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International audience; From Rhetoric to Gesture. The "actio" in the painted Portrait of the Italian Renaissance : From the Quattrocento, portraitists such as Marco d'Oggiono or Botticelli have represented gestures described by the De institutione oratoria (Institutes of Oratory).This didactic treaty of rhetoric in twelve books, written by Quintilian in the1st century AD had in another hand a reception linked to the qualities of his author, an attentive observer of early childhood and a patient pedagogue. Book XI is interested at length in the posture of the orator, his position according to his speech, and his gestures, which engage the whole body. His guidance on a real staging of the discourse will find their extensions in preaching, declamation and baroque theatre. This article focuses on the reading made by painters and their patrons at the Renaissance. If some gestures, advised or disapproved by Quintilian, had become or remained usual, and did not necessarily require knowledge of this work, others reveal a precise reading of our author.; Dès le Quattrocento, des portraitistes tels que Marco d'Oggiono ou Botticelli, suivis au XVIe siècle par Titien ou Bartolomeo Passerotti, ont représenté des gestes décrit par le De institutione oratoria (De l'institution oratoire). Ce traité de didactique de rhétorique en douze livre, écrit par Quintilien au Ier siècle ap. J.-C., fait partie des textes importants de la Renaissance. Il bénéficia parallèlement d'une réception liée aux qualités de son auteur, observateur attentif de la petite enfance et patient pédagogue. Le livre XI s’intéresse longuement à la posture de l'orateur, à sa position dans l'espace en fonction de son discours et à sa gestuelle, qui engage l'ensemble du corps. Ses conseils sur une véritable mise en scène du discours trouveront leurs prolongements dans la prédication, la déclamation et le théâtre baroque. Cet article s'intéresse à la lecture qu'ont pu en faire ces peintres et leurs commanditaires. Si certains gestes qu'ils ont choisis, conseillés ou désapprouvés par Quintilien, étaient devenus ou resté usuels et ne nécessitaient pas forcément la connaissance de cet ouvrage, d'autres révèlent une lecture précise notre auteur.; Dalla retorica alla gesutlità, L'actio nel rittrato dipinto del Rinascimento: Già nel Quattrocento, ritrattisti come Marco d’Oggiono o Botticelli hanno rappresentato gesti descritti dal De Institutione oratoria (Institutio oratoria). Questo trattato didattico di retorica in dodici libri, scritto da Quintiliano nel I secolo d.C., beneficiò nel contempo d'una ricezione legata alle qualità del suo autore, attento osservatore della prima infanzia e paziente pedagogo. Il libro XI si interessa a lungo alla postura dell’oratore, alla sua posizione nello spazio durante il suo discorso e alla sua gestualità, che impegna tutto il corpo. I suoi consigli su una vera messa in scena del discorso troveranno il loro proseguimento nella predicazione, nella declamazione e nel teatro barocco. Questo articolo si interesse alla lettura che ne hanno fatto i pittori e i loro committenti nel Rinascimento. Se alcuni gesti, consigliati o disapprovati da Quintiliano, erano diventati o rimasti usuali e non richiedevano necessariamente la conoscenza di questo libro, altri rivelano una lettura precisa del nostro autore.

Quando le persone parlano fanno gesti. È stato infatti dimostrato che la gestualità è una componente fondamentale della produzione orale e che le due modalità interagiscono a diversi livelli linguistici (semantico, pragmatico, temporale e prosodico). Tuttavia, i meccanismi sottostanti e le cause di questa stretta interazione sono ancora poco noti e, per questo, sono oggetto di molti studi sperimentali. Il presente lavoro si propone di investigare alcuni di questi aspetti, focalizzandosi su come l’inibire o l’incoraggiare l’uso della gestualità nei parlanti abbia influenze sulla loro produzione orale nel discorso narrativo. Studi precedenti hanno proposto che l’espressione orale e la produzione gestuale condividano un comune sistema di controllo motorio mediato dall’area di Broca, e che vi sia anche una dipendenza biomeccanica tra le due modalità. Questo suggerisce che le caratteristiche acustiche del parlato siano strettamente legate alla gestualità sia per motivi biomeccanici o riconducibili al controllo motorio, sia in termini di esigenze comunicative e prosodiche. Tuttavia, la questione non è stata sufficientemente investigata a livello empirico. A questo fine, si ritiene interessante investigare se inibire o incoraggiare i parlanti all’uso della gestualità possa avere degli effetti sulle caratteristiche acustiche del parlato. Gli effetti di inibire l’uso della gestualità sono stati esplorati in studi precedenti che hanno analizzato, ad esempio, come questo abbia un impatto sulla fluenza e sulla lunghezza e contenuto del parlato. Tuttavia, questi studi hanno portato a risultati a volte contrastanti dai quali è difficile trarre conclusioni univoche. D’altra parte, non sono stati condotti studi sperimentali sui possibili effetti derivanti dall’incoraggiare l’uso della gestualità sui medesimi aspetti del parlato. In questo lavoro, sono stati condotti due studi sperimentali nei quali 40 partecipanti di madrelingua italiana hanno descritto delle brevi storie a fumetti a un ascoltatore. Nel primo studio (Capitolo 2) la gestualità dei parlanti è stata inibita (ai soggetti è stato chiesto di sedersi tenendo le mani sotto le gambe), mentre nel secondo studio (Capitolo 3) i parlanti sono stati incoraggiati all’uso della gestualità. In entrambi gli studi, il parlato è stato analizzato a livello prosodico e testuale. In particolare, si sono analizzate: la lunghezza delle produzioni orali (in termini di numero di parole e lunghezza in secondi), le disfluenze (pause piene, auto-correzioni, ripetizioni, inserimenti di suoni o segmenti di parole, interruzioni), la velocità del parlato (sillabe al secondo), e una serie di misure acustiche che riguardano la frequenza fondamentale (F0) e l’intensità (volume) della voce. Inoltre, ulteriori analisi qualitative e quantitative sono state condotte sui dati raccolti. Tali analisi sono descritte nel Capitolo 4, nel quale vengono affrontate anche alcune questioni metodologiche. I risultati mostrano che l’impossibilità di spiegarsi con la gestualità non è di particolare impatto negativo sul parlato (che infatti non diventa più lungo in termini di durata, né meno fluente o più monotono a livello acustico). D’altro lato, lo studio dimostra che chiedere ai parlanti di usare la gestualità nel descrivere le sequenze narrative può avere effetti sulla lunghezza delle storie narrate (in termini di numero di parole) e può interagire con i parametri acustici del parlato (alcune misure di F0 e intensità risultano più elevate). Infine, nel Capitolo 4 si mostra che incoraggiare i parlanti a usare la gestualità li porta effettivamente a: (1) aumentare il numero di gesti che usano nel raccontare le storie; (2) gesticolare in modo più “saliente”, ovvero in uno spazio più alto (ad es., in corrispondenza del petto) rispetto a quando non ricevono tali istruzioni. Inoltre, le stesse istruzioni portano i parlanti a: (3) fare uso di più gesti rappresentativi; (4) usare maggiormente strategie multimodali di enactment (impersonificazione) che coinvolgono anche, ad esempio, espressioni facciali e movimenti della testa e delle spalle. In generale, questa tesi si propone di investigare la possibile funzione della gestualità nel processo di espressione verbale, in particolare nella sua pianificazione e articolazione. I risultati suggeriscono che la produzione della gestualità può contribuire a enfatizzare alcune caratteristiche prosodiche del parlato. Allo stesso tempo, i risultati mostrano che l’impossibilità di spiegarsi tramite la gestualità può essere ben compensata nel discorso narrativo semi-spontaneo. In futuro, ulteriori studi sperimentali potrebbero contribuire a fare luce sulla possibilità che gestualità e strutture prosodiche siano pianificate e prodotte insieme durante il processo di produzione verbale.

In this essay we intend to examine in which contexts and under which conditions a particular and common video format that has within it a Talking Head of the speaker may be an opportunity in teaching or vice versa a critical issue. We will pay particular attention to the use of gestures and the connection between gestures and spoken word; because, gesture and speech form a set that can be significant and lead to understanding the lesson, learning and motivation of the student, but can also represent sources of cognitive load. We will propose the distinction, in the analysis, of significant/insignificant multimedia gestures as one of the elements that help to evaluate the potential of an educational event. Mettiamoci la faccia. L’uso dei Talking Head nelle lezioni online In questo saggio intendiamo esaminare in quali contesti e a quali condizioni un particolare e diffuso formato di video che presenta al suo interno un Talking Head del parlante può rappresentare una opportunità nell’insegnamento o viceversa una criticità. Presteremo particolare attenzione all’uso dei gesti e al collegamento tra gesti e discorso parlato, in quanto gesto e discorso formano un insieme che può essere significativo e aiutare la comprensione della lezione, l’apprendimento e la motivazione dello studente, ma possono rappresentare anche fonti di carico cognitivo. Proporremo una distinzione, nell’analisi, tra gesti significativi/non significativi come uno degli elementi che aiutano a valutare le potenzialità di un evento educativo di tipo multimediale.

À partir d’une expérience ethnographique menée dans deux couvents français de carmélites, on a cherché à analyser les modalités concrètes de la vie claustrale. Sont examinés ici un cas limite d’utilisation de la parole, déclinée dans la spécificité de parole-silence, et la construction de familiarité qui se forme autour d’elle. On souhaite proposer une lecture phénoménologique du silence claustral, sur le plan de l’agi, de l’entendu et du parlé. Tout doit se réduire à l’essentiel, c’est-à-dire à l’élimination du superflu, qu’il s’agisse du matériel, del’émotionnel ou du linguistique. Listening, looking and staying quiet: dialogue in an enclosed community This is an analysis of the reality of enclosed life on the basis of an ethnographic study in two French Carmelite nunneries. The paper examines an extreme case of language use: the language of silence and the construction of familiarity which it creates. We propose a phenomenological reading of enclosed silence as it relates to actions, hearing and speaking. The ultimate aim is to reduce everything to the essential by eliminating the superfluous whether it be material, emotional orlinguistic.

Y a-t-il une gestuelle de la Méditerranée ? Est-elle tout à fait partagée, où y a-t-il des zones ­d'ombre engendrant des risques ­d'interférence ? Pourquoi ­n'a-t-elle pas droit de citoyenneté dans le dictionnaire, outil de médiation et ­d'apprentissage par excellence ? Est-il nécessaire de ­l'introduire et ­comment ? Les réflexions sémiologiques et lexicographiques sont à ­l'origine de questions qui, même si elles ­n'ont pas trouvé de réponse systématique, ­commencent à faire entrevoir des premiers résultats., Do Mediterranean gestures exist? Are they fully shared or rather, or are there shadowy zones of interference where sharing is disallowed or engenders risks? One might question, then why they appear to have no right to citizenship in the dictionary, the instrument of mediation and learning « par excellence »? Is it necessary to introduce (include) such gestures and, if so, how? Sociological and lexicographical studies have for some time given rise to such questions, and although there is to date no systemic response, we can begin to see the early results of such paths of exploration.

I gesti di Althaia, madre di Meleagro, secondo la narrazione del mito in Iliade IX. I paralleli antichi. La prosopografia di Althaia "maga" e protettrice di azioni magiche nelle fonti letterarie greche.

Sono abbastanza rare in Italia, anche in ambito sociolinguistico, le ricerche sul campo che raccolgono ed elaborano dati desunti dal contatto con campioni di informatori. Reintegrati metodologicamente nell’analisi i soggetti reali (parlanti e riceventi), si riflette nel volume su un corpus di dati da essi direttamente prodotto rispondendo – in alcune comunità sociali – a domande sui propri comportamenti linguistici, sull’impiego e la conoscenza dei gesti, sul grado di comprensione del livello lessicale della lingua. Lo studio delle pratiche linguistiche e gestuali, da considerare all’interno della più ampia cornice della competenza comunicativa, conferma l’evidenza che il linguaggio e le lingue sono fenomeni sociali (e che la loro interna strutturazione è in parte la conseguenza degli usi che se ne fanno). La finalità primaria dell’opera consiste appunto nel verificare la distribuzione d’uso dell’italiano e del dialetto in situazioni e con interlocutori diversi, nel saggiare la diffusione e l’utilizzazione dei gesti simbolici, prodotti per veicolare determinati significati, nell’individuare – mettendosi dalla parte dei riceventi – i gradi differenti di (mal)comprensione del lessico giornalistico. Non isolare l’attività di ricerca dalle condizioni sociolinguistiche delle persone e dei gruppi significa contribuire a comporre un quadro conoscitivo che a tutt’oggi rimane invero assai lacunoso; su un piano parallelo, dalle indagini si possono ricavare anche implicazioni concrete per interventi nel campo delle pratiche educative e in quello della qualità della comunicazione pubblica, come ad esempio stimolano a predisporre il forte disagio nella comprensione di parole e locuzioni correnti dimostrato da molti intervistati e la permanenza del dialetto, nonostante la pressione esercitata dalla crescente scolarizzazione e dai mass-media.

Analisi di un capitolo della Vie sauvage, di M. Tournier, in cui si assiste al processo di apprendimento linguistico di Vendredi, compagno di Robinson Crusoe.

Diese Arbeit beschränkt sich absichtlich auf die Gestik der Verzweiflung. Gesten und Gebärden des Erstaunens (siehe z.B.ljepat, die riskiert, vom Dach herabzufallen in dem "Gesang von Ullikummi") oder der Verweigerung (siehe z.B. ISta r, die so erschüttert ist, daß sie Speis und Trank verweigert in dem ljedammu-Mythos), die zu einem ähnlichen semantischen Bereich gehören, werden in einer anderen, sich in Vorbereitung befindenden Arbeit untersucht.

Cristina Stefanile, Annamaria Manganelli, Patrizia Catellani

Au delà des Règles monastiques qui régissent la vie individuelle et collective de la communauté en vue d’atteindre la perfection spirituelle, un élément s’impose à l’analyse : ce que les religieuses françaises désignent sous le nom de «petit quotidien», c’est-à-dire des activités et façons de faire journalières, qui restent cachées à l’intérieur des couvents et que les religieuses ne partagent que difficilement avec les laïques. Au travers de l’oralité, les religieuses se transmettent un ensemble de comportements et d’attitudes hautement formalisés, considérés comme répondant à leur choix de vie et s’adressant souvent, concrètement ou symboliquement, aux objets, précisément, que le groupe considère comme dévotionnels. Dans ce contexte, une fonction privilégiée est assurément celle que revêt l’objet-relique. Celui-ci renvoie à de vastes problématiques liées à une anthropologie des choses ou, plus spécifiquement, à une «épistémologie de la chose matérielle religieuse» (Albaric 1991, 315) dans le cadre du milieu conventuel. Il lui est reconnu une force prodigieuse et extra-humaine qui, canalisée et utilisée suivant certaines modalités bien précises, est en mesure d’intervenir sur la vie humaine ou sur les différents domaines du quotidien. Il s’agit en quelque sorte d’une capacité de transformation du cosmos, d’une puissance miraculeuse.