Il mondo antico conosce una molteplicità di ricettari che decantano le virtù terapeutiche di piante, erbe, pietre e parti di animali. Tra essi ve n’è uno la cui fama non ha mai varcato la ristretta cerchia degli antichisti: si tratta della cosiddetta Lettera dell’avvoltoio, poche, sparute pagine dedicate alle proprietà medicali di un volatile di dubbia reputazione. Il testo della lettera poggia su alcuni argomenti fondamentali: esiste un’arte medicale, insegnata ai re persiani, relazionante le membra dell’avvoltoio ai malanni; la virtù divina agisce sulle parti dell’animale per curare una molteplicità di acciacchi. Gli Uccelli sono anche il tema di una nota commedia di Aristofane, andata in scena la prima volta alle Grandi Dionisie del 414 a.C. La trama è semplice, quanto irridente e nasconde un risvolto psicoattivo in cui un Socrate necromante conduce le anime nell’aldilà. Il lago presso cui Socrate compie il rito è collocato presso il misterioso popolo degli Sciapodi, «dai piedi che fanno ombra». L’etnografia antica e la storia religiosa permettono infine di ricostruire la natura di questo popolo alla luce delle tradizioni dell’Iran zoroastriano. The ancient world meets a variety of books of prescriptions extolling the therapeutic virtues of plants, herbs, stones and animal parts. Among them there is the so-called Letter of vultures, few scanty pages dedicated to the medical properties of a bird of ill repute.The text of the letter is based on some fundamental issues: there is an art medical, taught the Persian kings, that links the members of the vulture to illnesses; the divine virtue acting on the parts of the animal to treat a variety of ailments. Birds are also the subject of a famous comedy by Aristophanes, staged the first time at the Great Dionysia in the 414 BC. The plot is simple than mocking, and hidden psychoactive and entheogenic background in which a necromancer Socrates leads the souls in the afterlife. Socrates makes the rite close to a lake, that is located at the mysterious people of the Skiapodes, «feet that shade». Ethnography and the ancient religious history allow us to reconstruct the nature of this people in the light of Iranian Zoroastrian traditions.