Nella visione imperiale che emerge dalle novellae, il potere legislativo ha origini divine e l'imperatore stesso è « legge vivente », concessa da Dio agli uomini (Nov. 72 praef. ; 113,1 pr. ; 137 praef. ; 105,2,4). Com'è noto, l'ambizioso progetto giustinianeo di una monarchia universale si reggeva sulla forza delle armi e del diritto, e si esprimeva nel topos arma-leges presente in alcuni documenti ufficiali (p. es. in Const. Summa pr. e in Const. Imperatoriam pr.). Consapevole del ruolo supremo di conditor legum, già pochi mesi dopo l'ascesa al trono Giustiniano comunicava al mondo bizantino l'avvio della celebre impresa che, com'egli stesso affermava (Const. Haec pr.), i suoi predecessori non avevano osato eseguire. Il fine dichiarato era quello di amputare prolixitatem litium, e per realizzarlo si concedevano alla commissione incaricata della stesura del novus Codex ampi poteri d'intervento e modifica sulla normativa raccolta. In tal modo si 'attualizzava' il diritto per scopi pratici, mediante la manipolazione sistematica dei testi legislativi, ai quali si doveva far ricorso nella prassi della recitatio. Per sostenere le proprie ragioni, le parti di una controversia e i loro difensori potevano allegare nei tribunali anche le opinioni dei vecchi giuristi secondo i criteri stabiliti dalla legge delle citazioni del 426, che era stata accolta nel primo codice. Nel giro di pochi mesi si verifica però un radicale mutamento di prospettiva, in ordine alle modalità d'impiego degli scritti dei giuristi. Il mutamento è documentato dal nuovo programma tracciato nel dicembre del 530 dalla Const. Deo Auctore. Abbandonato il parametro del rinvio a fonti « esterne », utilizzabili secondo un rigido calcolo meccanico, si annuncia l'idea di un'antologia in cui sarà recepita una parte cospicua, ma selezionata, dell'antico pensiero giurisprudenziale. Verrà di conseguenza precluso il ricorso a testi non compresi nella grandiosa raccolta. È probabile che tale idea maturasse tra la primavera del 529, dopo la pubblicazione del primo Codice, e l'autunno del 530, e che avesse ispirato l'emanazione delle Quinquaginta Decisiones. L'opera che vede la luce sullo scorcio del 533 non è una semplice antologia antiquaria : è un testo normativo che segna una netta cesura con il passato sotto un profilo specifico, rappresentato dalla forma autoritativa di un codice ufficiale per l’impiego dell'antico ius controversum. Non solo. Il lavoro di selezione e di elaborazione svolto, la consummatio nostrorum digestorum, produce effetti rilevanti sulla gerarchia delle fonti applicabili nella prassi della recitatio. In the imperial vision that emerges from novellae, the legislative power has divine origins and the emperor himself is "living law", granted by God to men (Nov. 72 Praef.; 113.1 pr.; 137 praef.; 105,2,4). As is known, the ambitious Justinian project of a universal monarchy relies on the strength of the weapons and the law, and is expressed in topos arma-leges present in some official documents (e.g.. in Const. Summa pr. and in Const. Imperatoriam pr.). Being aware of the supreme role of conditor legum, already a few months after his ascent to the throne Justinian informed the Byzantine world of the start of the famous enterprise that, as he himself stated (Const. Haec pr.), his predecessors had not dared to accomplish. The stated goal was to amputare prolixitatem litium, and to achieve that, the committee responsible for the drafting of the Novus Codex were given wide powers of intervention and modification of the collected rules. This way, the right was being "actualized" for practical purposes, by the systematic manipulation of the legislative texts used in the practice of recitatio. In order to support their own reasons, the parties to a dispute and their defenders could produce in court also the views of the old lawyers according to the criteria established by the 426 law of the quotes, which had been accepted in the first code. In a few months, however, a radical change of perspective concerning the use of the jurists writings takes place. The change is documented by the new program outlined in December 530 by Const. Deo Auctore. Once the parameter of the referral to 'external' sources, to be used according to a rigid mechanical calculation, has been abandoned, it is proposed the idea of an anthology in which a large, but selected, portion of the ancient jurisprudential thought will be transposed. The usage of texts not included in the grand collection will therefore be precluded. It is likely that this idea took form between the spring of 529, after the publication of the first Code, and the autumn of 530, and that it inspired the enactment of Quinquaginta Decision. The work that sees the light on the early 533 is not a simple antiquarian anthology, but rather a regulatory text that marks a sharp break with the past under a specific profile, represented by the authoritative form of an official code for the usage of the ancient ius controversum. Moreover, the selection and processing work that has been done, the consummatio nostrorum digestorum, produces significant effects on the hierarchy of sources applicable in the practice of recitatio.