The conifer reforestations established during the last century in many mountainous areas of Central and Southern Italy allowed the restoration of thousands of hectares of degraded bare lands. During the last sixty years many social and environmental functions were added to such forests and now they require a multifunctional management approach. A 100-years old reforestation with black pine (Pinus nigra Arnold) located in a mountain tourist area and within a Natura 2000 site in Central Italy was taken into consideration as a case study. The stands, although even-aged and dense, have a diversified structure as a consequence of localized wind throws and the growth of an underlayer of hardwoods. The traditional, timber production-oriented management based on strip clear cutting has shown to be inapplicable in such a context. Systemic silviculture grasps this challenge as it assumes as fundamental management goal the search for the functional efficiency of the forest ecosystem. In such a perspective silvicultural practices are guided by an adaptive approach, based on trial and error, rather than on so-called normalisation schemes. Starting from the concept that forest is a complex, self-regulating, dynamically changing system,a management trajectory is proposed to foster the gradual succession of the pine stands towards different types of pure and mixed hardwood forest according to site conditions. The basic silvicultural criterion is to reduce gradually the pine cover by thinning and opening of small gaps in order to increase tree age and size diversity. The public incentives necessary to implement this sort of management are justified by the goal of increasing the functionality and resilience of the forest system: both elements can reduce the risk of damages for the forests. This paper aims to provide general considerations on such issues in the form of a commentary discussion with reference to the considered case study. I rimboschimenti di conifere realizzati durante il secolo scorso in molte aree montuose del Centro e Sud Italia hanno permesso il recupero di migliaia di ettari di terreni nudi soggetti a erosione. Negli ultimi 60 anni, in aggiunta a quella protettiva, altre funzioni sociali e ambientali sono state attribuite a tali popolamenti per la cui gestione è ora richiesto un approccio multifunzionale. Come caso di studio è stato preso in considerazione un rimboschimento di 100 anni di pino nero (Pinus nigra Arnold ) situato in una zona turistica in Abruzzo, all’interno di un sito Natura 2000. I popolamenti, sebbene nel complesso puri e omogenei, presentano a tratti struttura diversificata a causa di schianti da vento localizzati e il conseguente sviluppo di uno strato inferiore di latifoglie autoctone in corrispondenza delle aperture della copertura. I tradizionali metodi di pianificazione forestale, orientati alla produzione legnosa e basati sul taglio raso a strisce per favorire la rinnovazione del pino, sono risultati inapplicabili in un tale contesto a causa della scarsa redditività della coltivazione. Viene qui proposto un diverso approccio alla gestione dei rimboschimenti, basato sull’adozione della selvicoltura sistemica, ponendo come obiettivo fondamentale la ricerca dell’efficienza funzionale dell’ecosistema forestale. In questa prospettiva le pratiche selvicolturali sono guidate da un approccio adattativo, basato sul metodo per tentativi ed eliminazione degli errori, piuttosto che sui cosiddetti sistemi di normalizzazione. Partendo dal concetto che il bosco è un sistema complesso, capace di auto-regolazione e in continuo cambiamento, l’articolo propone una traiettoria di gestione in grado di favorire la graduale successione della pineta verso diversi tipi forestali in base alle condizioni micro-stazionali presenti nell’area rimboschita. Il criterio colturale è di ridurre gradualmente la copertura del pino mediante diradamenti e l’apertura di piccole buche per aumentare nel tempo la diversità di specie, età e dimensione degli alberi senza bruschi mutamenti del paesaggio. Gli incentivi pubblici necessari per attuare questo tipo di interventi sono giustificati dall’obiettivo di aumentare la funzionalità e la resilienza del sistema forestale: entrambi gli elementi possono ridurre il rischio di danni per le foreste. Questo lavoro si propone di fornire considerazioni generali su tali questioni nella forma di una discussione con riferimento al caso di studio analizzato.