Il contributo intende fornire una riflessione sullo stato dell'arte della conservazione delle architetture storiche in terra cruda attraverso la rilettura critica dei documenti e delle raccomandazioni scaturite dagli incontri internazionali di studio sull'argomento promossi dall'ICOMOS e da altri organismi internazionali (ICCROM, CRA-Terre, GCI) a partire dal 1972 fino ad oggi. Dall'analisi degli atti delle varie conferenze internazionali (Yazd 1972 e 1976, Santa Fé 1977, Ankara 1980, Lima 1983, Roma 1987, Silves 1993, Torquay 2000, Yazd 2003) emerge, infatti, un notevole approfondimento conoscitivo condotto sul patrimonio in terra cruda negli ultimi decenni; a tali acquisizioni, tuttavia, non sembra corrispondere una vera e propria evoluzione della riflessione teorica sull'argomento, tanto che la prassi operativa degli interventi sul crudo oggi sembra allineata più sulle posizioni del recupero/ripristino che su quelle del restauro/ conservazione. Come è stato da taluni evidenziato (Galdieri 1996), infatti, nel campo della conservazione materiale dei manufatti architettonici in terra cruda nella loro "totale integrità materica" la ricerca è ancora indietro, mentre appare evidente che lo studio delle tecniche costruttive del passato, avviato e condotto efficacemente nell'ultimo trentennio, ha comportato una sempre più frequente riproposizione degli antichi magisteri costruttivi, in un'ottica di "riattualizzazione" che poco sembra aver a che fare con la conservazione del patrimonio culturale nella sua autenticità, in vista della sua trasmissione al futuro. Ripercorrendo le tappe di questo processo conoscitivo, attraverso la lettura di tali documenti appare evidente che la grande fiducia espressa inizialmente (1972, 1976, 1977) nelle possibilità offerte dalla ricerca tecnico-scientifica per la conservazione della terra cruda - sia per quanto riguarda i trattamenti chimici per le superfici che il consolidamento strutturale - è andata progressivamente diminuendo, parallelamente al procedere dello studio delle tecniche costruttive, in favore di un atteggiamento apparentemente più 'prudente' ma in realtà decisamente retrospettivo (incoraggiamento ad usare metodi e materiali tradizionali). Tali orientamenti, basati probabilmente su considerazioni di compatibilità e di utilizzazione nota, hanno comportato nella realtà operativa esiti di ripristino tipologico e tecnologico, inaccettabili dal punto di vista della conservazione. Ripercorrere le tappe di questo processo può costituire un'occasione per la riflessione teorica sui principi fondamentali della conservazione, a cui la cultura italiana ha contribuito in maniera determinante, ma anche per orientare gli interventi sulle architetture storiche in terra cruda in una direzione più strettamente conservativa ed attenta all'autenticità dei manufatti. A tale scopo si ritiene che la ricerca tecnico-scientifica possa offrire un contributo fondamentale, in particolare con la sperimentazione di materiali consolidanti e protettivi tali da evitare la sostituzione delle finiture originarie, come pure di terre stabilizzate da usare nelle reintegrazioni che siano comunque riconoscibili.