabili e discriminanti, associate ad esiti psicopatologici in soggetti con DCA.

Background and aims From residential programs to outpatient services, group therapy permeates the clinical field of substance misuse. While several group interventions for substance use disorders (SUDs) have demonstrated effectiveness, the existing evidence on group therapy has not been systematically reviewed. The current meta-analysis aims to provide estimates of the efficacy of group therapy for SUDs in adults using rigorous methods. Methods We included studies comparing group psychotherapy to no treatment control groups, individual psychotherapy, medication, self-help groups, and other active treatments applying no specific psychotherapeutic techniques for patients with substance use disorder. The primary outcome was abstinence, and the secondary outcomes were frequency of substance use and symptoms of substance use disorder, anxiety, depression, general psychopathology, and attrition. A comprehensive search was conducted in Medline, Web of Science, CENTRAL, and PsycINFO, complemented by a manual search. Random-effects meta-analyses were run separately for different types of control groups. Results Thirty-three studies were included. Significant small effects of group therapy were found on abstinence compared to no treatment, individual therapy, and other treatments. Effects on substance use frequency and SUD symptoms were not significant, but significant moderately sized effects emerged for mental state when group therapy was compared to no treatment. There were no differences in abstinence rates between group therapy and control groups. These results were robust in sensitivity analyses and there was no indication of publication bias. Conclusions The current findings represent the best available summary analysis of group therapy for SUDs in adults, however cautious interpretation is warranted given the limitations of the available data.

A group member’s attachment, anxiety, and avoidance is related to how the group member and the other group members (OGMs) perceive group relationships. In addition, the collective attachment strategies of the OGMs may also be related to how the individual group member and the others perceive the relationships in the group. We extend previous research, using the actor partner interdependence model (APIM), to examine how group members’ and aggregated OGMs’ attachment anxiety and avoid- ance were related to group members’ and OGMs perceptions of positive bonding, positive working, and negative relationships measured early and late in interpersonal growth groups. Three hundred twenty-five Italian graduate students were randomly assigned to 1 of 16 interpersonal growth groups that met for 9 weeks with experienced psychologists. Attachment anxiety and avoidance was assessed with the Attachment Style Questionnaire (ASQ) and the third and eighth session ratings of group relationships were assessed with the Group Questionnaire (GQ). For group members, the relationships between attachment and group relationships were stable across time; for OGMs the relation- ship between attachment and group relationships only emerged late in the group. Group member’s and OGMs attachment anxiety was positively related to positive bonding or working relationships and attachment avoidance was negatively related to positive bonding or working relationships for both group member’s and OGMs’ perceptions of group relationships. The implication of these findings for group composition is discussed.

Intrapersonal split alliances were defined as discrepancies in how group members perceived their positive bonding relationships with the group leader, the other group members, and the group-as-a-whole, and were related to group members' outcome. Participants were 168 patients (116 women and 52 men) diagnosed as overweight or obese who participated in 1 of 20, 12-session, therapy groups for weight management. Group members completed the Outcome Questionnaire-45 (OQ-45, Lambert et al., 2004) pre- and posttreatment and the Group Questionnaire (GQ, Krogel et al., 2013) at early, middle and late group sessions. Early, middle, and late ratings were aggregated because bond scores were consistent across time. Two-level (members within groups), polynomial regressions and response surface analyses were used to examine congruency and discrepancy in ratings of Positive Bonding Relationships to the leader, group members, and group-as-a-whole. When the discrepancy between positive bonding relationships with the leader and positive bonding relationships with the group members increased, and when the discrepancy between positive bonding relationships with the group members and positive bonding relationships with the group-as-a-whole increased, there was less symptom improvement. The findings show that, like interpersonal split alliances, intrapersonal split alliances are harmful for treatment progress and need to be recognized and addressed by the group leader.

The interpersonal model has been validated for binge eating disorder (BED), but it is not yet known if the model applies to individuals who are obese but who do not binge eat. The goal of this study was to compare the validity of the interpersonal model in those with BED versus those with obesity, and normal weight samples. Data from a sample of 93 treatment-seeking women diagnosed with BED, 186 women who were obese without BED, and 100 controls who were normal weight were examined for indirect effects of interpersonal problems on binge eating psychopathology mediated through negative affect. Findings demonstrated the mediating role of negative affect for those with BED and those who were obese without BED. Testing a reverse model suggested that the interpersonal model is specific for BED but that this model may not be specific for those without BED. This is the first study to find support for the interpersonal model in a sample of women with obesity but who do not binge. However, negative affect likely plays a more complex role in determining overeating in those with obesity but who do not binge. Copyright © 2016 John Wiley & Sons, Ltd and Eating Disorders Association.