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Tra le virosi ittiche, le infezioni da Rhabdovirus sono quelle a maggior impatto socio-economico. Ad oggi, sono state descritte più di 14 specie di Rhabdovirus che colpiscono sia specie ittiche d’acqua marina che dulciacquicole. Nell’ambito della famiglia Rhabdoviridae sono riconosciuti 11 generi, 3 dei quali (Novirhabdovirus, Perhabdovirus e Vesiculovirus) causano infezioni globalmente distribuite. Le specie responsabili di grandi epizoozie appartengono al genere Novirhabdovirus e Vesiculovirus; al primo sono ascrivibili il virus della setticemia emorragica virale (VHSV) e della necrosi ematopoietica infettiva (IHNV), mentre al genere Vesiculovirus appartiene il virus della viremia primaverile della carpa (SVCV). Il genere Perhabdovirus include 3 specie: Perch Rhabdovirus (PRV), Anguilla Rhabdovirus (AngRV) and Sea trout Rhabdovirus (STRV) con caratteristiche morfologiche e organizzazione genomica simile al genere Vesiculovirus. PRV è stato descritto per la prima volta in Francia, nel 1980, da soggetti adulti che mostravano atassia natatoria e sintomatologia nervosa; successivamente, episodi di mortalità causati da PRV sono stati riportati sia in allevamenti in Nord-Europa, sia occasionalmente in soggetti in ambiente naturale. Benché negli ultimi anni il numero di casi di PRV riportati nella popolazione di percidi sia in aumento, dati bibliografici riguardanti la diversità, lo spettro d’ospite e la distribuzione geografica di questo virus sono tutt’ora insufficienti. Nel presente lavoro viene descritto il primo focolaio in Italia di PRV, registrato in un allevamento in Emilia Romagna in giovanili di Perca fluviatilis di 30 giorni di età. Al momento dell’immissione nelle vasche la temperatura dell’acqua era di 20°C; i soggetti mostravano sintomatologia nervosa, con nuoto circolare o caratterizzato da scatti incontrollati, associata a gravi difficoltà respiratorie. La patologia era caratterizzata da un decorso acuto ad esito fatale, con mortalità cumulativa del 95% nell’arco di 1 settimana. Su un pool di 30 avannotti sono stati condotti l’esame batteriologico e parassitologico secondo metodiche e procedure di laboratorio standard. Per l’esame virologico, sono stati omogeneizzati pool di giovanili e inoculati in piastre 24 pozzetti su monostrati cellulari EPC e BF2. L’esame batteriologico ha permesso di isolare Aeromonas hydrophila, mentre l’esame parassitologico non ha messo in evidenza parassiti responsabili di malattia. Contestualmente, le indagini virologiche hanno mostrato la presenza di effetto citopatico su entrambi i tipi cellulari al secondo passaggio. Avanzato il sospetto diagnostico di PRV, è stata allestita una RT-PCR ad hoc, utilizzando primer che amplificano un frammento di 399 bp del gene L, disegnati sulla base di sequenze precedentemente depositate da Betts et al. (2003); sia l’omogenato di organi che il surnatante delle colture cellulari hanno mostrato una banda attesa confermando l’infezione da PRV. In assenza di piani di sorveglianza o di monitoraggio, il tasso di prevalenza e l’incidenza annuale di infezione sostenute da PRV restano ampiamente sconosciuti. Gli approfondimenti molecolari sul caso descritto sono tutt’ora in corso ma, da una prima analisi di sequenza effettuata sul gene L, il ceppo di PRV isolato presenta una similarità del 95% con l’isolato ka706_Finlandia_2002_KC 408701, indicando che l’infezione potrebbe essere molto più diffusa in Europa rispetto a quanto suggerisce il numero limitato di isolamenti registrati. Tale lavoro rappresenta la prima segnalazione in Italia di PRV, ma la distribuzione dell’infezione sul territorio nazionale risulta probabilmente sottostimata. Anche i dati sulla patogenicità del PRV restano insufficienti; tuttavia, diversi lavori fanno ipotizzare che il virus potrebbe rappresentare una seria minaccia sia per gli allevamenti ittici, sia per gli stock di popolazione di percidi selvatici. Pertanto, l’inserimento di PRV nei protocolli diagnostici routinari e un monitoraggio costante della malattia, favorirebbe l’acquisizione di dati e la valutazione reale dell’impatto di PRV sul territorio nazionale.

Infezioni da microsporidi, parassiti microscopici endocellulari attualmente ascritti al regno dei Funghi, sono state descritte negli ultimi decenni in numerose specie ittiche selvatiche ed allevate, talvolta con risvolti importanti sullo stato sanitario dell’ospite. Recentemente è stata descritta in Spagna in orate (Sparus aurata) d’allevamento una grave forma di sindrome emaciativa causata dal microsporidio Enterospora nucleophila della famiglia Enterocytozoonidae. In dicembre 2013 si è avuta occasione di osservare un episodio di questa sindrome in una partita di orate allevate in gabbia in Italia. I pesci mostravano letargia, anoressia, perdita di peso fino a cachessia e mortalità a stillicidio. Venti esemplari di orata (peso medio 32 g) sono stati sottoposti ad esame necroscopico e parassitologico completo. Porzioni di intestino sono state fissate in formalina tamponata al 10% per l’esame istopatologico; le sezioni sono state colorate con Ematossilina-Eosina e con la colorazione Luna. L’intestino è stato inoltre sottoposto ad indagine molecolare mediante amplificazione di un frammento del 18S rDNA seguita da sequenziamento. All’esame necroscopico i pesci presentavano emaciazione, lesioni erosive a carico della cute e delle pinne, necrosi branchiale e cheratite. La parte posteriore dell’intestino si presentava moderatamente dilatata con presenza di frammenti biancastri. L’esame parassitologico a fresco ha evidenziato, oltre a monogenei branchiali ed a mixosporidi nella vescica biliare sempre a bassa intensità d’infezione, la presenza di cluster costituiti da piccolissime spore riferibili a microsporidi sia nel contenuto che nello spessore della parete intestinale. L’esame istopatologico ha evidenziato atrofia della mucosa intestinale con appiattimento dell’epitelio. A livello di lamina propria e sottomucosa si è osservata una lieve enterite con infiltrazione multifocale di mastociti e linfociti, accompagnata da moderata iperplasia della mucosa. Negli enterociti, il nucleo e/o il citoplasma presentavano cluster di spore di microsporidi, particolarmente evidenti con la colorazione Luna. L’analisi delle sequenze ottenute ha permesso di ascrivere i microsporidi riscontrati alla specie Enterospora nucleophila (99,9% identità). Negli ultimi anni le microsporidiosi hanno assunto un ruolo importante tra le problematiche sanitarie che possono avere un impatto negativo sulla salute e sulla produttività dei pesci d’allevamento, anche a causa della mancanza di trattamenti efficaci e/o autorizzati. Questa nuova sindrome emaciativa dell’orata sostenuta dal microsporidio E. nucleophila, a localizzazione intracitoplasmatica e intranucleare, potrebbe rappresentare una patologia emergente per la maricoltura mediterranea e necessita di studi approfonditi in termini di biologia, epidemiologia e patogenesi. Inoltre, nel caso oggetto di studio, le lesioni osservate a livello della mucosa intestinale potrebbero essere interpretate come lesioni croniche correlate non solo alla presenza del parassita, ma anche ad altri fattori concomitanti che possono aver contribuito allo sviluppo della malattia.

Cystidicola farionis is a nematode frequently reported in swimbladder of several species of wild salmonids from USA and Europe, and recently described in Italy. The life cycle is heteroxenous and involves as intermediate hosts several species of gammarid crustaceans widespread in the freshwater aquatic environment. After the previous report in salmonids (Salmo trutta fario and Oncorhynchus mykiss) from the wild in the northern part of Adige River (Bolzano province), the infestation seems to progressively widen its geographical area. During an ongoing parasitological survey on salmonids, high prevalence (P%) and mean intensity (MI) values of infestation have been recorded in wild salmonids (P% range 28.6-70%; MI range: 4.5-100) and in farmed rainbow trouts (P% range: 37.5-100%; MI range: 4.5-12.5) in northern Italy, expanding to different regions (Veneto and Friuli Venezia-Giulia). The pathogenicity and the impact of C. farionis on health of affected fish is still debated among the scientific community. Anyway in this study some gross lesions in heavily affected fish have been observed, such as a catarrhal-hemorrhagic inflammation of highly infected swimbladder, more severe in juvenile wild brown trout (S. trutta fario). Furthermore, although C. farionis has been generally detected at low intensity in farmed trout, it could affect productivity and quality of fish products and so has to be considered a potential health risk for national aquaculture. Although the authors in past surveys already alerted on the possible C. farionis switching from wild to farmed salmonids and vice versa, no preventive strategies to avoid the expanding of C. farionis geographic range have been adopted. Further studies are urgent to map the actual distribution of cystidicolosis in Italian salmonid populations and to apply appropriate containment measures useful to avoid its further spread.

L’epidemiologia delle zoonosi parassitarie di origine ittica ha subito importanti cambiamenti negli ultimi anni a livello mondiale. Sebbene in alcune aree geografiche la loro prevalenza sia diminuita fortemente a seguito di fattori quali lo sviluppo socio-economico, l’urbanizzazione, l’applicazione di procedure di ispezione degli alimenti e di sanitizzazione degli scarichi fognari, le campagne di educazione sanitaria ed il crescente utilizzo di fertilizzanti chimici, in altre si continua a registrare la persistenza o addirittura l’emergenza o ri-emergenza di alcune zoonosi parassitarie di origine ittica. In Italia in particolare si è assistito alla recente emergenza di casi umani di Opistorchiasi da Opisthorchis felineus e ad una recrudescenza della Difillobotriasi sostenuta dal cestode Diphyllobothrium latum. La persistenza di quest’ultima zoonosi indica come nel nostro paese sussistano le condizioni utili al mantenimento del ciclo biologico di D. latum, individuabili soprattutto nella mancata applicazione di idonei mezzi di trattamento dei reflui fognari, visto che l’uomo ne rappresenta l’ospite definitivo elettivo. Le abitudini alimentari che comprendono il consumo di prodotti ittici dulciacquicoli crudi o poco cotti, marinati o affumicati a freddo, rappresentano il fattore di rischio primario nella trasmissione di questi parassiti zoonosici all’uomo. Nell’ambito di un progetto di ricerca corrente inerente l’epidemiologia della Difillobotriasi in Italia, si è condotto uno studio volto a definire i valori di prevalenza ed intensità d’infestazione delle larve plerocercoidi di D. latum in pesci persico pescati durante il biennio 2010-2011 in quattro zone diverse del Lago di Como (Lecco, Bellagio, Laglio e Menaggio). Nel corso dello studio si sono condotte inoltre osservazioni volte a mettere in evidenza la distribuzione delle larve plerocercoidi nei filetti di pesce persico (Perca fluviatilis). La ricerca delle larve plerocercoidi nel muscolo è stata condotta mediante esame visivo diretto e tramite transilluminatore. Sono stati esaminati in totale 390 pesci persico, 42 soggetti pescati presso Lecco, 183 presso Bellagio, 24 presso Laglio e 141 presso Menaggio. Le prevalenze per larve plerocercoidi di D. latum sono state: 14,29% a Lecco, 35,52%, a Bellagio, 20,83% a Laglio e 25,53% a Menaggio. Nei 112 soggetti positivi sono state riscontrate in totale 164 larve plerocercoidi. L’intensità di infestazione è variata da 1 a 4 larve/ospite, con un’intensità media pari a 1,46. Andando a valutare la distribuzione delle larve nel filetto, si è osservato come il numero presente nel filetto di destra fosse pressoché sovrapponibile a quello delle larve localizzate nel filetto di sinistra (85 vs 79). Per quanto concerne invece il numero di larve presenti nelle porzioni dorsali rispetto a quelle ventrali, si è osservata una differenza notevole (144 vs 20). Considerando la distribuzione delle larve nelle porzioni anteriori e posteriori della muscolatura epiassiale, si è rilevato come il numero fosse sensibilmente maggiore nella porzione anteriore (90 vs 54). Nella muscolatura ipoassiale non si sono osservate differenze di rilievo tra il numero di larve localizzate nelle porzioni anteriori e quelle rinvenute nelle porzioni posteriori, anche se il rapporto è risultato essere inverso (7 vs 13) rispetto a quanto rilevato nel filetto dorsale. Questi dati confermano che nel pesce persico la migrazione dei parassiti avverrebbe soprattutto a livello del primo tratto intestinale, con successivo sviluppo e localizzazione delle larve plerocercoidi laddove le masse muscolari sono particolarmente sviluppate (porzioni anteriori della muscolatura epiassiale), con maggiore possibilità di successo di trasmissione a seguito del consumo di filetti di pesce persico crudi o poco cotti.

Ampiamente riconosciuto nel passato come agente patogeno di crostacei, molluschi ed elasmobranchi, Vibrio harveyi (sin. V. carchariae e V. trachuri) negli ultimi anni è stato riportato come agente di malattia in pesci marini d’allevamento in diversi areali geografici, compreso il bacino del Mediterraneo. Nel corso del 2011 sono stati osservati, in spigole (Dicentrarchus labrax) di peso compreso tra 155 e 230 g allevate in un impianto intensivo a terra, ripetuti episodi di malattia caratterizzati da anoressia, dimagrimento ed atassia natatoria, con mortalità a stillicidio protrattasi da maggio ad ottobre. Su 8 lotti pervenuti in laboratorio venivano effettuati esami necroscopici, parassitologici e RT-PCR per ricerca di Betanodavirus secondo procedure di laboratorio standard. Per quanto concerne l’esame batteriologico, semine da cervello e rene venivano condotte su terreni di primo isolamento, quali Agar Sangue (AS) e Trypticase Soy Agar (TSA)+ 1,5% NaCl, e su terreni semi-selettivi quali Tiosulphate-Citrate-Bile Salts-sucrose Agar (TCBS) ed incubate a 25°C ±1. Porzioni di branchie, cervello e organi viscerali venivano inoltre fissati in formalina tamponata al 10% per l’esame istologico. All’esame necroscopico si poteva osservare accentuato dimagrimento, cheratite monolaterale, splenomegalia e congestione cerebrale di lieve o moderata entità. L’esame parassitologico ha messo in evidenza, con prevalenze ed intensità variabili ma mai tali da poter essere posti in relazione al determinismo degli episodi morbosi, la presenza di Trichodina sp., Amyloodinium ocellatum, Diplectanum aequans e Sphaerospora dicentrarchi. Tutti i campioni sono risultati negativi per Betanodavirus. L’esame batteriologico ha permesso di isolare da tutti i soggetti di 4 dei lotti esaminati Vibrio harveyi in quantità significativa dal cervello. Gli isolati sono stati identificati su base feno-genotipica. Gli esami istologici hanno evidenziato costantemente grave malattia branchiale con teleangectasie, emorragie ed edema in presenza di parassiti e batteri. Focolai necrotici con aggregati di batteri venivano osservati in fegato e milza e, in alcuni soggetti, nel cuore. Nel rene si rilevava glomerulonefrosi, ectasia dei tubuli, iperemia interstiziale e necrosi focale. La muscolatura scheletrica presentava degenerazione ialina. A livello cerebrale venivano evidenziati accentuata congestione, emorragie, microgliosi e necrosi focale in associazione a presenza di batteri. In alcuni casi era presente anche congestione dei vasi meningei e dei plessi coroidei, con infiltrazione melanomacrofagica. Nel dicembre 2011 si è avuta occasione di osservare un episodio morboso in spigole (peso medio 85 g) allevate in un altro impianto intensivo a terra, con lesioni erosive a livello di cute e pinne, cheratite monolaterale, lieve splenomegalia e mortalità a stillicidio; in alcuni soggetti si evidenziava congestione cerebrale. Da due dei tre lotti esaminati si è isolato V. harveyi in quantità significativa dal cervello. La semina di raschiati cutanei su Flexibacter Maritimus Medium (FMM) ha permesso di isolare Tenacibaculum maritimum. Alla luce degli episodi qui riportati, V. harveyi potrebbe rappresentare un patogeno emergente per la maricoltura nazionale. Ricerche volte a delucidarne i meccanismi patogenetici ed i determinanti di virulenza, che sembrano essere ceppo-dipendenti, nonché i fattori ambientali e gestionali che possono condizionarne l’emergenza in allevamento appaiono quindi necessarie.

AIM. Clinostomum is a Digenetic Trematode living at the adult stage in the oral cavity, pharynx or oesophagus of fish-eating birds, reptiles and occasionally mammals, including man and recognize as second intermediate host many fish species. Metacercariae of the genus Clinostomum have been described from a variety of American anurans and urodeles. We report the first record of Clinostomum complanatum in European Amphibians, with the finding of metacercariae in Italian crested newt (Triturus carnifex) and smooth newt (Lissotriton vulgaris). MATERIALS AND METHODS. From October 2010 to March 2012, eighteen Italian crested newts (4 metamorphic males, 4 metamorphic females, 2 paedomorphic females and 8 larvae) and four smooth newts (1 paedomorphic male, 3 paedomorphic females) with evident yellow grub cysts were observed in an artificial pond in the protected area A.N.P.I.L. “Podere la Querciola” (Sesto Fiorentino, Tuscany, 43.824703N, 11.173299E). The infected newts were anesthetized with tricaine methanesulphonate (MS222). The cysts were incised with a scalpel and the metacercariae removed and fixed in 90% ethanol. The newts were rinsed with freshwater until recovery and then a small amount of ciprofloxacin ophthalmic ointment was placed on the wounds. The metacercariae were subjected to morphological and molecular identification amplifying the ITS rDNA region and the COI mtDNA genes (Caffara M et al., 2011, J Parasitol, 97: 884-891) RESULTS. A total of 35 cysts were collected, 30 from the Italian crested newts and 5 from smooth newts. In L. vulgaris all the cyst (5) were in the head, while in T. carnifex the cysts were recovered from different part of the body as head (14), snout (6), throat (4), mouth (5) and tail (1). The morphological observations carried out on 11 metacercariae allowed to refer them to Clinostomum complanatum (Digenea: Clinostomidae). The analysis of the sequences of both genes ITS rDNA and COI mtDNA showed 99.9-100% identity with this species. CONCLUSIONS. The taxonomy of the genus Clinostomum is still confused and should be addressed, in order to avoid misidentification, by combining the morphological and the molecular approach. The presence of Clinostomum spp. in Amphibia has been recorded in North America and Mexico since many years (McAllister CT et al, 1990, J Helminth Soc Wash, 57: 69-71; Miller DL et al, 2004, J Helmith, 78: 373-376; McAllister CT et al, 2007, Texas J Sci, 59: 321-326; McAllister CT et al, 2010, Comp Parasitol, 77: 25-30; Cabrera-Guzman E et al, 2010, J Parasitol, 96: 736-739) where the species described so far are C. marginatum, C. attenuatum and C. complanatum, even if most of the works do not include detailed morphological and/or molecular descriptions. Concerning our specimens the morphological characters clearly allowed to refer the parasites to the species C. complanatum, data supported by the molecular analysis. This is the first record of C. complanatum in European newts and, more in general, in amphibians from Europe. Further analyses are required in order to establish the impact of this parasite on wild populations of European newts.

Introduction: Enteric parasites affecting farmed gilthead sea bream (GSB) have become a serious threat for Mediterranean aquaculture in the last few years; among these parasites Enteromyxum leei, Enterospora nucleophila and Cryptosporidium molnari are undoubtedly the most concerning ones. While the enteric myxozoan E. leei has been broadly studied, the available data on the occurrence of E. nucleophila and C. molnari infections are still scarce. Aim of this work was to improve the knowledge about these latter two parasites in Mediterranean aquaculture by carrying out an epidemiological survey in GSB farmed in Italy and Croatia. Methodology: 308 GSB of which 40 from an Italian hatchery, 174 from three cage farms located in Italy and 94 GSB from one cage farm located in Croatia were tested with qPCR and PCR to assess the presence of E. nucleophila and C. molnari. Histology was also performed on infected GSB. Results: All the examined farms tested positive for both parasites: 60% of the fish examined from hatchery were positive for E. nucleophila, while 22.5% resulted positive for C. molnari. Concerning caged fish, E. nucleophila was found in 63.2% of the GSB coming from Italian farms and in 45.7% of fish from Croatia. C. molnari was detected in 3.4% of Italian GSB and in 2.1% of the Croatian ones. Histological lesions were consistent with those already reported in literature for these enteric parasitic infections. Conclusion: This study showed a diffuse presence and a high prevalence of E. nucleophila in Italian and Croatian farmed GSB. Although at lower prevalence, also C. molnari showed to occur in farmed GSB, especially in hatchery and juveniles. Thus, further investigations are required to establish their epidemiology, transmission routes and pathogenic role in farmed GSB along its production cycle in order to assess and manage the risks arousing from these emerging enteric parasites.

According to EFSA Scientific Opinion on risk assessment of parasites in fishery products issued in 2010, all wild fish should be considered at risk of containing any viable zoonotic parasites if eaten raw or almost raw, pointing out the need to carry out epidemiological surveys on presence/diffusion of zoonotic parasites in all fishery grounds. With this regard, in the framework of a research project (RF-2010-2311360) financed by the Italian Ministry of Health, a parasitological survey aimed at assessing qualitative and quantitative data on zoonotic helminths in commercially important fish caught in lakes (Maggiore, Como, Iseo, Garda) from northern Italy has been carried out from March 2013 to December 2014. Concerning Diphyllobothriid plerocercoids, abdominal cavity and fillets of 2216 fish (1820 perch, 172 shad, 104 whitefish, 92 burbot and 28 pike) were examined by visual inspection. Diphyllobothrium latum plerocercoids were found in perch (Maggiore 6.6%; Como 25.4%; Iseo 7.8%), pike (Maggiore 100%; Como 84.2%; Iseo 71.4%) and burbot (Como 3.6%; Iseo 3.8%), while shad and whitefish were negative. All the fish from Garda Lake were negative. Moreover, 239 cyprinids were analyzed for Opisthorchis felineus metacercariae by microscopical examination of compressed/digested muscular tissue. All the cyprinids were negative for O. felineus, while metacercariae of the Opisthorchiid Pseudamphistomum truncatum were detected in 2 tench and 1 rud from Como Lake. These data confirm D. latum as the most important fish-borne zoonotic helminth in the areas under study and identify the consumption of raw perch (“perch carpaccio”) as the main source of infection.

Background Among ocular vector-borne pathogens, Onchocerca volvulus, the agent of the so-called “river blindness”, affects about 37 million people globally. Other Onchocerca spp. have been sporadically reported as zoonotic agents. Cases of canine onchocerciasis caused by Onchocerca lupi are on the rise in the United States and Europe. Its zoonotic role has been suspected but only recently ascertained in a single case from Turkey. The present study provides further evidence on the occurrence of O. lupi infesting human eyes in two patients from Turkey (case 1) and Tunisia (case 2). The importance of obtaining a correct sample collection and preparation of nematodes infesting human eyes is highlighted. Methods In both cases the parasites were identified with morpho-anatomical characters at the gross examination, histological analysis and anatomical description and also molecularly in case 1. Results The nematode from the first case was obviously O. lupi based on their morphology at the gross examination, histological analysis and anatomical description. In the second case, although the diagnostic cuticular characters were not completely developed, other features were congruent with the identification of O. lupi. Furthermore, the morphological identification was also molecularly confirmed in the Turkish case. Conclusions The results of this study suggest that O. lupi infestation is not an occasional finding but it should be considered in the differential diagnosis of other zoonotic helminths causing eye infestation in humans (e.g., D. immitis and Dirofilaria repens). Both cases came from areas where no cases of canine onchocerciasis were previously reported in the literature, suggesting that an in depth appraisal of the infestation in canine populations is necessary. Physicians and ophthalmologists are advised on how to preserve nematode samples recovered surgically, to allow a definitive, correct etiological diagnosis.

Nervous Necrosis Virus (NNV) represents one of the most threatening pathogens for Mediterranean aquaculture. Several NNV strains are currently co-circulating in the Mediterranean Basin with a high prevalence of the RGNNV genotype and the RGNNV/SJNNV reassortant strain and a more limited diffusion of the SJNNV genotype and the SJNNV/RGNNV reassortant. In the present study, a one-step multiplex RT-PCR (mRT-PCR) assay was developed as an easy, cost-effective and rapid diagnostic technique to detect RGNNV and the reassortant RGNNV/SJNNV strain and to distinguish them from SJNNV and the reassortant SJNNV/RGNNV strain in a single RT-PCR reaction. A unique amplification profile was obtained for each genotype/reassortant enabling their rapid identification from cell culture lysates or directly from brain tissues of suspected fish. The method’s detection limit varied between 102.3 and 103.4 TCID50 ml-1 depending on viral strains. No cross-reacitivty with viruses and bacteria frequently associated with gilthead seabream, European seabass and marine environment was observed. The mRT-PCR was shown to be an accurate, rapid and affordable method to support traditional diagnostic techniques in the diagnosis of VNN, being able to reduce considerably the time to identify the viral genotype or the involvement of reassortant strains.

INTRODUCTION. Monogeneans of the Family Calceostomatidae Parona & Perugia, 1890 parasitize different species of Sciaenids worldwide: among these, the calceostomatid Ktariella polyorchis Vala & Euzet, 1977 has been described infecting the gills of wild meagre Argyrosomus regius (Asso, 1801) caught off Tunisia and Egypt. The present investigation reports for the first time the occurrence of K. polyorchis in broodstock of A. regius from a Croatian farm. MATERIALS AND METHODS. At the farm, gills samples and skin scrapings were collected from heavily infected fish and preserved in 70% ethanol and 10% buffered formalin. Ethanol-fixed parasites were subjected to morphological analysis following clarification in Amman’s lactophenol. Before clearing the parasites, a section of the body without diagnostic characters was excised with a sterile scalpel and processed for molecular analysis, amplifying and sequencing the complete ITS and partial 28S rDNA. For observation in Scanning Electron Microscopy (SEM), formalin-fixed specimens were dehydrated in a graded ethanol series, critical point dried and sputter coated with gold-palladium. RESULTS AND CONCLUSIONS. Although being reported mainly from the gills, in our samples K. polyorchis were mainly found on the fins and skin, while the gills were infected with another monogenean species, the diplectanid Diplectanum sciaenae Van Beneden & Hesse, 1863; this finding may indicate a possible displacement of K. polyorchis in concurrent heavy infections with D. sciaenae. Originally assigned to the genus Calceostoma Van Beneden, 1958 based on the morphology of the anterior region and of the armature in the haptor, K. polyorchis was subsequently assigned to a separate genus based on the morphology of the male reproductive system. Our study adds further morphological information, providing the first detailed description of the parasite surface by SEM analysis, and the first molecular data, useful in future taxonomical and phylogenetic studies.

The increase of global demand of aquaculture products as compensation for the lowering of fishery sustainability, has shown a parallel awareness by the consumers on the importance of the safety and quality of fish products. Among these, salmon industry has reached a leading position demonstrating the negligible risk of presence of zoonotic helminths such as anisakid nematodes in farmed salmon. Despite the massive production of data in literature on parasitological surveys carried out on fresh salmon, no data are published on processed farmed salmon such as smoked products. In 2016, 270 fillets of smoked farmed Atlantic salmon (Salmo salar) and 13 smoked fillets from wild sockeye salmon (Oncorhynchus nerka) have been analyzed by visual inspection and UV-press method searching for the presence of anisakid nematodes. No parasites were detected in fillets from farmed Atlantic salmon, while 10 out of 13 fillets from wild salmon were positive for Anisakis simplex s.s. larvae. This first survey on the possible presence of anisakid nematodes in processed smoked salmon confirms that this risk in farmed Atlantic salmon products has to be considered negligible.

The broad fish tapeworm Dibothriocephalus latus (syn. Diphyllobothrium latum) is one of the most common causative agents of human diphyllobothriosis, a significant fish-borne parasitic zoonosis. In Europe, the occurrence of D.latus has been repeatedly reported in lakes of the Alps region, the Baltic region, Fennoscandia and Russia. Regular detection of D.latus plerocercoids in fish coming from different subalpine lakes linked with ongoing D.latus infection in humans indicates that Alpine region is a rather specific area from the medical, epidemiological and ecological point of view. Results from the examination of 688 European perch (Perca fluviatilis) from six subalpine lakes in Switzerland, France and northern Italy (Lakes Geneva, Neuchâtel, Biel, Como, Maggiore and Iseo) confirmed the ongoing occurrence of D.latus in the Alps region. The detected prevalence of D.latus in the studied Alpine lakes (2% in Lake Neuchâtel; 37.5% in Lake Biel; 6.4% in Lake Geneva; 22.8% in Lake Iseo [2018]; 12.8% in Lake Iseo [2017]; 15.2% in Lake Como; 16.7% in Lake Maggiore) was compared with previously published data. In addition, the importance of the Alpine lakes region and data on the epidemiology and ecology of D.latus related to subalpine lakes were discussed.