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Fil: Cavagnaro, Nahuel. Universidad Nacional de La Plata. Facultad de Humanidades y Ciencias de la Educación; Argentina.

Between 7 and 16 July 1647 a popular revolt, led by a young fishmonger, Masaniello, shook the city of Naples. The killing of Masaniello, however, did not lead to the end of the riots. On the contrary, the revolt involved the entire kingdom of Naples, radicalized in an anti-Spanish sense and resulted in the proclamation of the Republic and the call of a French prince, the Duke of Guisa. On these events, and especially on the fracture that permanently opposed people and nobles, historiography has long debated. It is possible, however, today, also on the basis of new archival documents, to propose a different interpretation of the events, which integrates the two moments and allows an updated reading of the revolt/revolution in Naples. Entre el 7 y el 16 de julio de 1647 una revuelta popular, dirigida por un joven pescadero, Masaniello, sacudió la ciudad de Nápoles. El asesinato de Masaniello, sin embargo, no condujo al fin de los disturbios. Por el contrario, la revuelta involucró a todo el reino de Nápoles, se radicalizó en un sentido antiespañol y culminó en la proclamación de la República y la llamada de un príncipe francés, el duque de Guisa. Sobre estos eventos, y especialmente sobre la fractura que se oponía permanentemente al pueblo y a los nobles, la historiografía ha debatido durante mucho tiempo. Sin embargo, hoy en día es posible, también sobre la base de nuevos documentos de archivo, proponer una interpretación diferente de los acontecimientos, que integra los dos momentos y permite una lectura actualizada de la revuelta/revolución de Nápoles.

This article seeks to ground the study of the origins of the mafia in the context of nineteenth-century Italian politics. The approach taken is to link changes in discourse with the processes by which criminal figures were identified, controlled, classified, represented and (eventually) made part of folklore. Such an approach involves linking the literary imagination of the nineteenth century with political context and with the theory and practice of the criminal justice system as they combined to define crime in public discourse.

The Author focuses on literary construction of Mafia's Myth; from the Spanish origin in Cervantes to the "setta" of Beati Paoli and the Invention of Tradition of Cosa Nostra in 20th Century. The article demonstrates that reality and fiction are part of a unique strategy of social construction of Consensus and Legitimacy., L'articolo si concentra sulla costruzione narrativa del fenomeno mafioso a partire dai primi anni del'Unità d'Italia e sul nesso tra tradizione spagnola delle sette e sue traduzioni italiane. L'autore ripercorre, con esempi inediti, il nesso tra rappresentazione dei miti mafiosi - tra questi quello della setta dei Beati Paoli - e il modificarsi del fenomeno mafioso e delle sue manifestazioni, fino al mito moderno dell'onore in "Cosa Nostra" e alle forme di consenso e legittimazione ad esso connesse.

L’analisi che si presenta ha come obiettivo primario quello di mettere in relazione elementi solo apparentemente differenti come la “realtà statutaria” che riguarda i feudi considerati, l’articolazione insediativa e quella giurisdizionale, la definizione dei diritti di proprietà e possesso e le pratiche di utilizzo delle risorse e di proporne una lettura organica e integrata, in grado di fornire un apporto originale allo stato delle conoscenze attuali. Il primo capitolo contiene un esame degli statuti relativi all'area geografica considerata. Alla definizione di questo particolare corpus di documenti, segue una sintetica rassegna critica sulle interpretazioni che ne sono state date dalla metà dell'Ottocento ad oggi, con particolare riferimento al loro utilizzo come fonte per studiare i diritti collettivi. Dopo un inquadramento generale sulla realtà statutaria ligure, è presentata un'analisi degli statuti dei feudi imperiali d'Oltregiogo volta ad approfondire in particolare il tema dello sfruttamento delle risorse. Come si evince dalla comparazione dei testi, emerge una certa originalità in relazione alle norme poste a tutela dei beni campestri, che si rivelano, in effetti, quelle che presentano maggiori elementi specifici delle singole realtà locali; tuttavia si può affermare che esista una certa somiglianza fra i documenti analizzati, dovuta con ogni probabilità anche al fatto che nei feudi considerati si praticava prevalentemente un'agricoltura di sussistenza dai caratteri fortemente simili, e che tutti sorgevano in importanti zone di transito e di commercio assai prossime a Genova. Da un punto di vista di “politica legislativa”, emerge nel Settecento la volontà dei feudatari di raccogliere le norme esistenti nei propri dominii feudali entro un unico testo con l'obiettivo precipuo di uniformare e riformare le redazioni statutarie preesistenti. Il diritto diventa in questo modo anche uno dei principali mezzi attraverso cui i Signori tentano nel corso del Settecento di omogeneizzare il territorio dei propri feudi: il riferimento è – oltre agli statuti veri e propri - anche a una serie di interventi “legislativi” volti a disciplinare le forme del possesso fra cui, in particolare, quelle redazioni scritte delle “Consuetudini enfiteutico feudali” cui si è già fatto cenno che si registrano contemporaneamente in quasi tutte le realtà analizzate. Sembra, infatti, che attraverso l'operazione di raccogliere e far circolare questi documenti, i feudatari intendessero aumentare il controllo reale sui beni immobili: si tratta di testi che vanno letti anche in relazione agli abusi che si susseguivano da anni, ad esempio riguardo beni irregolarmente ceduti a sudditi di altre giurisdizioni, e che vanno messi in relazione con la volontà di rendere più efficiente la gestione economico-fiscale dei feudi61. Il fatto che la produzione legislativa in questa area geografica subisca un certo incremento dopo le paci di Utrecht e Rastadt può non essere casuale: la riaffermazione del potere imperiale in Italia al termine della guerra di successione spagnola coincide, infatti, con una fase durante la quale l'Impero, anche attraverso la Plenipotenza (suo organo rappresentativo con un nuovo ruolo nella penisola), cerca di limitare i privilegi dei feudatari: la vivacità di tale produzione in questo periodo può a ragione essere reputata una strategia mirata dei feudatari che, sentendosi violati nei loro antichi diritti, intendono difendersi. Il secondo capitolo[...]

RésuméCet article propose une discussion sur trois publications récentes et importantes consacrées à la Révolution française: le livre de Timothy Tackett,The Coming of the Terror in the French Revolution, celui de Jonathan Israel,Revolutionary Ideas: An Intellectual History of the French Revolution from the Rights of Man to Robespierreet, enfin, celui de Haim Burstin,Révolutionnaires. Pour une anthropologie politique de la Révolution française. Ces ouvrages se caractérisent notamment par un retour bienvenu à des interprétations générales renouvelées par de nouvelles approches théoriques. Le processus révolutionnaire est donc envisagé sous de multiples points de vue: le premier se fonde sur le courant historiographique connu sous le nom de « nouvelle histoire des émotions » pour expliquer l’obsession de la conspiration et, donc, la Terreur; le deuxième propose une utilisation nouvelle de l’histoire traditionnelle des idées, considérée comme capable d’expliquer les prétendus « faits concrets »; le troisième envisage l’expérience révolutionnaire selon une perspective inspirée par l’anthropologie en établissant une typologie afin de la caractériser. Cependant, tous sont unis par leur résistance à analyser la structure politique en tant que telle, c’est-à-dire à étudier comment fonctionnaient concrètement les institutions politiques pendant la Révolution.

Through questions such as ‘What is power?’, ‘How are revolutions generated?’, ‘Does public opinion really exist?’, ‘What does terrorism mean?’ and ‘When are generations created?’, Words in Time scrutinizes the fundamental concepts by which we confer meaning to the historical and social world and what they actually signify, analysing their formation and use in modern thought within both history and the social sciences. In this volume, Francesco Benigno examines the origins and development of the words we use, critiquing the ways in which they have traditionally been employed in historical thinking and examining their potential usefulness today. Rather than being a general inventory or a specialized dictionary, this book analyses a selection of words particularly relevant not only in the idiom and jargon of the social sciences and history, but also in the discourse of ordinary people. Exploring new trends in the historical field of reflection and representing a call for a new, more conscious, historical approach to the social world, this is valuable reading for all students of historical theory and method.

I Ragguagli di Parnaso di Traiano Boccalini si inseriscono in un motivo tradizionale, sviluppato dalla cultura rinascimentale, quello del viaggio a Parnaso, tematizzato dal lavoro di Cesare Caporali, pubblicato nel 1582. Il saggio intende mostrare la novità dell’approccio dei testo boccaliniani e per farlo utlizza l’intero corpus dei Ragguagli, esemplificato dall’edizione compendiata di Francesco Prati, pubblicato appena dopo la morte dell’autore, a Venezia, nel 1619. Taluni di questi testi non sono di mano di Boccalini ma appartengono alla sua cerchia ed esprimono perciò nitidamente (e più chiramente dei Ragguagli pubblicati in vita da Boccalini stesso) i valori che essa condivideva. Quello che emerge è il carattere radicale e innovatore di questi testi, reso possibile dall’escamotage di un mondo ultraterreno che è una sorta di mondo parallelo di quello reale e in cui, pur nell’apparente annullamento del tempo, si riscontrano gli stessi problemi. Questa natura essenzialmente politica dei Ragguagli non deve naturalmente spingere a ridurre questi testi, dotati di una raffinata strumentazione allegorica, a dei meri strumenti di battaglia ideologica. Los Ragguagli di Parnaso de Traiano Boccalini se insertan en un tema tradicional, desarrollado en la cultura del Renacimiento, el del viaje al Parnaso, fijado en el trabajo de Cesare Caporali, publicado en 1582. Este ensayo quiere mostrar la novedad del enfoque de Boccalini y por hacerlo utiliza el completo corpus de los Ragguagli, ejemplificado por la edición-compendio de Francesco Prati, impresa poco años después de la muerte del autor, en Venecia en 1619. Algunos de estos textos no son, pues, de la mano de Boccalini, pero pertenecen a su círculo, y expresan por esto quizá más claramente (y más que los Ragguagli impresos en vida por Boccalini mismo) los valores que este cenáculo compartía. Lo que emerge es el carácter radical e innovador de estos textos, permitido por el escamotage de un mundo fantástico que es una especie de universo paralelo de la realidad y en el cual, pese a la aparente cancelación del tiempo, se encuentran los mismos problemas. Esta naturaleza esencialmente política de los Ragguagli no debe llegar hasta al punto de reducir estos textos, dotados de una refinada instrumentación alegórica, a meros instrumentos de lucha ideológica. Les Ragguagli di Parnaso de Traiano Boccalini participent d’un thème traditionnel à la Renaissance, celui du voyage au Parnasse, tel que Cesare Caporali en fixe l’image dans son œuvre de 1582. Dans cette étude, nous voudrions montrer le caractère novateur de Traiano Boccalini et, pour ce faire, nous utilisons le corpus complet des Ragguagli publiés à Venise, en 1619, par Francesco Prati après la mort de l’auteur. Certains de ces textes ne sont pas, à proprement parler, de Boccalini, mais de la plume de membres de son cercle et expriment, peut-être plus clairement que les Ragguagli imprimés de son vivant par Boccalini lui-même, les valeurs partagées par le cénacle. La chose qui immédiatement attire l’attention est le caractère radical et novateur de ces textes, en cela qu’ils escamotent un monde fantastique, qui est une sorte d’univers parallèle à la réalité où – en dépit d’un temps atemporel – les mêmes problèmes émergent. La nature foncièrement politique des Ragguagli ne doit pas, néanmoins, réduire ces textes d’une grande richesse allégorique à de simples instruments de la lutte idéologique.

This essay investigates the significance that historical repetition had for people living during the French Revolution. The aim is to assess to what extent the idea that events might repeat themselves in the future influenced the historical actors of the time. After a brief analysis of the two main models used to understand historical repetition, those of Chateaubriand and Marx, and a critical review of how historical repetition has been treated in the historiographical literature, we discuss the sociological category of the self- fulfilling prophecy as a tool to understand the arguments put forward by historical actors. From an analysis of the debates on the likelihood of past events repeating themselves, which took place at crucial times during the French revolutionary process, we reach the conclusion that what these instances are not self-fulfilling prophecies. We show how these arguments may be viewed as attempts to assess the probability of a given event, but also as performative tools capable of influencing the outcome of a situation and in some way, unexpectedly, «constructing» it. We conclude that the concept of historical repetition had a much greater bearing on the French Revolution than it has so far been supposed.

Ce travail entend proposer une nouvelle réflexion sur les « classes dangereuses », concentrée sur l’étude des origines historiques de la camorra napolitaine, phénomène de criminalité organisée parmi les plus importants à l’échelle mondiale. Dans la Naples des Bourbons, l’expression camorristi renvoie à des sujets sociaux marginaux, des malfaiteurs vivant de l’extorsion exercée dans les bagnes, les tripots et les maisons à femmes. Au cours des turbulents jours de l’unification italienne, on commence à les imaginer comme membres d’une secte légendaire, toute-puissante et influente, la camorra, une société secrète réglée, avec une hiérarchie, des coutumes et son propre argot, qui s’étendrait à la société tout entière. L’article analyse les raisons de cette transformation, étudiant les sources (essentiellement littéraires) et les dynamiques (essentiellement politiques), montrant ainsi les processus de criminalisation et de folklorisation qui marquent une transformation discursive très importante pour l’imaginaire collectif italienne jusqu’à nos jours.

Agostino Bistarelli nel suo volume Gli esuli del Risorgimento sviluppa il suo discorso sull’esilio con riferimento essenzialmente alla generazione emigrata a seguito dei fatti del 1821. Il testo di Bistarelli e una ricostruzione attenta e molto puntuale che racconta non solo le esperienze politiche ma anche quelle personali della prima ondata di esuli italiani, seguendone le vicende nei vari paesi dove si stabilirono. Attraverso questo racconto emergono elementi che consentono di porre questioni fondamentali sulle radici dell’impegno profuso dagli esuli per la causa italiana e sulla natura del nesso tra lotte per la liberta e patriottismo.

This article is an investigation of a category that hal longly influenced the social sciences as well as the historiography. It tries to make the history of the emergence and the use of the idea of generation amongst authors like Lucien Febvre, Karl Mannheim, Ortega y Gasset and Pierre Nora but is not only an exercise of history of a concept, on the mood of the Koselleck very well known Lexicon: it would be an attempt to test the euristic capacity of the generation idea, that is to say as a tool able to product scientific results. In this sense its aim is to show how this category lives not only in the scientific field but also in the public arena, not only as a rationale discourse but also in a mythic fashion. It tries to test in which sense and within which limits it is today workable.

Foreign visitors to Naples in the 18th Century gave accounts of a certain kind of destitute homeless population termed as «lazzari». Originally portrayed as the unruly and dangerous scum of the city’s lowlife, the lazzari undergo a transformation and are subsequently viewed as the prototype for a particular Mediterranean identity: folk who get along with little yet get the best out of life. In reviewing the various changes of outlook that in time led to the crystallisation of the «lazzaro» stereotype, the author attempts to demonstrate how the lazzari or lazzaroni cannot be taken as representing a specific social class that was twice seen to play a political role (in 1647-48 and in 1789), but are rather an expression of a political tradition that is responsible for a number of «social» arguments and representations that finally end up creating representations and «social» subjects.[...]