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La peculiarità delle nuove migrazioni dalla Cina - quelle riavviate a partire dagli anni 1980 - sta nel fatto che si tratta di esperienze che vengono forgiate in buona parte e in modi molteplici dal capitalismo globale, dalla globalizzazione e dalla spettacolare affermazione della Cina sulla scena internazionale degli ultimi due decenni. Se non si coglie l’intersecarsi delle dinamiche nazionali e locali italiane con gli avvenimenti globali che hanno modificato il mondo e la Cina in particolare, si rischia una lettura solo parziale della presenza cinese in Italia. Gli effetti della globalizzazione dell’economia e del ruolo centrale della Cina nella produzione e nel commercio internazionale si colgono in particolare nell’evoluzione delle attività lavorative della diaspora cinese in Italia.

L'articolo mostra come i migranti cinesi - passando da semplici terzisti a titolari di ditte attive nel 'pronto moda' - hanno cambiato non solo la propria vita ma anche la configurazione di un distretto italiano di eccellenza, integrandosi nel tessuto economico del territorio. Dal punto di vista sociale e istituzionale tuttavia restano diffidenze e percezioni dissonanti.

Parte della letteratura sui distretti industriali considera l’agglomerazionedi imprese come un fenomeno strettamente dipendente dallaspecializzazione settoriale. Il presente studio ha indagato leagglomerazioni spaziali di attività economiche, partendo dal presuppostodella loro intrinseca complessità socio-economica, quale fattoredeterminante nella definizione di percorsi di sviluppo locale, spessounici.Al fine di rilevare la multi-dimensionalità di suddetti fenomeni e quindidi cogliere somiglianze e differenze che tengano presente in modosimultaneo diverse variabili, gli autori hanno scelto di utilizzarestrumenti analitici complessi: le reti neurali artificiali Self OrganisingMap (SOM). Questo ha permesso una mappatura originale delleagglomerazioni produttive sul territorio italiano e una lorocaratterizzazione che supera il concetto di specializzazione e si basasull’idea di similarità multi-dimensionale nella distribuzione delle risorseimpiegate. Il modello suggerisce che l’integrazione strutturaledell’economia e della società, rilevata non da indici di concentrazione,ma dalla Rilevanza Settoriale Relativa, può definire forme originali divantaggi competitivi non riconducibili alle tradizionali filiere produttive.

La grande trasformazione nell' ultimo ventennio delle aree industriali del nord del paese e l'inadeguatezza delle risposte politiche e culturali da parte della società italiana.

Nel contributo si delineano gli aspetti fondamentali dell'esperienza italiana dei distretti industriali, mettendone in evidenza i punti di forza e di debolezza e sottolineando sia gli aspetti di carattere strettamente territoriale che quelli di carattere storico e politico. La realtà produttiva italiana viene messa a confronto con quella degli altri paesi europei ed in particolare si descrivono analogie e differenze nella politica a supporto dei distretti industriali in Francia e in Italia. Viene infine presa in esame, in una prospettiva di lungo periodo, la tematica dell'innovazione tecnologica come chiave di lettura delle più recenti strategie territoriali e di mercato dei sistemi produttivi locali all'italiana.

Un'agricoltura per lo sviluppo sostenibile; un'agricoltura in trasformazione; produzioni agricole e allevamento; le filiere agricole; un sistema industriale dinamico; i distretti industriali; verso i cluster; imprenditori e politiche di formazione, il terziario: una espressione da definire; un'ampia rete di relazione; i servizi alle impresse; la new economy e l'innovazione; la massiccia offerta turistica.

Il contributo affronta il tema della governance nell'ambito di due specifici settori di intevento pubblico a livello locale: l'ambito economico-produttivo (la filiera della nautica romagnola), l'ambito redistributivo-welfaristico (la pianificazione sociale nella provincia di Forlì-Cesena). A partire da specifici studi di caso l'obiettivo è stato quello di evidenziare “fatiche”, rischi e “promesse” di un nuovo stile di regolazione, di interazione, di distribuzione e redistribuzione degli interessi entro uno specifico contesto locale.

Nel corso degli anni novanta in Italia si è profondamente modificato il quadro istituzionale in cui vengono definite e realizzate le politiche pubbliche locali e la natura degli attori coinvolti nella definizione e implementazione di tali politiche. Alla base di così rilevanti trasformazioni risiede una pluralità di dinamiche, in alcuni casi fortemente connesse tra loro, che hanno a che vedere con la ridefinizione dei confini della politica e dei rapporti tra pubblico e privato (ciò che la politica deve fare e come lo deve fare), l’emergere di nuovi stili di governo e nuove architetture istituzionali e l’inedita rilevanza assunta dalla dimensione locale in ambito economico, politico e sociale. Oggi, in sostanza, si delineano a livello locale modelli di regolazione dei rapporti tra i differenti attori coinvolti nella definizione e attuazione delle politiche locali più complessi e diversificati, la cui individuazione e analisi hanno imposto alle scienze sociali l’adozione di nuovi concetti e nuove prospettive. Il concetto di governance è oggi quello più utilizzato per cogliere il cambio di prospettiva in corso e dare il giusto rilievo alle nuove forme di regolazione dell’economia e della società e al ruolo occupato dagli attori non pubblici e alle reti di attori sia territoriali che funzionali, implicando altresì lo spostamento dell’attenzione su processi di mediazione sociale ed interdipendenza istituzionale. La localizzazione delle politiche, ad esempio, costituisce un processo carico di ambivalenza sotto molti punti di vista. A partire da alcune considerazioni preliminari, il contributo ipotizza una prospettiva d’analisi utile ad indagare le modalità di comportamento degli attori locali e le forme di regolazione emergenti dall’interazione di attori pubblici e privati (istituzioni pubbliche, forze politiche, forze sociali, sistemi d’impresa) in due distinti settori delle politiche territoriali: le politiche sociali e le politiche per la promozione dello sviluppo economico-produttivo locale. In primo luogo, si tratta di ambiti di intervento in cui appare più evidente l’evoluzione in atto, con tutte le sue incognite e potenzialità; in secondo luogo, la compresenza di due ambiti apparentemente così distanti consente di sottolineare l’importanza di pensare come strettamente interdipendenti sviluppo economico e coesione sociale. Entrambi concorrono a pieno titolo a promuovere lo sviluppo locale.

Questo lavoro di ricerca - svolto in collaborazione con la Camera di Commercio di Pordenone nell’ambito del progetto Interreg IIIA Italia-Slovenia “@C3IS e-nnovative Chambers Crossborder Cooperation between Italy and Slovenia” - analizza l’area distrettuale sulla base delle fonti statistiche ufficiali e in maniera approfondita un campione di 62 imprese operanti nel settore meccanico e localizzate nel distretto. Lo scopo del progetto è duplice: da una parte verificare e qualificare la reale presenza di una rete distrettuale sul territorio pordenonese, e dall’altra esaminare le caratteristiche specifiche e le dinamiche evolutive delle imprese che ne fanno parte, con particolare riferimento ai processi di internazionalizzazione in corso.

Gli autori P. Zurla e R. Villani, con il contributo dal titolo "Trasformazione dei distretti industriali e sviluppo locale", rivolgono la loro indagine alla organizzazione ed alla struttura dei distretti industriali, evidenziando come appaia sempre più rilevante per i distretti la capacità di mettere in gioco esplicite visioni strategiche e modalità di governance condivise al fine di riprodurre i fattori economici e sociali alla base del proprio successo competitivo.