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L’autor de Curial e Güelfa, novel·la de cavalleria humanística escrita a Itàlia pels anys 1445- 1448 en llengua catalana, era coneixedor i estudiós de les Epistolae Familiares de Francesco Petrarca, com ha posat en evidència la crítica literària. Es recullen ací les aportacions al respecte de diferents autors, que són ampliades amb altres connexions intertextuals i temàtiques entre ambdues obres. S’anota, de pas, l’interés que l’humanista llombard Guiniforte Barzizza posà a divulgar l’obra de Petrarca a la cort napolitana d’Alfons el Magnànim (gràcies a l’amistat que mantenia amb alguns cavallers i diplomàtics valencians) com un indicador a tenir en compte a l’hora de contextualitzar correctament —és a dir, en àmbit italià i en contacte amb l’humanisme— la novel·la cavalleresca.

Il contributo fornisce il dettaglio quantitativo di tutte le opere citate negli esempi delle voci del primo "Vocabolario degli Accademici della Crusca" (1612), calcolato sui motori di ricerca resi disponibili on line dall'Accademia. I dati consentono di cogliere le esatte proporzioni, fino a questo momento soltanto intuite, tra i grandi autori trecenteschi e le altre auctoritates chiamate in causa a garantire la "farina" linguistica selezionata dagli accademici. Inoltre l'indagine permette di verificare quanta parte dell'esemplificazione è garantita anche da autori del Duecento e poi dei secoli successivi (XV e XVI), con divisioni anche tra prosa e poesia, per genere letterario, ecc.

L'incunabolo dell'edizione veneziana apparsa nel 1470 delle Rime e dei Trionfi di Petrarca, conservato nella biblioteca Queriniana di Brescia, è un esemplare postillato e interamente ornato da illustrazioni. La fondamentale monografia di Giuseppe Frasso, Giordana Mariani Canova, Ennio Sandal ha attribuito illustrazioni e postille ad Antonio Grifo, che avrebbe atteso al suo manufatto nell'ultimo decennio del secolo. Dopo la ristampa anastatica curata da Pietro Gibellini e Sandal (1995), che hanno preferito parlare di un geniale Dilettante dimostrandosi scettici sull’ipotesi di attribuzione al veneziano Antonio Grifo, si sono avuti alcuni studi di Fabio Cossutta (1998, 2004), Giovanna Zaganelli (2000, 2002), Rosa Brezzani (2010) e Giulia Zava (2016), che hanno considerato le illustrazioni come un vero e proprio commento figurato ancora più interessante delle postille. Qui, con alcuni esempi, si vuole verificare nuovamente la singolare capacità ermeneutica del Dilettante Queriniano.

Il tema dell’erotismo e della sensualità all’interno della tradizione lirica rinascimentale comprende, a ben vedere, un territorio così ampio e sfaccettato che è necessario, in via preliminare, perimetrare con rigore i confini della ricerca. In questo senso andrà subito precisato che i saggi raccolti in questo volume costituiscono un sondaggio – a più voci e da punti di vista tra loro diversi ma, si spera, convergenti – mirato a investigare la presenza del tema nel settore della cosiddetta li...

Polazeći od Stošićeva (1933) opisa rukopisnih kodeksa u knjižnici samostana Sv. Frane u Šibeniku Mate Zorić proučio je ono što je u njima napisano na talijanskom te je rezultate objavio u članku Rukopisi na talijanskom jeziku u knjižnici franjevaca konventualaca u Šibeniku (1967). Među njima posebno je zanimljiv kodeks označen br. 17 i naslovljen Liber sermonum III, napisan u 15. st., jer je u njemu, pored pedeset propovijedi i dvanaest moralnih govora na latinskom, nekoliko talijanskih tekstova među kojima i varijanta Petrarkine pjesme Pace non trovo (br. 134 u izdanjima Kanconijera). Naime, u njoj su neki dijelovi izmijenjeni te je ubačen još jedan stih, što je dovelo i do promjene strukture. Pojedine se riječi razlikuju, a posebno je zanimljiva prisutnost sjevernotalijanskih (mletačkih) elemenata. Uspoređujući ovu varijantu s onom koja se smatra izvornom utvrdit ćemo razlike u jezičnom izričaju te opisati uočene osobitosti, u prvom redu spomenute mletačke elemente. Pri tome ćemo se služiti rukopisnim izdanjima, počevši od autografa, kao i kritičkim izdanjima, nastojeći također ući u trag mogućim predlošcima ove varijante.

Il volume raccoglie sette saggi che attraversano alcuni aspetti della cultura umanistica, fra XV e XVI secolo, seguendo sentieri poco battuti: il petrarchismo latino, la prima ricezione di Lorenzo Valla e le prove più mature del professore bolognese Filippo Beroaldo il Vecchio. Ognuno dei contributi affronta un diverso fenomeno di ricezione e trasmissione culturale di autori antichi e moderni: in alcuni di moderni (Petrarca) riscritti con le parole degli antichi, in altri di autori antichi riscoperti e riproposti grazie alla mediazione dei moderni, come i setti saggi o i simboli pitagorici. Tutto questo in un periodo di transizione in cui la lingua latina non sente più molto salda la sua egemonia in campo culturale.

La carta che reca impresso il sonetto d’inizio delle Rime di Monsignor Pietro Bembo non presenta ormai molto spazio libero: nei secoli e più ancora in anni recenti essa si è via via riempita di fitte annotazioni filologiche, esegetiche e critiche, nelle possibili dimensioni, verticale e orizzontale, della lettura. I fonda-menti di poetica che il testo presuppone, le tessere petrarchesche intarsiate, la qualità e i modi dell’imitatio, sono già stati individuati e illustrati in maniera esau­rie...

L’articolo offre una nuova edizione con commento e traduzione della lettera pseudo petrarchesca a Gian Galeazzo Visconti Clara Vicecomitum, che è trasmessa da quattro manoscritti (uno ora irreperibile) di ambiente cancelleresco visconteo. Un’ampia indagine relativa alle fonti utilizzate e al contesto storico-culturale di cui è emanazione ha permesso di fissarne la datazione attorno al 1386-1387 e di connetterla con l’organico programma di propaganda politica ideato a favore di Gian Galeazzo Visconti dal suo segretario Pasquino Cappelli, che ne risulta essere il probabile autore. Significativo il riconoscimento nella lettera di alcune linee di forza del pensiero politico ‘visconteo’ di Francesco Petrarca, che avranno fortuna durante tutto il dominio del conte di Virtù e che sono sviluppate in particolare nella produzione di Antonio Loschi. The purpose of this study is to establish a new critical edition with commentary and translation of the pseudo-Petrarchan letter to Gian Galeazzo Visconti (inc. Clara Vicecomitum). This letter is transmitted by four manuscripts (one of these now untraceable) originated from the Visconti chancellery. An extensive investigation about the sources and the historical and social background of this letter is conducted: the results illustrate it was written around 1386-1387 and connected to the political propaganda in favor of Gian Galeazzo Visconti organized by his secretary and chancellor Pasquino Cappelli, likely the author of the Clara Vicecomitum himself. Some guide lines of Petrarch’s political and Viscontean thought represented in the letter spread during the supremacy of Gian Galeazzo Visconti and are especially developed by Antonio Loschi.

La produzione di lettere tra XIV e XV secolo in Italia settentrionale è fortemente influenzata dal magistero di Francesco Petrarca. Le sue epistole furono copiate, insieme ad altri testi, in raccolte destinate a costituire modelli per le cancellerie. Nel contempo alcuni intellettuali, che vissero all’ombra di Petrarca, si premurarono di raccogliere in corpora organizzati la propria produzione epistolare, come per esempio Paolo de Bernardo, Giovanni Conversini e Giovanni Dondi dell’Orologio. Nell’articolo si prendono in considerazione in particolare le lettere di Giovanni Manzini, singolare figura di uomo di armi e letterato : le sue lettere, conservate nel ms. Vat. lat. 11507, autografo, sono particolarmente significative non soltanto per le qualità stilistiche, ma anche perché sono specchio fedele delle tensioni politiche e culturali che percorsero la corte dei Visconti alla fine del secolo XIV. Di alcune di queste lettere, indirizzate a Gian Galeazzo Visconti, al cancelliere Pasquino Capelli e ad altri funzionari viscontei, è fornita l’edizione critica. The production of letters in Northern Italy between the XIVth and XVth c. is strongly influenced by Petrarch’s teaching. His letters were copied, together with other texts, into collections which were used as models in chancelleries. Some intellectuals, who lived under the shadow of Petrarch, arranged their own letters in organized collections, such as Paolo de Bernardo, Giovanni Conversini and Giovanni Dondi. This article focuses on the letters of Giovanni Manzini, a man-at-arms who was also a fine scholar. His letter-collection, preserved in the autograph ms. Vat. lat. 11507, is of paramount importance not only for stylistic qualities, but also because it really mirrors the struggle – both political and cultural – inside the Visconti court at the end of the XIVth century. A critical edition of some letters written by Giovanni Manzini, addressed to Gian Galeazzo Visconti, the chancellor Pasquino Capelli and other officials of the Visconti court, is provided here.

none 1 no Il contributo propone un'analisi di alcuni riferimenti ad autori, personaggi e miti della letteratura classica citati nel corpus lirico di Giovanni Boccaccio. In particolare tramite lo studio delle rime XVI, LIV, LXXI è possibile dimostrare una stratigrafia delle letture boccaccesche di autori classici quali Plinio, Marziale e Omero, sedimentatasi in diverse fasi compositive e artistiche dell'autore. La lettura, orientata ad una interazione quanto più verificabile fra dati documentari, ipotesi critiche più aggiornate e rilievi filologici puntuali, permette da un lato di verificare la multiformità dell'ispirazione boccaccesca e dall'altro di intercettare i movimenti di manoscritti, testi e traduttori che animavano gli ambienti culturali trecenteschi di Petrarca e Boccaccio. mixed Niccolò Gensini Niccolò Gensini

Il contributo si propone di analizzare la funzione e il valore del "Bucolicum carmen" petrarchesco come codice letterario latore di verità poetiche vicino a quelle dei Testi Sacri, esaminando anche le particolari tipologie dei supporti materiali del testo.

Recensione del volume indicato, che contiene interessanti spunti sociolinguistici sulla vita della donna in epoca medioevale.

Celem artykułu jest ukazanie, jak Wergiliański mit powrotu Złotego Wieku został wykorzystany w literaturze kręgu medycejskiego dla umocnienia pozycji rodu przejmujących władzę we Florencji bankierów i jak te umiejętnie zaprojektowane działania propagandowe na wieki utrwaliły obraz Florencji jako miejsca narodzin Złotego Wieku kultury renesansowej.Inspiracją artykułu było studium Ernsta Gombricha, Renaissance and Golden Age oraz powstałe również z tej inspiracji prace Alison M. Brown i Donatelli Coppini. Wywód przedstawia, jak idea powrotu Złotego Wieku, zapoczątkowana w pismach Petrarki (T. Momsen), zostaje rozwinięta w latach 50. XV w. Szeroko przeanalizowany pod tym kontem został trzyksiąg elegii Xandra Cristofora Landina, który stworzył wzór poetyckiego przedstawiania okresu dominacji Medicich jako odnowy Złotego Wieku, która dokonała się we Florencji. Przedmiotem artykułu jest enkomiastyczna wersja mitu powracającego Złotego Wieku, najpierw służąca przekonaniu Rzymian do dobrodziejstw pax Augusta i umocnieniu władzy Octaviana Augusta (IV ekloga oraz Eneida Wergiliusza), a następnie w piętnastowiecznej Florencji do utwierdzenia wiodącej roli rodu Medyceuszy w republice. Analiza kompozycji tomu i prezentowanych w nim idei pozwala prześledzić proces zagarniania przez Florentyńczyków rzymskiego augustowskiego mitu i dostosowywania go do potrzeby polityki Medyceuszy, umacniających w ten sposób pozycję rodu oraz samej Florencji jako hegemona politycznego i kulturalnego w Italii. Autorka pokazuje, jak Landino płynnie przechodzi od pierwotnej tematyki miłosnej do enkomiastycznej - dokonuje się tu zmiana adorowanej bohaterki z Xandry na Florencję, która przedstawiona jest jako córka i spadkobierczyni zrujnowanego antycznego Rzymu (idea drugiego Rzymu, a także drugich Aten). W czasie, gdy we Florencji, w kręgu Medicich, rozwijano koncepcję umanesimo civile modelem jest tu Rzym republikański. Z tego względu, jak również z powodu braku rycerskich przodków, których heroiczne czyny legitymizowałyby ich władzę, protoplasta rodu, Cosimo, przedstawiony został jako drugi Cycero, vir togatus, pater patriae, człowiek niosący pokój w miejsce powszechnych wojen wywoływanych przez ościennych książąt. Wyraźne jest tu skontrastowanie dwóch er i modeli władzy: wojowniczym władcom wieku żelaznego przeciwstawiony jest model władzy cywilnej złotej ery pokoju; wywoływanym przez tamtych wojnom - pokój, do jakiego dążą prawdziwi ojcowie ojczyzny; naprzeciw oręża leży bogactwo potrafiące się mu oprzeć; zniszczeniu wojennemu przeciwstawiono wielkie inwestycje budowlane służące dobru publicznemu i zachwycające pięknością. W przeciwieństwie do Hezjodejskiego i Owidiańskiego mitu, w jego wersji enkomiastycznej - złoto nie deprawuje. Powrót Złotego Wieku pokoju i rozkwitu sztuk we Florencji możliwy był dzięki kumulacji pieniądza i władzy w rękach Medyceuszy. Poświęcając dużo miejsca wysławieniu rodzinnego miasta Landino podkreśla też jego długą tradycję kulturalną i literacką, która zapewnia Florencji i dialektowi toskańskiemu czołową pozycję w Italii (te idee rozwija w późniejszych pismach, m.in. w wykładach o poezji Petrarki). Mit florenckiego Złotego Wieku podtrzymywany był w kolejnych wiekach. Największą chyba rolę w upowszechnieniu w Europie przekonania o narodzinach renesansu w medycejskiej Florencji miało dzieło Giorgia Vasariego, który - podobnie jak inni historycy dedykujący swe pisma Medyceuszom - pokazuje początki nowej sztuki ograniczając się omal wyłącznie do Toskanii. Siła propagandy medycejskiej przejawia się jednak i w tym, że oddziałuje ona na nowo formującą się u końca wieku oświecenia naukę o renesansie. Autorka pokazuje, jak mocno dzieła historyczne Voltaire’a, Gibbona czy Roscoe uzależnione są od literatury medycejskiej, powtarzając jej argumenty, sformułowania, metafory. Dzięki tym wszystkim pisarzom humanizm i renesans nazywamy Złotym wiekiem, a jego początków upatrujemy we Florencji, pomijając inne, często starsze ośrodki kształtowania się nowej kultury. The aim of this paper is to expound how the Virgilian myth of the Golden Age was used in the literature of the Medici circle to strengthen the position of this family of bankers who seized power in Florence. It also explains how this skilfully designed propaganda contributed to the long-surviving image of Florence as the place of birth of the Golden Age of the Renaissance culture. The article is informed by Ernst Gombrich’s study Renaissance and the Golden Age as well as texts by Alison M. Brown and Donatella Coppini, also inspired by the same work. The disquisition focuses on the 1450s, when the idea of the return of the Golden Age, a concept that initially occurred in the writings of Petrarch (T. Momsen), was intensively developed. The author thoroughly analysed the three volumes of Xandra, in which Cristoforo Landino created a poetic pattern for depicting the times of the Medici domination as Florence’s revival in the spirit of the Golden Age. The focal point of the paper is the encomiastic version of the myth of the returning Golden Age. Originally aimed at making Romans warm to the benefits of pax Augusta and reinforce Augustus’ power and authority (Virgil’s fourth Eclogue and the Aeneid), in 15th-century Florence it was supposed to consolidate the leading role of the Medici in the Republic. Analysing the composition of the work and the ideas it presents, the author follows lows the Florentines gradually seizing on the Roman Augustan myth and adapting it to the needs of the Medici’s politics, thus contributing to the family’s and the city’s position of the political and cultural hegemonic leader in Italy. The author shows that Landino smoothly changes the character of his verses from romantic to encomiastic by replacing the adored Xandra with Florence, presented as the daughter and heiress of the ruined antique Rome (the idea of the “Second Rome” and also of the “Second Athens”). When the concept of umanesimo civile was being developed in Medici circles in Florence, the reference point for the idea was Rome in the time of the Republic. For this reason, and also because of the lack of knightly predecessors whose heroic deeds would have legitimized the Medici’s power, the progenitor of the family, Cosimo, was portrayed as the second Cicero, vir togatus, pater patriae, the man who brings peace in the place of ubiquitous wars unleashed by the neighbouring Dukes. A series of juxtapositions contrasting two eras and two models of authority emerges from the analysis of the discussed work: to belligerent rulers opposed is the civilised model of authority from the golden era of peace; to the wars triggered by them - the peace sought by the true fathers of the country; arms are collated with riches that can defy them; war damage with huge building investments that served public good and dazzled with beauty. Contrary to Hesiod’s or Ovid’s interpretations, the encomiastic version of this myth does not feature gold as depraving. The return of the Golden Age of peace and the peak development of the arts in Florence was facilitated by the accumulation of money and power in the hands of the Medici. Devoting much space to extolling his family town, Landino emphasises its long cultural and literary tradition, thanks to which Florence and the Tuscan dialect held a leading position in Italy. He elaborates on this idea in his later writings, such as his lectures on Petrarch’s poetry. In several proceeding centuries, this myth of the Florentine Golden Age was maintained. The European success of the belief that the Renaissance emerged in Medici Florence can primarily be ascribed to Giorgio Vasari who, like many other historians, dedicated his writings to the Medici. In his description of the origins of the new art, Vasari confined himself almost exclusively to Tuscany. The power of the Medicean propaganda manifests itself also in its influence on the late Enlightenment studies of the Renaissance. The Author demonstrates that the historical writings of Voltaire, Gibbon and Roscoe were highly dependent on Medicean literature and actually repeated its arguments, phrases and metaphors. All these writers contributed to the fact that we refer to humanism and the Renaissance as the Golden Age and that we seek their origins in Florence, often forgetting that before Florence the new art was formed in other places.

El manuscrito de Paris BNF, lat. 2923 reúne, entre otros textos, el epistolario de Abelardo y Eloísa anotado por Francesco Petrarca. Si bien ha sido objeto de muchos estudios, sobre todo filológicos, nadie ha editado aún todas las notas marginales y, por consiguiente, tampoco ha hecho una exégesis exhaustiva de ellas. En general, y a excepción de los trabajos de Nolhac y Dronke, y algunos párrafos que Mews le dedica al tema, las descripciones y demás menciones que se hicieron al respecto están enmarcadas principalmente en los estudios abelardianos. Es por ello que hemos decidido realizar la primera edición completa de todas las notas marginales de Petrarca a este corpus epistolar en vistas a un posterior análisis hermenéutico. Manuscript Paris Bib. Nat. lat. 2923 contains, among other texts, the letters of Abelard and Heloise, with notes by Francesco Petrarca. Although these texts have been the object of study by many researchers, especially philologists, none has ever published the complete marginal notes or done a thorough exegesis of them. In general, with the exception of the work of Pierre de Nolhac and Peter Dronke, and certain paragraphs that Constant Mews devotes to the subject, descriptions and other references to these notes are framed primarily in Abelardian studies. Therefore, in the hope of expanding the studies that will bring Abelard and Petrarch closer, we have decided to produce the first complete edition of all of Petrarch’s marginal notes, with a view to future hermeneutical analysis. It is, after all, much more than letters that Abelard and Petrarch have in common. This first part of the article contains the marginal notes, each with its corresponding codicological description and ratio edendi.