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Il saggio ha ricostruito la storia della committenza artistica dei papi di IV secolo, in relazione alla città di Roma. L'autrice ha cercato di determinare come le scelte operate dai papi nel merito delle architetture monumentali e delle loro decorazioni ha modificato il paesaggio urbano, provocando lo spostamento dell'asse della città dal centro all'allora periferia, con la definizione di nuovi, plurimi centri.

L'articolo analizza un documento medievale, il resoconto testamentario della regina Maria d'Ungheria, già moglie del re Carlo II d'Angiò, redatto dopo la morte della regina al fine di vendere, donare e assegnare gli oggetti che le erano appartenuti. L'analisi del testo consente di comprendere le strategie che la regina mise in campo come committente di opere d'arte, ma anche la sua appartenenza culturale a due mondi molto distinti, quello napoletano-provenzale della dinastia angioina, e quello ungherese.

Il saggio analizza le fonti sulla traslazione di san Ludovico d'Angiò e propone un'inedita ricostruzione delle vicende che accompagnarono tale traslazione.

L'articolo prende in esame il cerimoniale che si svolse in occasione dei funerali del re Carlo I d'Ungheria nel 1342 e propone una nuova lettura dei testi tramandatisi sull'avvenimento, analizzando il ruolo giocato dalle immagini e dalle opere d'arte nella messa in scena del rituale.

Nell'articolo si prende in esame una pittura murale situata nell'attuale Repubblica Slovacca, nella quale è rappresentata l'incoronazione di un re, Carlo I d'Ungheria, avvenuta nel 1310. Il confronto con i documenti d'archivio redatti dal legato papale Gentile Partino di Montefiore in occasione di quella incoronazione contribuisce all'interpretazione dell'immagine nel contesto delle relazioni che all'inizio del Trecento si instaurarono tra il Regno di Napoli e il Regno d'Ungheria.

Attraverso una nuova analisi di un documento angioino del 1333 pubblicato nell'Ottocento e poi perduto, e di un'ampia serie di documenti dello stesso anno noti solo alla storiografia ungherese, si propone una nuova ipotesi sulle ragioni dell'allestimento delle sepolture angioine nella Cattedrale di Napoli.

L'articolo prende in esame approfonditamente due spazi architettonici oggi situati nel monastero delle suore di clausura del Real Monastero di Santa Chiara in Napoli, ma un tempo pertinenti all'ala maschile del monastero fondato nel 1310 dal re Roberto d'Angiò e da sua moglie Sancia di Maiorca. Di questi spazi si propone una ricostruzione delle originarie funzioni monastiche (l'uno era usato come refettorio, l'altro come sala capitolare) e si analizzano le pitture murali che ancora si conservano. Si tratta di due affreschi, uno, di minori dimensioni, in origine parte di una decorazione di certo più ampia che ornava le mura del refettorio dei frati minori, come attestato da una serie di fonti ottocentesche; l'altro, di dimensioni monumentali, dispiegato su un'intera parete dell'originaria sala capitolare degli stessi frati. Nell'articolo, attraverso il confronto con i dati documentari medievali, ci si propone di superare la lettura tradizionale (in chiave dissidente e spiritualistica) della pittura dell'antico refettorio, a favore di un'interpretazione che contestualizzi l'iconografia del dipinto nell'originario ambiente di destinazione, e nello stesso tempo si avanza una nuova ipotesi sui personaggi che appaiono dipinti nella pittura dell'antica sala capitolare, individuando il principe Andrea d'Ungheria nella figura non coronata accanto al re Roberto: Andrea era infatti l'unico membro della famiglia reale al quale il re in carica, Roberto, non avrebbe mai voluto consegnare la propria corona.

Il saggio prende in esame un tema ancora poco frequentato nella storia dell'arte e nella storia dell'architettura medievale: la questione della visibilità delle architetture nei contesti delle città medievali, e soprattutto il valore della loro percezione da mare. Per spiegare questo concetto, mi sono servita prima di una fonte altomedievale, la Vita sancti Athanasii episcopi, e poi della testimonianza di Petrarca, che nell'Itinerarium ad Jerusalem compie un viaggio immaginario (e soprattutto letterario) nel Mediterraneo, da Genova a Gerusalemme, nel quale le architetture angioine di Napoli sono le uniche architetture citate nel mare magnum delle presenze classiche. Nelle conclusioni si suggeriscono le ragioni che furono alla base di questa scelta così singolare da parte del poeta.

Il saggio prende in esame la storiografia dell'arte abruzzese tra Ottocento e Novecento.

Nuova lettura delle relazioni politiche, culturali e artistiche tra Napoli e l'Ungheria nel primo Trecento.

L'articolo analizza approfonditamente la prima descrizione moderna della corona d'Ungheria, rinvenuta in un testo dal titolo De sacra corona, redatto da Peter Revay alla fine del Cinquecento. La ricerca parte dalla considerazione di come un'opera d'arte di altissima oreficeria possa addensare su di sé una serie di valenze extra-artistiche lungo tutto il corso della sua storia.

L'articolo propone uno sguardo critico sulle principali questioni relative alla storia della basilica di Santa Restituta.

Nell'articolo si propone una nuova identificazione di una pittura situata su un pilastro di Sant'Eligio a Napoli. Si ricostruisce dettagliatamente la vicenda della fondazione della medesima chiesa.

Nel saggio si propone una ricostruzione della storia delle tombe reali angioine ancora custodite nella chiesa francescana di Santa Chiara a Napoli, fondata nel 1310 da Roberto d'Angiò e Sancia di Maiorca. L'indagine condotta sulle testimonianze documentarie e archeologiche, oltre che sulla natura dei restauri novecenteschi, consente di avanzare una nuova interpretazione delle vicende relative a queste tombe, delle ragioni della loro committenza da parte dei sovrani o di altri membri della famiglia reale sul trono di Napoli, della loro scenografia monumentale. Tale interpretazione confuta l'ipotesi tradizionale che la chiesa di Santa Chiara sia nata come chiesa sepolcrale, come una Saint-Denis degli Angioini di Napoli.

Nell'articolo si analizzano le ragioni della seconda redazione manoscritta di un importante testo liturgico attinente alla cattedrale di Napoli e si riflette su come il culto di san Gennaro sia stato considerato nel Medioevo, in età moderna, e in un testo di grande interesse della letteratura ungherese contemporanea.

Analisi delle relazioni tra le pitture dell'oratorio di San Pellegrino a Bominaco e dell'aula gotica nei Santi Quattro Coronati a Roma.

Nell'articolo si analizza un testo liturgico, mai analizzato nel suo complesso, tramandato da un unico codice conservatosi nell'Archivio diocesano di Napoli. Il testo si analizza al fine di dedurne informazioni utili alla ricostruzione della facies architettonica della cattedrale di Napoli nel Medioevo.

L'articolo prende in esame in maniera approfondita due testi attribuiti rispettivamente l'uno al diacono lateranense di nome Giovanni e l'altro al canonico di San Pietro che si firma Pietro di Mallio. Si tratta di due accurate descrizioni di San Pietro e di San Giovanni in Laterano, dedicate soprattutto alle reliquie e alle sepolture che si trovavano in queste chiese. Di questi testi si analizza la struttura compositiva, il contenuto utile a una restituzione storico-artistica dei siti, le finalità comunicative, giungendo a formulare una nuova ipotesi sulla loro ricezione.

L'articolo è dedicato alla figura del pittore Lello da Orvieto intorno al cui nome è stato costruito negli ultimi decenni un cospicuo catalogo di opere. Attraverso il confronto tra le opere materialmente conservate, le firme, i documenti e le fonti erudite si è giunti alla conclusione che un Lello da Orvieto non esiste e che ad un pittore romano di nome Lello si può attribuire con certezza un'unica opera: il mosaico di Santa Maria del Principio.

Nell'articolo si prende in esame la leggenda agiografica di Santa Restituta e la si mette a confronto con le immagini della santa che si sono conservate.

Nell'articolo si analizzano le biografie anglosassoni di Dunstan che fu uno dei più autorevoli e potenti arcivescovi di Canterbury nel X secolo, promotore della riforma della Chiesa anglosassone, santificato subito dopo la morte e protagonista di cinque Vite che ne narrano le imprese e i miracoli. Nell'articolo si esaminano i passi di queste Vite nei quali vi sono espliciti riferimenti ad un'attività artistica di Dunstan. Si tratta di uno dei pochi personaggi della storia dell'Europa occidentale del quale l'attività artistica, che comunque resta un'attività manuale e "mechanica", non viene considerata un impedimento alla santità.

L'articolo propone una nuova interpretazione di un dipinto murale raffigurante la Crocifissione, nel quale appare un tema iconografico inedito: la presenza di due angeli che tolgono a Cristo la corona di spine e pongono sul suo capo una preziosa corona in metallo. Nell'articolo si propone una contestualizzazione del dipinto nell'ultimo periodo di vita di Pietro da Morrone, divenuto papa con il nome di Celestino V, e vi si collega un passo della Vita di Celestino.

L'intervento analizza il ruolo avuto dalle sepolture monumentali nel processo di valorizzazione della memoria della Cattedrale di Napoli. Ripercorre le vicende delle sepolture dei santi, dei vescovi, degli arcivescovi e dei sovrani angioini custodite nella Cattedrale, e ricostruisce le fasi attraverso le quali queste sepolture sono state usate come strumenti di propaganda. Si esaminano in special modo le sepolture dei santi vescovi traslati nella Cattedrale nel IX secolo, e quelle dei re angioini, Carlo I, Carlo Martello e sua moglie Clemenza d'Asburgo.

Nell'articolo si analizza per la prima volta la figura dello storico Heinrich Wilhelm Schulz, autore di un'opera monumentale sulla storia dell'arte meridionale, la prima mai pubblicata, edita postuma nel 1860. Schulz soggiornò a lungo a Napoli e trascrisse centinaia di documenti dagli archivi napoletani. La sua opera non è mai stata tradotta dal tedesco in italiano e su di lui non esiste bibliografia. L'articolo propone una ricostruzione della sua attività attraverso l'analisi del suo testo e i rari accenni che vi compaiono. Analizza poi il suo rapporto con il celebre studioso Carl von Rumohr e propone una nuova lettura della sua opera.

Nell'articolo si analizza il portale maggiore della cattedrale valvense di Corfinio, sorta sul sito dell'antica città romana. La cattedrale, costruita in epoca romanica, mostra tuttora un portale che appare come una perfetta rielaborazione rinascimentale di un modello decorativo antico, inserito in una cornice sagomata secondo le forme più diffuse nel romanico abruzzese. L'articolo esamina le circostanze nelle quali la cattedrale fu innalzata, la figura del suo principale committente, il vescovo Trasmondo, e propone una nuova ipotesi di lettura sul portale, finora considerato romanico o addirittura antico.

La scheda analizza una pittura frammentaria abruzzese

L'articolo analizza l'iconografia della Madonna regina nell'atto di allattare e la sua diffusione abruzzese

Questo saggio è il frutto del ritrovamento di un interessante dipinto inedito, non firmato, ma chiaramente riferibile all'ambiente toscano degli anni Sessanta dell'Ottocento, e ai risultati raggiunti, sia in merito alla paternità (il veneto Pietro Pezzuti, fiorentino d'adozione), sia alla storia dell'opera. Il tema, il leggendario scoprimento del neonato Castruccio Castracani, condottiero di Lucca, ha fatto sì di poterne pubblicare un dettagliato resoconto nel volume in onore di Francesco Aceto, dedicato a inediti medievali o a tema medievale.

L'articolo ricostruisce per la prima volta la storia delle tombe, perdute, del principe Andrea d'Ungheria e della regina Giovanni I d'Angiò. Le vicende che riguardarono questi personaggi in vita condizionarono la tipologia e la fortuna delle loro tombe, collocate in origine nella Cattedrale di Napoli e nella chiesa francescana di Santa Chiara, accanto ad altre tombe di re e di membri della famiglia reale. Di queste due tombe si analizza, attraverso la documentazione testuale e le esigue tracce materiali, la funzione simbolica che svolsero quando furono concepite, le modificazioni che hanno subito nel corso dei secoli, la percezione che se ne è avuta in età moderna, fino alla loro parziale o totale cancellazione. La complessità dell’indagine deriva dalla pluralità, dalla sovrapposizione e dal contrasto delle diverse tradizioni storiografiche medievali e moderne.

Nell'ambito degli studi sull'arte dell'Ungheria medievale e sulla storiografia moderna e contemporanea su quella produzione artistica, l'articolo intende analizzare la posizione politica che la rivista Corvina assunse tra le due guerre mondiali, nell'Ungheria dominata dall'ammiraglio Horthy. L'arte medievale, così come quella rinascimentale, fu utilizzata per giustificare gli accordi politici con l'Italia di Mussolini. La concezione elaborata in quegli anni delle relazioni Italia-Ungheria nel corso del Medioevo è in certi casi ancora in voga nella storia dell'arte attuale. In questo articolo si ricostruisce per la prima volta, attraverso la documentazione contemporanea italiana e ungherese, le pratiche di una diplomazia culturale mirante a tessere rapporti di tipo culturale che sostanziassero i rapporti politici, in un approccio basato su una metodologia interdisciplinare.

Il saggio prende in esame per la prima volta le fonti antiche alla base dell'elaborazione del testo copiato nel 1358 nel cosiddetto Chronicon pictum, una cronaca ungherese che si proponeva di narrare la storia degli ungheresi e dei loro re dall'arrivo delle prime migrazioni nelle terre pannoniche fino all'ascesa al trono del re Carlo I (un re venuto da Napoli e scelto per guidare il regno sulla base di ragioni dinastiche). La ricerca ha analizzato sia le fonti antiche, greche e romane, sia le modalità con cui la storia antica, con i suoi risvolti nobilitanti, è stata messa in immagine, individuando nuove chiavi di lettura delle relazioni testo-immagine.

In questo articolo si analizza uno dei testi piu celebri e piu citati del Medioevo occidentale: mi riferisco allo "Scriptum consecrationis" di Suger ed in particolare al passo nel quale l'abate di Saint-Denis confessa di aver desiderato colonne come quelle che aveva visto a Roma, nelle Terme di Diocleziano. Si propone qui una nuova interpretazione delle parole di Suger, diversa rispetto alla lettura tradizionale del passo (sia quella di Erwin Panofsky, sia quella che le si e contrapposta alla fine del Novecento), e si ipotizza anche una possibile relazione testuale con la "Narratio de consecratione" di Leone Marsicano, una fonte poco nota ma molto importante per la storia dell’arte e dell’architettura europee, di solo qualche decennio anteriore alla redazione degli scritti di Suger.

Nell'articolo si affrontano le principali linee di interpretazione della rappresentazione del potere medievale.

Nell'articolo si prendono in esame la storiografia più recente sulla storia del Regno d'Ungheria durante il Trecento.

L'articola analizza un polittico di devozione privata giunto non si sa per quali canali alla galleria nazionale di Brno. Sgombrando il campo dei pregiudizi sull'opera, si analizzano le sue componenti araldiche e si giunge a una nuova conclusione sul suo committente e sulla sua interpretazione.

L'articolo analizza un monumentale affresco ancora visibile nell'antica sala capitolare dei frati minori di Santa Chiara, proponendone una nuova interpretazione.

L'articolo analizza per la prima volta due importanti fonti inglesi nelle quali si parla della tavola del Salvatore lateranense, giungendo a nuove conclusioni sullo stato della tavola nel primo Duecento.

Nuova analisi della collezione di Pietro Bembo attraverso i testi del collezionista e dei suoi contemporanei