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The treatment of wastewater is a circular solution to both water scarcity problems in times of climate change and to avoid direct discharge of untreated wastewater in the environment. The use of treated wastewater (TWW) has been considered as the main water resource in different parts of the world, especially in semi-arid and arid contexts. Palestine is one of these contexts. Here, water stress is locally exacerbated by cultural, political and social constraints, as well as by water quality deterioration and a lack of effective water management which have heavily affected both the environment and the socio-economic development of the occupied Palestinian territory. To the aim of identifying the core issues, social implications and possible multiple-layer recommendations addressing this situated case of environmental injustice, we conducted a qualitative study under the scope of applied sociology. Moving from the hypothesis that the use of wastewater in agriculture can be hindered by misconceptions or prejudices, in this paper we explore local community’s perceptions and attitudes towards treated wastewater in Beit Dajan (West Bank), occupied Palestinian territory. Here, besides improving local agricultural production, treated wastewater available for agriculture has the potential to minimize freshwater abstraction and, as a result, water stress. Two focus groups and six interviews conducted between November 2021 and January 2022 with a total of 36 participants let us identify three main factors that, according to Beit Dajan’s local community, still prevent TWW use from being adopted successfully: mismanagement of the treatment unit; misleading (or lack of) information; socio-cultural and religious aspects. The research’s results, however, suggest that existing obstacles are in fact already overcome in everyday production and consumption practices., Fuori Luogo. Rivista di Sociologia del Territorio, Turismo, Tecnologia, Vol 13 No 3 (2022): Fuori Luogo Rivista di Sociologia del Territorio, Turismo, Tecnologia - Special Issue Place Branding

Distinguere tra coloro che fuggono da una “persecuzione” da coloro che cercano condizioni di vita migliori non è facile. Migranti forzati e volontari viaggiano sulla stessa barca, lungo le stesse rotte, gestite dagli stessi network di “trafficanti”. Eppure, una volta attraversato il confine, devono sottoporsi ad un processo di selezione che decreterà chi è meritevole di protezione e chi, a seguito del diniego, verrà rimpatriato o resterà nel paese di approdo come irregolare. Una terza opzione è il rimpatrio volontario assistito (RVA), una sorta di sub-categoria della migrazione di ritorno che prevede assistenza logistica, finanziaria e/o materiale ai cittadini dei paesi terzi che dall’Europa decidono di tornare nel proprio paese di origine. Opzione poco conosciuta e ancor meno praticata. Perché? La scarsa conoscenza di questo strumento, sia da parte degli operatori dell’accoglienza che dei richiedenti asilo, viene spesso considerata il principale ostacolo al decollo dello stesso in Italia. Ma a cosa è dovuta questa mancanza di informazione? E se si trattasse, piuttosto, di una resistenza di ordine psicologico-culturale degli attori coinvolti nei confronti dello strumento? Per rispondere a queste domande abbiamo realizzato, in collaborazione con la Cooperativa Lai Momo, un’indagine volta ad esplorare la percezione del RVA nel vissuto dei mediatori culturali e degli operatori di alcune strutture di prima e seconda accoglienza della provincia di Bologna e dei richiedenti asilo (provenienti dal Mali e dal Burkina Faso) in esse ospitati.

Since the 1990s, most tools of dissuasion, repression and confinement have featured European immigration and asylum policy from a security approach. At the same time, while constructing an Elysium-like sanctuary protected by perimeter fortifications and remote control border strategies, most EU and national actors commonly depict the consequences of this border regime as a ‘humanitarian’ crisis with its root causes always attributed to troubles ‘elsewhere’ – Africa, the Middle East and Asia – usually desperate and chaotic places beyond the borders of Europe. This article examines the complex logic of threat and benevolence that allows for a security-humanitarian response by focussing on the hidden relationship between the narratives produced by the Italian Navy during Mare Nostrum (2013) – the military-humanitarian operation in the Mediterranean targeted at both rescuing migrants and arresting smugglers – and by the media campaign Aware Migrants (2016) funded by the Italian Government to dissuade African migrants from attempting the perilous journey across the Mediterranean Sea.

La nature urbaine offre une perspective centrale pour comprendre la façon dont les villes sont constamment modelées aussi bien par les politiques institutionnelles que par les pratiques sociales et les narrations médiales, contribuant à définir l’identité des espaces urbains et de leur imaginaire. Notre étude se concentrera sur l’agriculture urbaine, dans le sens large de cultivation d’aliments en ville. Aujourd’hui, une multitude de pratiques et d’expériences d’agriculture urbaine institutionnelle et informelle – y compris les jardins, qu’ils soient potagers traditionnels ou partagés, et les expériences de guerilla gardening – défient l’idée traditionnelle de ville et de citadins, nous permettant ainsi de réinterpréter et de réinventer l’expérience et l’imaginaire urbains. Elles sont à la base d’une alternative possible pour le développement urbain, surmontant ainsi l’opposition traditionnelle entre ville et nature, entre ville et agriculture. Nous nous concentrerons dans notre recherche sur l’intersection entre ces nouvelles natures urbaines – entre les pratiques, les politiques et les imaginaires les concernant – et le scénario de la ville dite numérique ou smart.

Riflessione sul muro come oggetto ambivalente: protegge e divide, difende e separa. Più che vestigia vestfaliane o scudi contro nemici esterni, i muri oggi appaiono marcatori di una geografia morale del mondo in cui convive apertura e chiusura, universalizzazione e esclusione. Segni concreti dei paradossi di una globalizzazione solitamente identificata nei suoi elementi più immateriali, flussi elettronici e finanziari, ma che ha nella localizzazione l’altra faccia della medaglia. L'articolo è parte del catalogo della mostra The Wall Exhibition, Palazzo Belloni, Bologna, 2018

Riflessione sul Mar Mediterraneo, quale frontiera tra l’Africa e l’Europa, un ‘continente liquido’ secondo la definizione di Fernand Braudel, che nella sua storiografia mediterranea ne riconosce la duplice natura di barriera che si estende fino all’orizzonte e al tempo stesso luogo che unisce, denominatore comune di scambi commerciali tra popolazioni accomunate dalle stesse abitudini e ritmi di vita. Mediterraneo quale mare divenuto teatro di diaspore e conflitti, di speranze naufragate sotto forma di stragi, di traffico di essere umani, di arresti e di solidarietà. Non solo luogo geografico, ma immaginario mutevole che contribuisce a influenzare la percezione dell’altro. A volte rappresentandolo come prossimo, simile, fratello dell’altra sponda. Altre categorizzandolo come alieno, disumanizzandolo, e alimentando così una indifferenza, quando non vera e propria xenofobia, che finisce per considerare inevitabili le tragedie del mare prodotte dalle politiche di respingimento. Il saggio evidenzia come nel passaggio dalle morti fantasma di pochi anni fa all’iper-visibilità dei naufragi contemporanei vengono a galla le incrinature che contrappongono una cultura all’altra.

Negative portrayals of migrants shown by media not only neglect reporting the impact of migration on communities. They are also transformed into outsiders and different to Europeans, subjects and objects of fear, experiencing the fear of being rejected, and inspiring fear in the resident populations. While discussing the link between media logic, theatrical performance and moral imaginary, the paper will shed light on how the theatrical metaphor of cosmopolitan solidarity is challenged by the physical proximity of the ‘other’. It specifically analyzes how Cantieri Meticci – a theater company based and active in Bologna (Italy) involving asylum seekers, refugees, migrants, and Italian citizens – use participatory theatre to resist, rework, or disrupt the mainstream logic of the border spectacle while also promoting social coexistence between citizens and newcomers. As such, the analysis of their artistic practices and social interventions provides an insight into other methods of being political subjects ‘before and beyond the law’

Saggio divulgativo su politiche e pratiche dell'agricoltura urbana, evidenziando come essa rappresenti una possibilità concreta e accessibile per coinvolgersi direttamente nelle questioni legate alla provenienza e sicurezza del cibo, per ricongiungersi con un sistema alimentare percepito come alieno, ma anche per contribuire allo sviluppo di un ecosistema urbano più sostenibile e al contempo produttivo

Sebbene la distinzione tra migrante e turista sia artificiale – frutto di definizioni statistiche, normative e fiscali utilizzate per delimitare il settore del viaggio e dell’ospitalità – a queste parole si associano immagini, stereotipi ed emozioni contrastanti, spesso opposte. Da un lato, i migranti o rifugiati percepiti come pesi morti, portatori di angoscia e pericolosità, da respingere in quanto problema sociale. Dall’altro, i turisti o viaggiatori descritti come ospiti da accogliere in luoghi confortevoli, quali portatori di un plusvalore immediato, in primis economico. Con l’intento di andare oltre una mera critica della cinetofobia (paura del movimento) e delle diverse forme che questa assume, il saggio invita a rimettere in discussione le fondamenta “residenzialiste” dello Stato-nazione e a sviluppare una nuova comprensione dell'interazione tra mobilità e appartenenza. Esplorando i significati simbolici e le implicazioni politiche che le categorie migranti/turisti si portano dietro, il saggio mappa l’emergere di un mondo dove la libertà di movimento è il principale fattore di stratificazione sociale. Infine, il saggio introduce le riflessioni presentate in questo volume, evidenziando come le prospettive disciplinari diverse e complementari dei saggi qui raccolti non solo rimettono in discussione le categorie di pensiero con le quali si definisce la pratica del viaggio e l’esperienza della diversità, ma contribuiscono a sviluppare nuove prospettive sulla mobilità intesa come un fenomeno sociale totale., Scritture migranti, N. 13 (2019): Turismo e migrazione

Black Mirror è una serie televisiva britannica che, con irriverente satira, ci mette di fronte al “lato oscuro” della tecnologia odierna, l’assuefazione da essa causata, gli effetti inquietanti sulle nostre vite. Riprendendo il tema del nostro disagio contemporaneo con molti decenni di distanza, i sei episodi della serie televisiva, pur ambientati in “realtà” differenti, sembrano, come uno specchio, metterci di fronte alla nostra esistenza, costringendoci a riflettere – in modo amaro e a tratti macabro – sul nostro stile di vita, sulle nostre emozioni e relazioni, sino al nostro modo di intendere e praticare la politica nell’attuale società dello spettacolo. In questo saggio viene analizzato il primo episodio, The National Anthem, un thriller politico tragicomico, con toni da apocalisse, attraverso cui l’autore denuncia come essere di fronte allo schermo (piuttosto che nello schermo), spendendo buona parte delle nostre giornate all’interno di mondi virtuali dove mettiamo in atto le nostre performance, non abbia più nessuna forza moralizzatrice se non quella dell’auto-espressione spettatoriale., Black Mirror is a British television anthology series, created by Charlie Brooker, which shows the dark side of life and technology. Although each episode has a different cast, a different setting, and a different reality, they are all about the ineffable power of technology and social media in our own lives.The paper focuses on the first episode of the anthology series (The National Anthem), which was first aired on 2011. The episode is a political thriller in which UK Prime Minister faces a huge and shocking dilemma when Princess Susannah, a member of the Royal Family and a media celebrity, is kidnapped. For her safe return, the Prime Minister must have live sexual relations with a pig on national television.Investigating the paradoxical cooperation between multiple media platforms and their influence on public opinion, the paper describes contemporary technological, cultural, and social changes, with a particular attention to the relationship between citizens and politicians. Analyzing the humiliating performance of the Prime Minister as an extreme artistic creation, the paper shows how the logic of the reality show, typical of the pop politics, has contributed to exasperate the contemporary institutional crisis.

Despite the variety of banalities that are often associated with trips and vacations as mass consumption, the study of tourism – due to the commitment of social, economic, political and cultural energy – remains one of the predominant inputs for understanding contemporary society and the new social hierarchies that distinguish it. Tourism, which is increasingly seen as a process that has become integral to social and cultural life, also plays an essential role in the social and spatial dialectic that gives meaning to the places. Focusing tourism through the lens of «productive consumption» developed by Cultural Studies, the paper moves from the assumption that responsible tourism can be analyzed in the broader paradigm of relational goods to explore the role of responsible tourism as a possible way of sustainable and responsible development. A pesar de la variedad de banalidades que a menudo se asocian con los viajes y las vacaciones, como el consumo de masas, el estudio del turismo –debido al compromiso de la energía social, económica, política y cultural– sigue siendo una de las fuentes predominantes para la comprensión de la sociedad contemporánea y las nuevas jerarquías sociales que la distinguen. El turismo, que se está viendo cada vez más como un proceso que forma parte integral de la vida social y cultural, también juega un papel esencial en la dialéctica social y espacial que da sentido a los lugares. Analizando el turismo desde el punto de vista del consumo productivo desarrollado por los estudios culturales, el artículo parte de la asunción de que el turismo responsable puede ser analizado en el paradigma más amplio de bienes relacionales para explorar el papel del turismo responsable como una forma posible de desarrollo sostenible y responsable.

Focusing on the emergence of old and new forms of social fragility, the paper investigates the dynamic and multi-dimensional relationship among food consumption, urban spaces and population living below the poverty line. Our starting point is that food is primarily a social fact. In cooking, eating and feeding one another, humans have throughout history celebrated the social nature of food consumption, the fact that food sends messages to body and mind, and that the journey from field and farm to kitchen and mouth is a social journey, made attractive by the bonds of kinship, friendship and companionship. Drawing on case studies, participant observation and non-standard interviews on life history, the empirical study in this article explores the experiences of food insecurity among urban soup kitchen consumers in soup kitchens and day centers in Bologna, North of Italy, and in Kent, South-East of England. In particular, on the basis of a comparative ethnographic research (which counts on 83 in-depth interviews), realized in 4 soup kitchens and 2 day centres in Kent, South-East of England and in Bologna, North of Italy, the article reflects on the limits of welfare state and, specifically, exploring the cost of social stigma and isolation which are experienced by the poor who have to accept humiliating social spaces and conditions in which they consume food., Italian Sociological Review, Vol 3, No 3 (2013)