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Il saggio analizza il ruolo svolto dall'America, tra il 1944 e il 1946, durante il percorso politico che portò all'indizione, da parte del governo italiano, del referendum popolare per la scelta monarchia/repubblica. Tale ruolo è inserito all'interno della dialettica tra i partiti del Comitato di liberazione italiana. E' inoltre analizzato il ruolo-chiave svolto dal alcune peronalità della politica italiana dopo l'armistizio dell'8 settembre: Badoglio, Bonomi, Togliatti, Nenni, Parri e in particolare De Gasperi. L'autore ha composto il saggio utilizzando i documenti diplomatici italiani e statunitensi e una vasta memorialistica e storiografia sull'argomento.

L'articolo è un riflessione sulle fonti, documentarie e non, d'archivio e pubblicate, disponibili per lo studioso che voglia ricostruire la politica estera svolta da Giovanni Giolitti. L'autore mette in rilievo come la principale fonte documentaria disponibile oggi, quella costituita dai volumi dei <>, non sia sufficiente per quella ricostruzione e debba quindi essere integrata con altre fonti.

Il saggio analizza le scelte compiute dalla diplomazia italiana nei primi tre mesi della neutralità di fronte alla Grande Guerra. E' stato composto sulla base dell'utilizzo di fonti documentarie, pubblicate e d'archivio, italiane e straniere, e sull'analisi della storiografia esistente sull'argomento.

Il saggio analizza la carriera politica di Antonino di San Giuliano, anche in relazione al suo ruolo di affiliato alla massoneria. Mette in connessione le sue decisioni, quale ministro degli Esteri, al momento dello scoppio della Prima guerra mondiale, comparandole anche con la posizione assunta dalla massoneria italiana. L'autore, per la composizione del saggio, si è servito di fonti documentarie diplomatiche, italiane e straniere, pubblicate e d'archivio, nonché della storiografia esistente sull'argomento.

Il saggio analizza le scelte compiute dalla diplomazia italiana nel 1914-15 in rapporto al tema se mantenere il Paese neutrale o farlo intervenire nella Prima guerra mondiale. Tale analisi si basa sulle fonti documentarie ma prende in esame anche le conclusioni già raggiunte dalla storiografia. Inoltre, si focalizza sull'azione svolta dal ministro degli Esteri, marchese di San Giuliano, comparandola con quella del suo successore Sonnino

Il saggio analizza le relazioni tra Stati Uniti e Russia dal 1898, anno della guerra ispano-americana, al 1905, anno del trattato di pace russo-nipponico di Portsmouth; ma tali relazioni sono analizzate attraverso il filtro della diplomazia italiana. In particolare, quindi, il saggio si focalizza sulle valutazioni che fece la diplomazia italiana in rapporto allo scontro di interessi sorto in Estremo Oriente tra Russia e Stati Uniti, dopo che questi ultimi, con le vittorie sulla Spagna, l'annessione delle Filippine e l'emissione delle note sulla Porta Aperta in Cina, erano diventati un fattore determiante per l'evoluzione degli affari estremo-orientali. Gli Stati Uniti così si opposero in maniera crescente all'imperialismo di stampo ottocentesco praticato dalla Russia in Estremo Oriente. Per la composizione del saggio, l'autore si è servito di un vasta documentazione diplomatica d'archivio e l'ha raffrontata con le conclusioni raggiunte dalla storiografia esistente sull'argomento.

L'azione del ministro degli Esteri del quarto governo Giolitti, il marchese di San Giuliano, azione vista atraverso il suo retroterra culturale e politico, e dell'apparato diplomatico italiano ai fini del conquista della Libia, studiata tramite i documenti diplomatici italiani, francesi, inglesi, tedeschi austriaci, gli atti parlamentari e la storiografia sull'argomento.

Fondato prevalentemente su documentazione d'archivio, il volume analizza il modo in cui l'Italia accolse l'ingresso degli Stati Uniti nelle relazioni internazionali, quale grande potenza mondiale, a cavallo tra Ottocento e Novecento. Inoltre, è presente nel volume l'analisi del fenomeno dell'emigrazione italiana negli Stati Uniti, in particolare come esso si riverberò sulle scelte di politica estera dell'Italia liberale.

Il volume analizza la figura di Federico Chabod, storico e politico valdostano. Prende in esame il suo famoso libro le "Premesse" alla politica estera italiana dal 1870 al 1896, dando così modo all'autore di ripercorrere le linee principali della politica estera italiana in età liberale, con uno sguardo particolare sulle relazioni italo-francesi. Inoltre, si sofferma sulla aazione svolta da Chabod, in qualità di partigiano e politico locale, per difendere l'italianità della Valle d'Aosta nel 1944-46.

The essay points out the diplomatic preparation led by Italy, since 1881, with regard to the 1911 military campaign in order to conquer Libya. As Italy was a latecomer power, it needed a diplomatic ‘permission’ from the most influential colonial powers, France and United Kingdom; then, as the campaign was hampered by the locals, diplomacy was even more urgent to secure the Italian posture.

Il saggio analizza le relazioni italo-americane durante il fascismo, partendo da una disamina della letteratura storiografica esistente sull'argomento. L'autore intende dimostrare che la storiografia ha raggiunto ormai risultati notevoli, in termini qualitativi e quantitativi, anche se ancora non esiste un saggio esaustivo su quelle relazioni, che comprenda il loro profilo diplomatico, sociale, economico. Pertanto, alla luce appunto dei risultati raggiunti dalla storiografia, potrebbe essere ormai giunto il momento per colmare una simile lacuna.

Il saggio analizza le complesse relazioni intercorse tra Italia e Stati Uniti durante il lungo regno di Vittorio Emanuele III. Dunque, si sofferma sull'età giolittiana, la Grande Guerra, il fascismo, la Seconda guerra mondiale e il referendum istituzionale del 1946. All'inizio del Novecento, quando Vittorio Emanuele III ascendeva al trono, gli Stati Uniti rappresentavano una nazione di cui tenere certamente conto nel quadro della conduzione della politica estera italiana, ma è anche vero che l'Italia avesse come sue principali potenze di riferimento soprattutto le nazioni europee. Alla fine di quel regno, nel 1946, la situazione era invece radicalmente cambiata. Il modo in cui si era chiusa la Seconda guerra mondiale dimostrava, infatti, che gli Stati Uniti fossero diventati ormai la potenza che avrebbe condizionato in maniera determinante la politica estera italiana. Il peso economico, militare e politico acquistato dalla nazione d'oltreoceano era il fattore che avrebbe stabilito il ruolo dell'Italia nel mondo. Il saggio basa la sua ricostruzione sull'utilizzo di documenti diplomatici d'archivio inediti e di una vasta bibliografia.

Il saggio analizza in forma sintetica l'evoluzione della politica estera italiana dal 1900 al 1915, ovvero dal riavvicinamento con la Francia alla neutralità di fronte allo scoppio della Prima guerra mondiale

Il saggio analizza in forma sintetica il complesso delle relazioni tra Italia e Stati Uniti durante la Grande Guerra specie a livello politico-diplomatico, ma non tralasciando i risvolti militari, il ruolo dell'opinione pubblica nei due Paesi e il significato del "wilsonismo" nell'evoluzione di tali relazioni.

Con la vittoria nella Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti inaugurarono il cosiddetto <>, secondo anche la "profezia" fatta dall'editore Henry Luce nel 1941 sulla rivista <>. Gli storici, tuttavia, si sono anche chiesti quando gli Stati Uniti, e sotto la direzione di quale presidente, posero le basi per l'affermazione della loro egemonia mondiale. L'autore sposa la tesi che quelle basi furono poste nel 1898, a seguito dei risultati conseguiti dagli Stati Uniti con la guerra contro la Spagna e grazie alla politica svolta dai tre presidenti repubblicani che si avvicendarono al potere tra il 1897 e il 1913: William McKinley, William H. Taft e soprattutto Theodore Roosevelt. Accolto dunque questo punto di vista, l'autore utilizza una vasta documentazione diplomatica italiana d'archivio, la compendia con gli atti parlamentari e la confronta anche con la documentazione diplomatica americana e con la storiografia, al fine di spiegare il modo in cui l'Italia accolse le premesse del <>.

La recensione evidenzia come il libro di Pier Luigi Ballini, "Debito pubblico e politica estera all'inizio del'900", sia riuscito a mettere meritoriamente in risalto quanto le esigenze della politica finanziaria abbiano contribuito allo sviluppo della politica estera italiana durante l'età giolittiana.

Il saggio analizza la posizione assunta dalla diplomazia italiana nei confronti dell'imperialismo economico americano di inizio Novecento, specie quando questo si indirizzò sull'Africa e il Mediterraneo.

il volume analizza la politica estera svolta dall'amministrazione americana di William H. Taft tra il 1909 e il 1913, politica che è stata comunemente definita nella storiografia come <>. Tale analisi è svolta dall'autore utilizzando una vasta documentazione d'archivio italiana. Quindi, la <> è piu che altro studiata attraverso l'immagine che se ne fecero i diplomatici e gli osservatori italiani. Il volume si focalizza su tutte le diverse questioni di politica estera affrontate dall'amministrazione Taft nei quattro angoli del pianeta: Caraibi; Sud America; Asia; Mediterraneo. Esso spiega che i diplomatici italiani ebbero un approccio complesso alla <>: alcuni la giudicarono solo un espediente escogitato dall'amministrazione Taft per difendere gli interessi di soggetti economici privati americani impegnati a fare affari all'estero; altri intravidero nella <> il mezzo per fare andare d'accordo le potenze sullo scenario internazionale, dato che la politica estera di Taft puntava alla condivisione tra le nazioni dei benefici economici su scala mondiale. Oltre che su una ampia documentazione d'archivio, il volume è redatto anche ricorrendo, da parte dell'autore, all'analisi di un'amplissima bibliografia, degli atti parlamentari italiani, della pubblicistica, delle raccolte documentarie diplomatiche a stampa di Italia, Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna.

L'articolo è una riflessione sulla vastità e l'importanza, ai fini della ricerca storiografica, dei fondi documentari conservati presso l'Archivio storico-diplomatico del Ministero degli Esteri. In particolare, secondo le ricerche svolte dall'autore, quei fondi sono particolarmente interessanti ai fini della ricostruzione della politica estera e interna americana nel quindicennio precedente la Prima guerra mondiale, quando gli Stati Uniti, guidati dai presidenti McKinley, T. Roosevelt e Taft, posero le basi per l'ascesa al loro ruolo di principale potenza mondiale.

L'articolo, sulla scorta di un'ampia documentazione diplomatica d'archivio e una congrua bibliografia, fa un raffronto tra l'imperialismo italiano e quello americano all'inizio del Novecento. Viene comparato l'imperialismo americano della Porta Aperta, basato più che altro sull'espansione delle attività commerciali ed economiche all'estero, con l'imperialismo italiano, ancora invece fondato sull'espansione coloniale su base territoriale. L'autore spiega come i due imperialismi vennero anche a collidere in alcune aree del globo (Mediterraneo; Corno d'Africa).

Il saggio esamina, tramite i documenti d'archivio, le mosse della diplomazia italiana, nel 194-15, in rapporto alla questione se il Paese dovesse intervenire o meno nella Grande Guerra.