Lo studio condotto ha riguardato l’identificazione e la caratterizzazione dei depositi di travertino della regione Campania con lo scopo di determinare le relazioni che legano la deposizione di corpi travertinosi alla distribuzione di sorgenti mineralizzate e faglie attive. Un recente studio riguardante l'Appennino centro-meridionale (Santo et al., 2011) ha evidenziato che esiste una coincidenza tra la distribuzione territoriale dei sinkholes, la presenza di sorgenti mineralizzate (Del Prete et al., 2010), la risalita di gas endogeni, la deposizione di travertino e le faglie attive, suggerendo che nelle zone in cui le acque minerali sono presenti lungo le principali zone di faglia, il mescolamento di acque meteoriche sotterranee con fluidi profondi può influenzare fortemente la formazione di collapse sinkholes carsici e la deposizione di travertino. Questo studio è stato pertanto condotto al fine di definire l’ambiente di formazione dei travertini in Campania in relazione alle caratteristiche chimico-fisiche e isotopiche delle acque madri, per poter così individuare i fattori che controllano la disomogenea distribuzione spaziale dei processi di precipitazione e comprendere il modo in cui gli apporti endogeni contribuiscono alla mineralizzazione e alla maggiore aggressività delle acque e quindi il controllo della tettonica nella formazione dei depositi di travertino. La caratterizzazione ha previsto: lo studio della distribuzione spaziale dei depositi di travertino della Campania, rispetto alle principali sorgenti basali dei massicci carbonatici e alle principali linee tettoniche attive; lo studio delle caratteristiche chimico-fisiche delle principali sorgenti basali della regione; gli studi petrografici e isotopici (δ18O, δ13C) e delle facies dei depositi di travertino. La maggior parte dei carbonati continentali studiati in Italia meridionale vengono in genere interpretati come calcareous tufa (Pedley, 1990; D'Argenio & Ferreri, 1987; Ford & Pedley, 1996; Gandin & Capezzuoli, 2008; Gandin, 2013; Capezzuoli et al., 2014), mentre per i carbonati continentali dell’Appennino centrale e settentrionale si osservano, più di frequente, le caratteristiche tipiche dei “classici” depositi di travertine (Chafetz & Folk, 1984; Guo & Riding, 1992; Folk, 1994; Gandin, 2013; Capezzuoli et al., 2014; Gandin & Capezzuoli, 2014). L'indagine condotta sul campo ha confermato che per la gran parte dei depositi studiati in Campania le facies sono quelle tipiche del calcareous tufa, sebbene alcuni affioramenti presentino caratteristiche proprie dei travertine. I dati raccolti indicano tuttavia che l'origine dei calcareous tufa dell'Appennino meridionale è simile a quella dei travertini dell'Appennino centrale e settentrionale (Chafetz & Folk, 1984; Guo & Riding, 1992; Folk, 1994; Gandin, 2013; Capezzuoli et al., 2014), in quanto in entrambi i casi la precipitazione del travertino è connessa alla presenza di una CO2 addizionata in profondità alle acque meteoriche di origine carsica. In Appennino meridionale, questo addizionamento è legato alla presenza di faglie attive che, dopo i campi idrotermali, rappresentano le principali vie di risalita per il degassamento della CO2 e la cui distribuzione spaziale appare fortemente connessa a quella dei mtb. La prevalenza di tessiture del tipo tufa in Italia meridionale sembra essere relazionata alle basse temperature di precipitazione compatibili per sorgenti non termali o a bassa termalità, che si sono raffreddate dopo pochi metri dall'emergenza, in un ambiente di tipo fluviale. Le conclusioni di questo studio suggeriscono che nella genesi dei calcareous tufa, acque meteoriche "pure" e processi organici non sarebbero sufficienti a produrre depositi geologicamente significativi come quelli presenti in Campania, come suggerito dalle composizioni chimico-fisiche delle sorgenti basali e dai valori dei rapporti isotopici del Carbonio e dell'Ossigeno per i travertini considerati. Le classificazioni tessiturali di travertine e calcareous tufa possono essere considerate quindi significative nella definizione dell'ambiente di deposizione locale (Pedley, 2009), senza tuttavia implicare caratteristiche genetiche come la distinzione tra sorgenti meteoriche e fluidi di derivazione profonda.