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Cette contribution souhaite susciter une réflexion sur le rôle de la stratification sociale des communautés italiques protohistoriques, à travers la lecture du mobilier funéraire et des associations entre éléments d’importation et éléments de tradition locale. Qu’on la considère comme le résultat des réseaux commerciaux ou des mariages exogamiques, la mobilité révèle la circulation entre groupes culturels différents, en produisant des transferts matériels et immatériels qui impliquent des processus d’intégration, d’acculturation et d’assimilation. Au Ve siècle av. J.-C., Felsina offre un terrain d’étude optimal pour ce type d’enquête. La recherche est centrée sur les objets laténiens de la nécropole Arnoaldi de Bologne et sur leur intégration dans le mobilier funéraire, en particulier leur rapport avec les importations attiques. The Etruscans of Felsina, between Athens and La Tène. This research project aims to examine the impact of the arrival of Celts in Northern Italy and to understand the modalities of their integration through the analysis of funerary assemblages. Northern Italy in the fifth century BC constitutes a prime example of this kind of study. The displacement of individuals generates cultural exchanges that reflect complex relationships. Human mobility demonstrates the circulation between different cultural groups, producing intangible transfers that imply a process of integration, acculturation and assimilation. The field of study covers the La Tène metalworks and their integration into the funeral contexts of Arnoaldi necropolis, in order to understand their reception and adoption in local communities.

A little applique of a bearded man stands out among the few bone and ivory objects recovered in the Etruscan necropolises of Bologna between the middle of the 6th century and the first half of the 4th century BC. The applique, which has never been thoroughly studied, was found in the tomb 103 of the De Luca Necropolis, one of the most important burial places at the time. The article focus on this incredible find investigating many related aspects, such as the stylistic and iconographic classification, the chronology, the production centres, its function and its significance in relation to the context.

The genesis and development of the Etruscan city of Felsina (Bologna) are research topics of strategic importance and which are currently being debated. In fact, many basic problems must still be solved: firstly, it is necessary to clarify aspects concerning the Final Bronze Age population of the area near Bologna, which could be responsible for the formation of the later proto-urban center during the Iron Age. Secondly, it is essential to verify the relationship between the future Felsina, whose constitutive process started in the 8th century BC, and the several, more ancient villages, placed few kilometers away. It is through the study of some of these settlements, Caserma Battistini, Villa Cassarini and Fiera, that it could be possible to define their contribution to the poleogenetic process. In particular, this paper focuses on the Fiera village (9th-mid 8th century BC), for which we also know a necropolis separated from the village featuring a defensive system, set on palisade, rampart and moat. Although the study is still preliminary, it has allowed to identify the presence of rectangular and elliptical huts, some fenced areas, two wells and a craft area.

Il contributo si propone di illustrare lo stato delle ricerche in corso da parte della Cattedra di Etruscologia ed Archeologia italica dell'Università di Bologna sulla ritualità funeraria in area etrusco-padana tra tardo-arcaismo ed ellenismo prendendo in considerazione approccio metodologico, risultati raggiunti e prospettive future.

In this work the ancient peoples that partecipated to the foundation of Bologna are studied. In particular, the Etruscans are considered as a confederation of tribes belonging to two distinct lineages descending from Proto-Altaic and Proto-Indo-European peoples. In Bologna territory the members of these lineages were identified as Rasna and Velsna, or, in the dialect of the latter, Ravona and Volvona. Before Etruscans, the territory around Bologna was inhabitated by Proto-Scythians and Proto-Umbrians. The role of all these peoples in the Bologna foundation is then investigated and referred to the archaeological finds discovered in the area.

Il contributo offre un approfondimento sui kibotia lignei con rivestimento di placchette figurate dai contesti funerari bolognesi analizzandone iconografie e ruolo nell'ambito dei rituale locale.

Il contributo rappresenta la definitiva messa a punto in merito all'iconologia del mare nel mondo etrusco, un tema di grande valenza simbolica documentato soprattutto in ambito funerario. La rappresentazione del mare e degli esseri marini pervade l’immaginario funerario degli Etruschi fin dall’VIII-VII sec. a.C. Nell’età delle grandi navigazioni mediterranee e della colonizzazione greca in Occidente, gli Etruschi riconoscono nel mare una sfida, ma anche un pericolo fatale e un limite geografico alla loro conoscenza del mondo. Il mare viene percepito come “spazio del limite”: è Oceano, che circonda gli estremi confini del mondo, separando ciò che è noto e umano da ciò che è “altro”. In quanto liminare, il mare è popolato da esseri dalla doppia natura (aerea e marina), talvolta fantastici, guide nell’attraversamento delle acque oppure minacce funeste per chi varca il limite dei confini della terra. L’attraversamento di questo spazio misterioso e pericoloso è ciò che attende il defunto al momento della sua morte, nel suo viaggio verso l’Aldilà. Egli lo compie a cavallo degli esseri marini, a bordo di una nave (talvolta guidata da Caronte) oppure, metaforicamente, lo compie accompagnato dalle divinità solari (Usil, il Sole e Thesan, l’Aurora) che quotidianamente sorgono dal mare, ne percorrono la superficie e vi si immergono la sera per poi ripetere senza fine questo ciclo, immagine rassicurante di una vita che si dispiega al di là del trauma della morte. A nessuna immagine marina presente in Etruria è estranea la dimensione principale della morte: la trasformazione. L’attraversamento del mare o, ancor più, il tuffo comportano ineluttabilmente una trasformazione che l’iconografia etrusca e il mito evidenziano. Chi si tuffa è già tramutato nella sua essenza. Tuffarsi in mare significa trasformarsi da uomo a delfino nell’atto stesso del tuffo e divenire una creatura capace di sopravvivere nell’aria e nell’acqua, di tuffarsi e di riemergere. Nel mito greco, rielaborato in Etruria sulla fronte del santuario emporico di Pyrgi, a tuffarsi in mare e a riemergerne come divinità sono Ino e Melicerte, trasformati negli dei Leucotea e Palemone, cari a naviganti.

Analisi dei principali aspetti del rituale funerario nella Bologna etrusca di fase Certosa attraverso alcuni corredi significativi.

Il saggio costituisce una sintesi delle più recenti posizioni sull'interpretazione del corpus delle stele felsinee di Bologna, una classe di monumenti eccezionale per coerenza ideologia quanto significativa e peculiare dell'etrusca Bologna. Il testo percorre, attraverso l'analisi dei monumenti, l'orizzonte di una società articolata per genere e per classi, con iconografie che variano per defunti di sesso maschile e femminile, dimensioni e immagini connaturate a stele di minore impegno e dimensioni e dall'altro ad enormi stele decorate su registri facenti capo a personaggi insigni della Felsina del V-IV secolo a.C.

L'intervento si configura come fortemente innovativo nell'ambito degli studi e gravido di un considerevole avanzamento delle conoscenze scientifiche sugli Etruschi di Bologna. Da un lato si percorre la via tradizionale della difficile ricontestualizzazione dei segnacoli felsinei, spesso rinvenuti in giacitura secondaria rispetto al corredo di pertinenza; dall'altro si propone una lettura integrata del corredo e della stele soprattutto in merito alle scelte iconografiche operate dal defunto, con risultati inattesi quanto straordinariamente interessanti.

Il capitolo restituisce un quadro completo e aggiornato dei rapporti tra Veneti e l'Etruria padana in merito ai contatti, agli scambi culturali, alle testimonianze archeologiche

L'intervento tenuto nell'ambito del Convegno organizzato dal Museo Claudio Faina di Orvieto, un appuntamento annuale fondamentale per l'avanzamento della ricerca di ambito etruscologico, mira ad approfondire il tema delle relazioni culturali e della mobilità individuale in Italia settentrionale, valutando nel dettaglio il complesso delle testimonianze archeologiche ed epigrafiche che coinvolgono i popoli antichi stanziati in questa area, con particolare riguardo agli Etruschi, ai Veneti e ai Celti. Al dossier delle testimonianze note, ma complessivamente e criticamente rivisitate, lo studio aggiunge un documento di straordinaria importanza venuto alla luce a seguito di un nuovo restauro: una cista cordonata bronzea utilizzata come cinerario in una tomba etrusca del sepolcreto Battistini di Bologna, datata tra la fine del VI e la metà del V secolo, recante un'iscrizione in lingua venetica riferita al defunto Tigval Bulio, personaggio di alto lignaggio stanziatosi a Felsina dal Veneto.

Il contributo presenta un percorso ermeneutico di analisi dell’iconografia di alcune figure femminili dionisiache e dei contesti archeologici da cui queste immagini provengono che trova un contrappunto in alcuni versi delle Baccanti euripidee. L’identità di queste donne oscilla tra quella delle Ninfe di Nisa e quella delle sorelle di Semele, Ino, Autonoe e Agave. Ne emerge con forza l’attenzione riservata dal ceramografo attico e soprattutto dal fruitore etrusco al tema dell’infanzia di Dioniso e in particolare al ruolo di nutrici svolto da queste donne dopo la nascita del dio dalla coscia di Zeus. Il ruolo di queste nutrici, drammaticamente e liturgicamente inteso, doveva essere centrale all’interno del culto dionisiaco, almeno in Etruria dove molte testimonianze archeologiche ne confermano l’importanza soprattutto tra il 470 e il 400 a.C. Una piccola percentuale di defunte in Etruria si identificano con queste donne a livello funerario e ne condividono il destino di divinizzazione, intrinseco alla natura semidivina nel caso delle Ninfe e simboleggiato dall’offerta compiuta sull’altare insieme a Dioniso, testimoniato dal ciclo decorativo del tempio A di Pyrgi nel caso di Ino/Leucotea. This paper presents an iconographical analysis of some Dionysiac women and the related archaeological contexts. The analysis finds an echo in a few verses of Euripidean Bacchae. The exact identity of these women ranges from that of the Nymphs of Nisa and that of the mythical sisters of Semele (Ino, Autonoe e Agaue). The result is the strong attention, paid by Attic painter and by Etruscan client of Attic vases, to the mythical theme of the infancy of Dionysus and particularly to the role of the nurses, which received the baby after his birth from Zeus’ thigh. Many archaeological documents prove the importance of the dramatic and liturgical role of the nurses in the Dionysiac cult in Etruria between 470 and 400 b.C. Very few of Etruscan women identify with these nurses, as we can observe considering their burial contexts. These women, identified with nurses of Dionysus, share with them a destiny of divinity, as well as divine are the Nymphs. Symbols of the acquired divinity are the scenes of the Nymphs making offerings on an altar together with Dionysus and the decorative cycle of the temple A in Pyrgi with the story of deification of Ino/Leucotea.

In un importante volume in lingua inglese sul mondo degli Etruschi, il capitolo presenta un quadro generale, approfondito ed aggiornato sull'Etruria padana nel quale i singoli centri vengono trattati nella loro specificità archeologica e culturale. Il capitolo rappresenta un'importante novità scientifica ad un livello di comunicazione scientifica internazionale in un ambito, quello dell'etruscologia, solitamente limitato entro i confini nazionali.

Il contributo analizza in maniera completa e accurata il fenomeno delle relazioni culturali e della mobilità individuale in Italia settentrionale, valutando nel dettaglio il complesso delle testimonianze archeologiche ed epigrafiche che coinvolgono i popoli antichi stanziati in questa area, con particolare riguardo agli Etruschi, ai Veneti e ai Celti. Al dossier delle testimonianze note lo studio aggiunge un documento di straordinaria importanza venuto alla luce a seguito di un nuovo restauro: una cista cordonata bronzea utilizzata come cinerario in una tomba etrusca del sepolcreto Battistini di Bologna, datata tra la fine del VI e la metà del V secolo, recante un'iscrizione in lingua venetica riferita al defunto Tigval Bulio, personaggio di alto lignaggio stanziatosi a Felsina dal Veneto.

Il tema dell' "arte come cura" viene affrontato dal punto di vista della concezione della morte espressa dagli Etruschi su alcuni monumenti funerari. Sulle stele felsinee, monumento caratteristico ed esclusivo della Bologna etrusca, viene rappresentato proprio questo momento delicato del passaggio dal mondo dei vivi al mondo dei morti.

Il capitolo costituisce un importante aggiornamento sulla situazione in Etruria padana. L'approccio è di carattere manualistico, come previsto dal volume, ma alla stesso tempo di alto livello scientifico. In particolare l'autore presta grande attenzione a tutte le acquisizioni più recenti relative all'Etruria padana e ai principali centri etruschi di quest'area, che vengono trattati singolarmente nell'ambito del capitolo. Ne deriva il quadro complessivo più dettagliato, preciso e aggiornato al momento disponibile sull'Etruria padana tra villanoviano e IV secolo a.C.

Scheda di sito inserita nel Portale geografico realizzato dal Sistema Informativo Territoriale della Provincia di Modena, c/o Uffico Urbanistica e Cartografia

Scheda di sito inserita nel Portale geografico realizzato dal Sistema Informativo Territoriale della Provincia di Modena, c/o Ufficio Urbanistica e Cartografia

Il breve lavoro costituisce uno specimen della fenomenologia e della variabilità semantica del dionisismo in Etruria padana. Alla luce dei contesti di rinvenimento, in particolare di contesti tombali pertinenti alle necropoli di Felsina e Spina, viene messa in luce l'ampia gamma di possibilità di autorappresentazione offerte al defunto dall'iconografia dionisiaca e, in senso lato, dalla religione di Dioniso. Tra le scelte possibili svolge un ruolo primario la determinazione sessuale del defunto, con iconografie e corredi diversi per defunti di sesso maschile o femminile; il desiderio, più o meno presente a livello personale, di esprimere il proprio ruolo all'interno della società e al mondo della politica oppure l'appartenenza ad un gruppo religioso anche attraverso spazi riservati all'interno della necropoli; oppure ancora l'adesione ad una religione di stampo misterico e soteriologico nel segno di Dioniso.

Descrizione sintetica del piccolo sepolcreto etrusco della Galassina di Castelvetro (MO), dei corredi tombali e dei materiali ivi rinvenuti.

La presentazione a questo volume si configura in realtà come un'ampia panoramica del popolamento etrusco da Bologna e Castelvetro (MO) tra l'età orientalizzante e l'età felsinea.

Scheda sintetica relativa ad una sepoltura isolata rinvenuta nel corso di lavori pubblici a poca distanza dal sepolcreto della Galassina di Castelvetro (MO).

Il contributo costituisce una relazione preliminare sullo studio del sepolcreto etrusco della Galassina di Castelvetro (Modena). Si tratta di una piccola necropoli comprendente 37 sepolture datate al Villanoviano IV e soprattutto al pieno V secolo, momento per il quale sono documentate le tombe più ricche e importanti. L'orizzonte culturale nel quale si inseriscono queste deposizioni, sia per l'ideologia e i costumi funerari che esse esprimono, sia per la provenienza dei materiali più importanti deposti all'interno dei corredi, è in tutto e per tutto quello della Felsina all'apice del suo splendore. Se ne deriva che il centro etrusco di Castelvetro era probabilmente parte integrante della chora di Felsina, direttamente sottoposto al controllo di questa metropolis e funzionale alle comunicazioni del centro verso il territorio occidentale dell'Etruria padana e verso i popoli confinanti.

Il capitolo delinea la nascita della scrittura in Etruria padana attraverso la documentazione archeologica più antica, dai contrassegni alfabetici e dalla più antica iscrizione rinvenuta nel deposito di San Francesco all'utilizzo della scrittura in una forma già complessa sulla cosiddetta anforetta Melenzani.

Gli scavi e le ricerche condotte nel territorio bolognese orientale tra la fine degli anni novanta del secolo scorso e la prima decade di quello attuale hanno permesso di definire, con più precisione, le dinamiche di occupazione territoriale durante la prima età del Ferro, soprattutto per quanto riguarda le sue fasi avanzate e tarde (VIII – prima metà VI sec. a.C.). Vengono illustrati nello specifico i siti di Orto Granara, nel comune di Castel S. Pietro Terme e, nel territorio comunale di Imola, quelli di Pontesanto e di Ca’ Borghese. Tali siti, costituiti da nuclei insediativi di piccole dimensioni con i relativi sepolcreti, dipendevano dal centro protourbano di Bologna ed erano funzionali al suo controllo del territorio. A conclusione dell’articolo viene infine presentato il sito del Fossatone di Medicina in cui, su di un precedente insediamento villanoviano, si insedia una comunità riferibile invece ad un orizzonte archeologico nuovo, ovvero alla facies italico-romagnola. Ciò sottintende una profonda riorganizzazione della pianura orientale bolognese tra fine VII e prima metà VI sec. a.C.