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Journals “In Full View”: on the Relation Ship between Form and Content This paper is a tribute to Cosimo Palagiano's efforts to enable the publication of two journals of geography “geografia” and “semestrale di studi e ricerche di geografia”. The author analyzes if and how scientific journals are functional in assessing the quality of research. The author specifically expresses his concern that the search for uniformity and fair judgment could lead to a supremacy of four over content. Les Revues les plus “vues”: autour du rapport entre forme et substance L'Auteur veut reconnaître publiquement le rôle joué M. Cosimo Palagiano avec son engagement dans la publication de deux revues scientifiques de géographie: «Geografia» et «Il semestrale di studi e ricerche di geografia». De plus, l'Auteur se demande si, et comment, les revues scientifiques se placent dans l'évaluation de la qualité de la recherche. Il exprime même une préoccupation: la recherche de l'uniformité et d'un jugement équitable à la fois porrait bien entraîner la suprématie de la forme sur les contenus., Semestrale di studi e ricerche di geografia, N. 1 (2013): VALORI NATURALI, DIMENSIONI CULTURALI, PERCORSI DI RICERCA GEOGRAFICA a cura di Emanuele Paratore e Riccardo Morri

Gli Autori presentano una breve panoramica della struttura e consistenza della biblioteca della Commissione Grotte della Società Alpina delle Giulie, formata da circa un migliaio di monografie, quasi 500 periodici, manuali, guide, atti di convegni ecc. A questa fanno seguire le linee guida sugli sviluppi futuri della stessa, con particolare riguardo alle possibilità fornite dall’informatica. The authors present an overview of the structure of the library of the CGEB (Società Alpina delle Giulie), formed nearly a thousand monographs, 500 between periodicals, manuals, guides, conference proceedings, etc. Follow the guide lines on future developments of the same library, with particular regard to the possibilities provided by information technology.

Analizzando la trascrizione dei dialoghi fra regista e attori durante le prove de La congiura di Prosperi (1960), il saggio individua le caratteristiche dell'attore/interprete perseguito da Squarzina. Questi non è uno specialista della parola, ma un organismo pensante che reagisce alle parole: sia a quelle drammatiche, scritte dall'autore, che a quelle che il regista pronuncia interagendo con l'interpretazione del personaggio. Il luogo in cui la parte viene progressivamente scoperta e definita è quello delle prove in scena, nel corso delle quali il pensiero in azione dell'attore dialoga con il pensiero critico del regista, che, specularmente, non ha per oggetto esclusivo la comprensione analitica del testo ma le risultanti empiriche e culturali che si sviluppano da due lavori concomitanti: il proprio e quello dell'interprete. Il saggio esamina inoltre come la contrapposizione fra Squarzina e Vilar (demiurgico cultore delle prove a tavolino), e l'eclissi della pagina scritta a tutto favore della «pagina-scena» contengano cariche di senso ancora inesplorate e più che mai attuali. La mobilitazione diretta degli attori, che interagiscono col regista interpretando all'impronta il suo linguaggio e il testo, è infatti un antidoto permanente ad una debolezza altrettanto permanente della regia critica. Mi riferisco, citando Meldolesi, a «l'aver programmaticamente separato l'ambito della professionalità da quello delle idee».

Si propone una lettura critica di due romanzi di Luigi Rapuzzi, pubblicati tra 1952 e 1955 in "Urania" sotto lo pseudonimo di L. R. Johannis e accomunati da una medesima, peculiare cornice narrativa - C'era una volta un pianeta... ("Urania" n. 41, 20 aprile '54) e Quando ero “aborigeno” (n. 110, 22 dicembre '55). Le due opere, ambientate in un remoto passato, in cui il sistema solare acquisì l'assetto che conosciamo e l'uomo stesso trovò la propria origine, si distinguono per la particolare accuratezza nella costruzione di una finzione di verisimiglianza, ottenuta dall'autore implicito (che scrive in un lontanissimo futuro rispetto al presente del lettore) mediante la citazione di fonti fittizie come i microfilms dell'archivio dell'immaginario pianeta Arg-1. L'inserzione di note e appendici esplicative, frammenti di memorie, mappe, spiegazioni, descrizioni tecniche e storiche, trova la sua motivazione profonda nell'afflato argomentativo e a tratti pedagogico da cui dipendono i principali punti di forza e di debolezza della narrazione: una finzione di verisimiglianza estremamente riuscita e del tutto originale, ma non accompagnata dalla presenza di protagonisti in grado di catalizzare l'attenzione del lettore, le cui vicende singolari risultino narrativamente coinvolgenti (come si potrà dimostrare anche avvelondosi del confronto con altre prove dello stesso autore). All'anima saggistica della scrittura manca in buona misura il contraltare di un'affabulazione altrettanto forte, anche considerando la sede editoriale e dunque il pubblico ideale che queste opere potevano aspirare a conquistare. A Rapuzzi va riconosciuto il merito di una scrittura efficace e di una scelta tematica decisamente originale, tanto da fondare, in Italia, il filone della fantascienza cosiddetta archeologica, ambientata tra le civiltà scomparse e nelle epoche più remote della Terra.

importanza delle riviste d'arte per la storia del dibattito storico- artistico e critico tra XIX e XX secolo

Tra il 16 e il 18 maggio 2013, presso il Dipartimento di economia e dell’impresa dell’Università degli studi della Tuscia (Viterbo), si è tenuto il convegno Una “nuova” storia contemporanea? Le riviste digitali e lo studio del passato. La redazione di “E-Review” ha chiesto a due relatori un resoconto dell’evento, domandando loro quale impatto stia avendo il diffondersi di esperienze digitali sull’uso pubblico della storia.

Referees: i nomi di coloro che hanno contribuito al processo di peer review sono inseriti nell’elenco, costantemente aggiornato, leggibile all’indirizzo: http://www.rmojs.unina.it/index.php/rm/about/displayMembership/4. I pareri dei referees sono archiviati sul sito., Reti Medievali Rivista, Vol 13, N° 2 (2012)

Referees: i nomi di coloro che hanno contribuito al processo di peer review sono inseriti nell’elenco, costantemente aggiornato, leggibile all’indirizzo: http://www.rmojs.unina.it/index.php/rm/about/displayMembership/4. I pareri dei referees sono archiviati sul sito., Reti Medievali Rivista, Vol 13, N° 1 (2012)

Reti Medievali Rivista, Vol 7, N° 1 (2006)

Reti Medievali Rivista, Vol 9 (2008)

Nella Russia zarista, a partire dalla fine del diciannovesimo secolo, si assistette al crescere e al diffondersi di un energico movimento di rinnovamento artistico guidato da un gruppo di persone che si riconoscevano nella corrente simbolista nata in Europa occidentale, dando così vita a quella stagione culturale russa conosciuta come ‘Età d'argento’. Gli intellettuali, i letterati e gli artisti che si riconoscevano in questo nuovo indirizzo si batterono per un’arte nuova, libera sia dai lacci di un accademismo stanco e stagnante su modelli ormai superati, sia da un realismo troppo ‘volgare’ e materialista. In letteratura e in poesia questo rinnovamento si delineò secondo due direttrici ben definite, l’uno di stampo internazionale (Sologub, Dobroljubov, Brjusov, Balmont e Belyj), l’altro di tendenza più filosofico-mistica e religiosa che si riallacciava con vigore alla tradizione nazionale (Lermontov, Tjutcev, Baratynskij, Fet, Merezkovskij, Gippius e Rozanov). Questa divisione interna del movimento simbolista nel campo delle lettere, si ebbe anche nelle arti figurative. Se gli artisti simbolisti, infatti, fecero fronte comune nel rifiutare da una parte gli esempi provenienti dal classicismo ufficiale e, dall’altra, quelli legati alla corrente realista guidata dai Vagabondi (gruppo di artisti fautori di un verismo pittorico che tendeva attraverso una resa fedele della realtà a ‘monumentalizzare’ la vita dei poveri e dei contadini), diverse furono le proposte adottate per promuovere la nuova arte. Artisti come Aleksandr Benua (1870-1960), Lev Bakst (1866-1924) e Konstantin Somov (1869-1939) fecero propri alcuni modelli provenienti dall’estero, mentre altri, tra i quali Ivan Bilibin (1876-1942), Elena Dmitrievna Polenova (1850-1898) e Marjia Vasil'evna Iakunchikova (1870-1902), si impegnarono in un’opera di rinnovamento interno, volto a reinterpretare alcuni temi provenienti al folclore locale. Tutti comunque scelsero la via della della resa sintetica dell’immagine investita di un alto valore evocativo, simbolico appunto. Tali intenti trovarono nel campo delle arti grafiche un terreno privilegiato di espressione, tanto che gli stessi artisti sopra citati si cimentarono tutti in questo settore. Così, infatti, scrisse in proposito Sergej Makowskij (1877-1960), uno dei primi critici del simbolismo russo: «Lasciando alla pittura e alle altre arti ‘maggiori” la realtà di questo mondo, l’espressione delle forme, il colore reale, il chiaroscuro del rilievo e l’illusione della prospettiva, quest’arte grafica tiene per sé solo ciò che le spetta di diritto: ombre, margini, la delicata raffinatezza di contorni che non si incontrano in natura, motivi colorati e la sagoma nera della silhouette. In questo mondo spettrale, la grafica regna sovrana» (S. Makowskij, Sovrennana russkaja grafika, 1917). Luogo d’incontro fra critici, letterati, poeti e artisti di entrambi i due filoni del simbolismo russo furono le riviste artistico-letterarie più importanti dell’epoca come, ad esempio, «Mir Iskusstva» (“Il Mondo dell’Arte”, Pietroburgo novembre 1898 - dicembre 1904), «Vesy» (“Bilancia”, Mosca gennaio 1904 - dicembre 1909) e «Zolotoe Runo» (“Il Vello doro”, Mosca gennaio 1906 - dicembre 1909).

Caratterizzazione dell'attività di ricerca promossa dai "Quaderni di Filologia Romanza" (Università di Bologna) con riferimento ai 21 numeri sinora pubblicati.

Il saggio analizza il modo in cui un periodico di ampia divulgazione fornisce, alla giovane Italia, informazioni sui musei, sui suoi allestimenti, il suo pubblico ed i suoi materiali tra il 1875 e la fine del XIX secolo.

Il contributo analizza la vicenda di una rivista "periferica" di antropologia criminale, "l'Anomalo", fondata e diretta a Napoli dal medico legale molisano Angelo Zuccarelli. Nel lavoro si cerca di analizzare la specificità della pubblicazione e il suo rapporto con i più importanti centri di diffusione della dottrina della scuola positiva di diritto penale nel corso del XIX secolo.

Il contributo ricostruisce i momenti più importanti della storia delle riviste dantesche in Italia e all’estero, a partire dalla fondazione nel 1867 del «Jahrbuch der Deutschen Dante-Gesellschaft» (poi diventato «Deutsches Dante-Jahrbuch») e dell’«Annual Report of The Dante Society of America» (poi diventato «Dante Studies»), nel 1882 negli Stati Uniti. Le più antiche riviste dantesche italiane furono «L’Alighieri», nata nel 1889, e il «Bullettino della Società Dantesca Italiana» nel 1890. Delle singole riviste si indicano i caratteri principali e si ripercorrono le vicende scientifiche ed editoriali. Particolare attenzione è riservata alle vicende che portarono alla fondazione di «Studi Danteschi» da parte di Michele Barbi nel 1920 e ai rapporti della rivista con la Società Dantesca Italiana, che soppresse nel 1923 il proprio «Bullettino». Infine si traccia un quadro della situazione attuale, con presentazioni delle riviste dantesche oggi attive in Italia e all’estero.

Si analizza la presenza dell'Antichità e del tardoantico nelle riviste italiane di storia generale negli ultimi decenni

Recensione a Storia dell'informazione letteraria in Italia dalla terza pagina a Internet. 1925-2009 di Gian Franco Ferretti e Stefano Guerriero (Feltrinelli, 2010). La recensione riassume a grandi linee la struttura del volume e i molti percorsi di lettura possibili, mette in luce la particolarità dell'oggetto di studio e i punti di maggiore originalità della ricerca. L'informazione letteraria rappresenta il momento cruciale di mediazione tra produzione testuale ed editoriale da una parte e pubblico e mercato dall'altra, e comprende un insieme di pratiche variegato, affrontato dagli autori esaustivamente: spazi dedicati ai libri su quotidiani e riviste, all'interno di programmi radiofonici e televisivi, senza tralasciare premi e festival e senza temere di misurarsi con le nuove modalità offerte da Internet.

Seguendo la ricca documentazione della pubblicistica periodica compendiata ed esposta da Eugenio Garin nell’opera che con modestia volle intitolare "Cronache di filosofia italiana", la relazione esamina le riviste di cultura del primo Novecento, cercando in primo luogo di cogliere i tempi e i modi in cui si affermarono i principali indirizzi filosofici del tempo, dal positivismo al neoidealismo, dal modernismo cattolico al pragmatismo. Sempre privilegiando il laboratorio di idee delle riviste se ne ricostruisce in secondo luogo la dialettica delle idee, costituita dai dibattiti e dalle polemicihe intercorsi, seguendo la mappatura di Garin che, con l’approccio analitico dei suo metodo storiografico, offre interpretazioni acute e originali non solo delle riviste di più riconosciuta autorevolezza («La critica», «Leonardo», «Il Regno»), ma anche di quelle più umbratili, come «Nova et vetera».

Il «Caffè» è un capitolo fondamentale del Settecento italiano ed è l’esempio per eccellenza di rivista, da cui tutte le successive non possono prescindere. Il «Caffè» (1764-1766), fondato da Pietro Verri, si ispirò al modello della «buona compagnia» di ispirazione repubblicana e democratica, sull’esempio dell’antica repubblica di Roma. La rivista si strutturò come una piccola repubblica di intellettuali (un esempio concreto e virtuoso di «repubblica delle lettere») e dedicò al tema della repubblica e del buon governo numerosi saggi. Gli autori del «Caffè» furono testimoni partecipi del passaggio dall’Antico Regime alle rivoluzioni repubblicane della fine del ’700.

La nascita dell'Istituto superiore di scienze sociali nella stampa quotidiana e periodica. Reazioni, boicottaggi, stoppature, sostegno. I giornali di partito, i grandi quotidiani nazionali, i periodici d'intrattenimento prendono posizione sulla nuova facoltà di sociologia di Trento.

Lo studio affronta la fortuna dei macchiaioli nelle pagine della più importante rivista d'arte del Nocevento, restituendo la sensibilità dell'ambiente storico artistico italiano alla fortuna visiva e collezionistica del movimento.

Si ricostruiscono le vicende e le ragioni per cui il primo periodico della psicologia italiana, la "Rivista di psicologia applicarta alla pedagogia e alla psicopedagogia", nacque a Bologna nel 1905.

Si ricostruiscono i caratteri delle riviste emiliane e romagnole di cultura durante il fascismo, tenendo in controluce le leggi restrittive sulla stampa. I periodici esaminati sono, tra gli altri, "L'Italiano", «L’Assalto», «Vita Nova», «Il Corriere Padano», «L'Orto», «Mutina», «La Gazzetta dell’Emilia», «Milizia», la «Piê», «Il Rubicone», «Architrave».

Le riviste di ragioneria vengono indagate nel lungo periodo come veicoli di diffusione dei saperi professionali e di costruzione dell'opinione pubblica specializzata. in particolare, l'esame degli articoli e dei collaboratori delle principali riviste di ragioneria di dimensione nazionale rivela il precoce inserimento dei ragionieri italiani nei circuiti internazionali dei saperi contabili nonchè l'ottica pratica e multidisciplinare

Aver archiviato con i più aggiornati sistemi digitali le “parole” e le “immagini” della rivista d’arte tra le più importanti e di lunga vita del XX secolo, ha permesso di offrire agli studiosi del settore una piattaforma di informazioni articolata e capace di restituire la struttura editoriale del periodico bergamasco. Nella serialità di certe rubriche, nella divisione in livelli di approfondimento di alcuni temi, nel rapporto sempre attento tra testo e illustrazione, si ripercorrono i criteri della moderna estetica figurativa del Novecento. Il saggio presenta il “cantiere Emporium” sottolineando come un semplice sistema digitale consenta oggi di “sfogliare” integralmente le pagine della rivista, offrendo una capillare classificazione iconografica delle referenze illustrative in grado di recuperare i numerosi soggetti e tematicità indipendentemente dal legame con l’articolo che le contengono

Il mito di una « nuova Italia », di origine risorgimentale, viene riproposto, da letterati, giornalisti, professori d’università, e politici, a partire dalla sconfitta di Adua, nel 1896. Contemporaneamente, in quello stesso tornante, si manifesta una diffusa polemica a carattere antiparlamentaristico, che, avviata nel decennio precedente, si prolunga, rivelandosi in realtà critica dell’istituzione parlamentare tout court : il « discorso del bivacco » di Mussolini, appena insignito del ruolo di presidente del Consiglio, alla Camera sbigottita e passiva, ne è in realtà l’esito sul lungo periodo. Il timore della massa si identifica peraltro nell’odio verso le sue organizzazioni politiche ed economiche; antisocialismo e antidemocrazia finiscono per prendere lo spazio prima occupato dal « socialismo dei professori » e all’« andata verso il popolo » si sostituisce gradatamente un orientamento filoborghese, tendenzialmente nazionalistico e imperialistico. L’egemonia della dirigenza socialista, attraverso un cospicuo numero di letterati, scienziati, artisti, viene rovesciata in quella del gruppetto di intellettuali capeggiati da Enrico Corradini, un letterato che proprio con Adua scopre la propria vocazione politica. Questo passaggio dalla letteratura alla politica avviene sotto il segno complessivo di un nuovo protagonismo dei « chierici », che si manifesta in primo luogo attraverso la riviste di cultura militante, prima di tutto fiorentine (dal Marzocco alla Voce). La seminagione nazionalista, antidemocratica e antisocialista, giungerà a picchi estremi con la Guerra di Libia, e, soprattutto, con la Grande Guerra, alla cui preparazione culturale e ideologica gli intellettuali forniranno un sostegno decisivo. Il dopoguerra raccoglierà i frutti velenosi di quella semina d’odio, tramutandolo in violenza fisica, contro i neutralisti, i pacifisti, che ora diventano i « vigliacchi» e i « rinunciatari ». Il fascismo bussa alle porte, e gli intellettuali, ancor prima di farsi artefici di consenso durante il regime mussoliniano, ne preparano l’avvento. Le mythe d’une « nouvelle Italie », d’origine « risorgimentale », est réélaboré par des hommes de lettres, des journalistes, des professeurs d’université et des hommes politiques, au moment de la défaite d’Adua, en 1896. À partir de ce tournant, se développe la polémique à caractère antiparlementaire, qui s’avère être une critique de l’institution parlementaire tout court : le « discorso del bivacco » de Mussolini, qui venait d’être intronisé président du Conseil, prononcé devant une Chambre stupéfaite et passive, en représente en réalité l’issue, sur la longue durée. La crainte de la masse s’identifie par ailleurs à la haine envers ses organisations politiques et économiques : antisocialisme et antidémocratie finissent par s’emparer de l’espace occupé précédemment par le « socialisme des professeurs », et à la « marche vers le peuple » se substitue peu à peu une orientation favorable à la bourgeoisie, de tendance nationaliste et impérialiste. L’hégémonie du groupe dirigeant socialiste est remplacée par celle du petit groupe d’intellectuels mené par Enrico Corradini, un homme de lettres qui a découvert à Adua sa vocation politique. Ce passage de la littérature à la politique advient sous le signe d’un nouveau protagonisme des « clercs », qui se manifeste en premier lieu à travers des revues culturelles, en particulier florentines (de Il Marzocco à La Voce). Les germes nationalistes, antidémocratiques et antisocialistes écloront avec la guerre de Libye, et surtout avec la Grande Guerre, que les intellectuels contribueront de façon décisive à préparer du point de vue culturel et idéologique. L’après-guerre recueillera les fruits venimeux de cette haine, en la transformant en violence physique contre les partisans de la neutralité, les pacifistes, qui deviendront alors les « lâches », les « défaitistes ». Le fascisme est désormais aux portes, et les intellectuels, avant même de contribuer à son renforcement durant le régime mussolinien, en préparent l’avènement.