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Decorated common ware from the Eastern Cenoman territory This paper examines the decorative patterns present in the coarse ware of the plains around Verona (inclu ding the town of Verona itself) between the 4th and the 1st centuries BC, in the period in which the Celtic tribe of the Cenomani settled in this area. Incised, impressed, and relief decorations are documented. The most significant motifs (dotted and notched decorations covering the entire surface of the vase) are related to the western Celtic Po Valley area. Some decorations, however, refer to the Veneto and the Magré culture areas. Decorated vases have been found both in settlements and in tombs. The decorations appear mainly on small vases with drinking function. The decorated vessels can almost all be dated between LT C2 and LT D2. The most numerous attestations date to LT D1. This increase, which can also be found in the territory of the Insubri, could come from the desire to emphasize one’s cultural tradition in a phase in which Rome’s political and cultural presence was becoming increasingly felt.

This paper examines the decorative patterns present in the coarse ware of the plains around Verona (including the town of Verona itself) between the 4th and the 1st centuries BC, in the period in which the Celtic tribe of the Cenomani settled in this area. Incised, impressed, and relief decorations are documented. The most significant motifs (dotted and notched decorations covering the entire surface of the vase) are related to the western Celtic Po Valley area. Some decorations, however, refer to the Veneto and the Magré culture areas. Decorated vases have been found both in settlements and in tombs. The decorations appear mainly on small vases with drinking function. The decorated vessels can almost all be dated between LT C2 and LT D2. The most numerous attestations date to LT D1. This increase, which can also be found in the territory of the Insubri, could come from the desire to emphasize one's cultural tradition in a phase in which Rome's political and cultural presence was becoming increasingly felt. [ABSTRACT FROM AUTHOR]

La miscellanea raccoglie studi relativi al territorio veronese.

In questo quinto supplemento al Corpus delle iscrizioni romane di Verona e del suo territorio si pubblicano alcuni testi inediti e nuove letture di epigrafi già note. Si tratta di una stele funeraria inedita conservata nel Museo Archeologico al Teatro Romano con dedica a una donna, Cornelia Salvia, liberta del suo compagno M. Cornelius Favor. Viene poi ripubblicato un frammento conosciuto da Theodor Mommsen solo attraverso la tradizione manoscritta (CIL, v, 3838), la cui lettura può ora essere migliorata tramite l’autopsia. Nel terzo contributo si pubblica un nuovo frammento di epigrafe funeraria murato all’esterno della chiesa di San Zeno in Oratorio con l’indicazione di una pedatura. Le due note seguenti riguardano, rispettivamente, la riedizione di CIL, v, 3796, frammento conosciuto da Mommsen solo attraverso la tradizione antiquaria, e la scoperta di un nuovo frammento di iscrizione funeraria nella chiesa di Ognissanti a Marzana, che va a completare il frammento con il nome di una liberta reimpiegato nella stessa chiesa (SI 640). Segue l’edizione di due frammenti di stele funerarie conservate nel Museo Archeologico al Teatro Romano e, infine, il riesame di due frammenti di architrave reimpiegati nella chiesa di San Fidenzio a Novaglie (CIL, v, 3698 e AE 2005, 627), pubblicati separatamente ma appartenenti in realtà allo stesso monumento funerario realizzato da M. Servilius Messius per sé e per la sua famiglia.

Non conoscere con sicurezza la provenienza di un’iscrizione latina è una delle principali difficoltà che l'epigrafista incontra nella sua ricerca. Questo può portare a gravi errori sul piano scientifico, con la creazione di “personaggi fantasmi” o l’errata attribuzione a luoghi o persone. Si presenta in questa sede, come caso di studio, un’iscrizione menzionante un frumentarius, un soldato scelto con compiti di spionaggio, che tutti gli studiosi hanno sempre ritenuta come proveniente da Verona. In realtà, l’analisi del litotipo (marmo proconnesio), mai adoperato in Verona romana per i monumenti sepolcrali nella prima età imperiale, e il confronto con altre stele da Roma, molto simili e caratteristiche non solo dei praetoriani e dei vigiles, ma anche dei frumentarii, ha portato risultati interessanti. Questa iscrizione non è veronese ma proviene da Roma ed è entrata nella collezione di Scipione Maffei attraverso alcuni passaggi collezionistici difficile da ricostruire, almeno per il momento.

Il rapporto tra l’architetto veronese Bernardino Brugnoli e Andrea Palladio può essere configurato considerando alcune comuni vicissitudini su cantieri veronesi ed emiliani. In particolare, i due architetti nel settimo decennio del Cinquecento ebbero incarichi simili, furono chiamati talvolta dagli stessi committenti e impiegarono spesso le stesse maestranze. Attraverso un’indagine sulle fonti e su inediti documenti d’archivio il saggio mira a mettere in luce il rapporto tra i due architetti, divenuto particolarmente stretto dopo la morte di Michele Sanmicheli nel 1559, con particolare riguardo per il coevo contesto veronese, segnato da una riconfigurazione del ruolo di architetto. Dallo studio emerge un rapporto continuativo tra i due architetti e la versatilità di Bernardino Brugnoli, non solo architetto, ma anche ingegnere, perito idraulico e militare, cartografo.

In 1370 a bell was forged to service a public clock in the Scaliger Gardello’s Tower the in Verona; due to its poor acoustic qualities, the bell was moved from the belfry cell onto the top of the tower in 1626. After the sale of the building by the State Property, in 1809, whilst the clock was dismantling, the Abbot Giuseppe Venturi, on behalf of the Ornato municipal Commission, strove with the municipal engineer Giuseppe Barbieri to return unharmed the bell into the heritage of the city. Granted the request, the bell was first showcased in the Frà Giocondo’s Loggia in Piazza dei Signori, and then in the Civic Museum at Palazzo Pompei. After a criticized attempt, in 1872, to restore the bell to its original function, moving it into so-called Pentagona Tower to service the new clock at the Portoni della Bra gifted by Count Antonio Nogarola, it was returned in 1881 to the Civic Museum, and in 1925 moved to the new Castelvecchio Museum, where it is still preserved. Retracing the overall bibliography relating to the artefact, we hereby publish the Abbot Venturi’s report aimed at demonstrating the importance of preserving it. Here he emphasizes the uniqueness of the bell, due to the bizarre peculiarities of realization as well as the Gothic inscriptions and also its memory value of Cansignorio della Scala, Lord of Verona, who had ordered its manufacturing, of the unknown smelter master Jacopo and of what was one of the oldest bell-percussed clocks in Europe.

Nelle fonti medievali relative alla pianura veronese occidentale si trova indicata talvolta una via di San Pietro. Attraverso la ricognizione sui luoghi e lo spoglio di una ricca documentazione d’archivio – in particolare atti notarili degli enti monastici proprietari in antico delle terre attraversate dalla via (soprattutto quello di San Zeno), il Campion delle strade formato dal Comune di Verona nel 1589, i Libri d’Estimo dei Comuni interessati dal percorso della via, la topografia medievale e moderna disponibile, a cominciare dalla così detta Carta dell’Almagià, della seconda metà del Quattrocento, per giungere fino Catasto Unico Italiano, istituito nel 1886 – si ricostruisce il percorso che risulta unire anticamente la città di Verona al paese di San Pietro in Valle, ai limiti del territorio veronese, attraversando l’intera pianura occidentale. In particolare, essa consentiva un diretto collegamento tra il grande e potente monastero di San Zeno al piccolo monastero di San Pietro di Moratica che da questo dipendeva.

The so-called Isola Rizza treasure, now conserved in the Museum of Castelvecchio, it was found by chance in this locality of the Veronese plain in 1872. Some brief updates on this treasure are proposed on the basis of the most recent research, with the intention of highlighting some themes that may arouse further research in the future. Finally, through the analysis of two manuscripts by Luigi Bennassuti conserved in Biblioteca Civica of Verona and in Biblioteca Capitolare of Verona, compiled a short distance after that discovery, the data of which are put in relation with the cadastral data, the identification of the area of concealment and some aspects of the conditions of the finds at the time of discovery and of the social context are specified.

Guido Letta e Tito Cesare Canovai furono in successione prefetti di Verona dall’agosto del 1939 al settembre del 1943. Attraverso fonti bibliografiche vengono ricostruiti i loro profili biografici, in particolare per gli anni in cui svolsero il loro incarico a Verona, delineando il quadro dei rapporti tra centro e periferia nell’ambito della pubblica amministrazione e con la società locale. I comportamenti che assunsero in quel tempo drammatico devono essere inquadrati nel contesto della loro storia professionale. Letta era un funzionario di carriera, che rimase legato a Mussolini sino alla fine. Canovai, invece, sebbene avesse aderito ai fasci prima della marcia su Roma, provò a prendere le distanze dal regime quando le sorti della guerra volgevano al peggio. Per entrambi la carriera prefettizia finì malamente.

A partire dal 1974 molto è stato scritto su Felice Brusasorzi, artista veronese a capo di una importante bottega di pittori attivi a cavallo tra Cinque e Seicento: il presente contributo segnala alcune novità emerse nel recente mercato dell’arte, dove Felice e i suoi allievi Santo Creara, Alessandro Turchi e Pasquale Ottino sono abbastanza noti, anche se non mancano ancora gli scambi attributivi. Creara è il pittore che più di tutti rimane legato alla cultura cinquecentesca del maestro, come dimostrano alcuni raffinati dipinti eseguiti su lavagna come Diana con le ninfe: nella produzione matura è a capo di una grossa bottega dove è attivo anche suo fratello Girolamo, di cui è emerso un dipinto firmato in una collezione croata. Altri inediti riguardano i più giovani e innovatori Alessandro Turchi (nel momento del suo esordio a Roma dove punta ad impressionare i nuovi committenti grazie alla preziosità dei materiali usati, il rame e la pietra di paragone), e Pasquale Ottino. L’ultima nota riguarda Giovanni Ceschini considerato dalle fonti come allievo di Alessandro Turchi e qui presentato come autore di ritratti.

Prendendo le mosse dalla riscoperta della copia cinquecentesca dell’importante documento (1183-1184) con l’elenco delle villae del distretto veronese, edito per la prima volta dallo storico Carlo Cipolla nel 1895 e a lungo ritenuto perduto, questo breve saggio ha tentato di ricostruire la misconosciuta e frammentata biografia del medico ottocentesco Giovanni Battista Bertoli (1811-1895). Attraverso un’ampia ricognizione archivistica e bibliografica, si è tentato di rintracciare e riordinare le poche informazioni disponibili su di una vita appartata tra le plaghe della pianura veronese, ma in realtà intrecciata da profondi e duraturi legami con i principali protagonisti della cultura e dell’erudizione storica veronese del secondo Ottocento. Sullo sfondo di una vita trascorsa all’insegna di una diuturna attenzione professionale e filantropica per la propria comunità di Casaleone (Verona), emerge l’appartata figura di un collezionista indefesso di manoscritti, di libri, di memorie storiche, in più casi fonte di imprescindibili informazioni per i suoi più noti corrispondenti veronesi, quanto un attento custode dei beni culturali di un territorio al tempo ancora impreparato a farsene carico.

La vicenda dell’epurazione dello storico veronese Luigi Simeoni (1875-1952), docente all’Università di Bologna tra il 1927 e il 1950, è nota nelle sue linee generali, con un primo allontanamento dall’insegnamento universitario (giugno 1945) e il successivo reintegro (marzo 1947). Non è però mai stata approfondita la posizione politica effettivamente assunta dallo storico, in particolare nel passaggio alla Repubblica Sociale Italiana. Il fascicolo personale di Luigi Simeoni del fondo del Ministero della Pubblica Istruzione permette di indagare sulla sua posizione verso il fascismo repubblichino. Dalla documentazione emergono in particolare due episodi risalenti al 1944 che illustrano una mutata condotta dello storico nei confronti del regime: la presa di posizione contro la revoca dell’insegnamento a Giovanni Natali, colpevole di non essersi iscritto al Partito Fascista Repubblicano, e il contributo dato nella distruzione dell’archivio della brigata bolognese di Giustizia e Libertà per proteggere due suoi collaboratori, inservienti della biblioteca universitaria. Complessivamente, emerge come l’adesione al regime da parte dello storico evolva in un progressivo distacco dal fascismo di Salò.

This article presents a detailed study of the stately palace of the Villa Giusti-Puttini, a building that, over the centuries, has undergone repeated transformations since its construction in the first half of the 15th century. For the study of this palace, owned between the 15th and 17th centuries by one of the most important families in the city of Verona (Italy), the authors have followed a methodology covering indirect sources (documentary and bibliographical) as well as direct ones (the building and constructive techniques, architectural and decorative elements, murals, etc.). This study expands the information available on the building as well as expanding knowledge on the history of architecture of the Veneto villa as a defining architectural phenomenon in 16th- and 17th-century architecture whose extensive influence was still felt in the 19th century. The history compiled through this research also contributes to a renewed interpretation of the phenomenon, which is viewed as a process for the transformation and adaptation of a pre-existing building to fit the needs of any given period. This methodology, which could potentially facilitate the interpretation of similar buildings, and its combination of documentary, material, constructive, decorative, and cultural elements could constitute an example for the historical and architectural reading of buildings and are not merely limited to Renaissance buildings.

The respected art historian Antonio Morassi, as a student under Max Dvořák in Vienna in 1912–16, wrote a thesis on the Renaissance architect Michele Sanmicheli (1487–1559), who was active in Verona and Venice. This, later, formed the basis of an article that was intended for publication but never surfaced, and the thesis and putative article form the subjects of a new book (Giulio Zavatta, Il Michele Sanmicheli di Antonio Morassi, Treviso: Zel, 2022). The book explores Morassi’s thesis in the context of his experience of the emerging discipline of art history in Vienna, while the thesis reveals itself to be particularly well conceived and informative, and also remarkably prescient of later ways of thinking about Sanmicheli and his architecture.

This article presents a detailed study of the stately palace of the Villa Giusti-Puttini, a building that, over the centuries, has undergone repeated transformations since its construction in the first half of the 15th century. For the study of this palace, owned between the 15th and 17th centuries by one of the most important families in the city of Verona (Italy), the authors have followed a methodology covering indirect sources (documentary and bibliographical) as well as direct ones (the building and constructive techniques, architectural and decorative elements, murals, etc.). This study expands the information available on the building as well as expanding knowledge on the history of architecture of the Veneto villa as a defining architectural phenomenon in 16th- and 17th-century architecture whose extensive influence was still felt in the 19th century. The history compiled through this research also contributes to a renewed interpretation of the phenomenon, which is viewed as a process for the transformation and adaptation of a pre-existing building to fit the needs of any given period. This methodology, which could potentially facilitate the interpretation of similar buildings, and its combination of documentary, material, constructive, decorative, and cultural elements could constitute an example for the historical and architectural reading of buildings and are not merely limited to Renaissance buildings. [ABSTRACT FROM AUTHOR]

U ovoj se studiji donosi nepoznati dokument o podizanju mramornog tabernakula u kapeli Tijela Kristova u nekadašnjoj osorskoj katedrali koji je stilskom analizom bio uvršten u opus venecijanskog kipara Alvisea Tagliapietre (Venecija, 1670. – 1747.). Arhivski izvor otkriva da je dogovor bio sklopljen u Veneciji 20. rujna 1708. godine s Tagliapietrom čija se radionica nalazila u župi San Moisè. Usto, objavljuje se i ugovor s venecijanskim altaristom Zuanneom Trognonom koji je sastavljen u Cresu 20. srpnja 1710. godine. Majstor je trebao za kapelu isklesati novi mramorni oltar kako bi se na njega postavio Tagliapietrin tabernakul. Tom prilikom su u opus venecijanskog kipara Tagliapietre uvrštene mramorna bista Venere iz palače Giusti u Veroni, kip Bezgrešno Začete iz nekadašnjeg oratorija vile D’Arco u Corno Alto nedaleko Verone, kao i skulpture svetog Nikole biskupa i svetog Jurja na glavnom oltaru župne crkve u Colloredo di Prato kod Udina. Naposljetku, s Alviseom se povezuju i dva mramorna anđela s glavnog oltara u župnoj crkvi u Pincari te Gospa od Ružarija iz oratorija vile Condulmer u mjestu Zerman u okolici Trevisa.

Questo quarto supplemento al corpus delle iscrizioni romane di Verona e del suo territorio comprende alcuni testi inediti e nuove letture di epigrafi già note. Di particolare interesse sono tre iscrizioni tardorepubblicane, che incrementano il ridotto numero delle testimonianze epigrafiche di questo periodo presenti nel territorio veronese.

In due dei dieci specchi intarsiati realizzati da fra Giovanni da Verona nella sagrestia della chiesa di Santa Maria in Organo sono raffigurati alcuni poliedri che la tradizione degli studi aveva collegato in termini generali a quelli disegnati da Leonardo da Vinci per l’opera De divina proportione di Luca Pacioli. Attraverso un’attenta disamina, questi solidi vengono puntualmente identificati con quelli proposti nell’opera di Pacioli e letti in relazione all’individuazione negli stessi specchi intarsiati di una costruzione basata sulla sezione aurea.

Alcune opere inedite da poco passate nel mercato antiquariale sono utili per approfondire spunti appena accennati nella recente monografia sul pittore veronese Alessandro Turchi (2019). Si tratta di dipinti e disegni che confermano il ruolo del giovane pittore all’interno della bottega di Felice Brusasorzi: prima come allievo, poi come chi assume il controllo delle commissioni nuove o da completare, arrivando ad imporsi nella considerazione dei committenti veronesi che lo accolgono tra gli accademici filarmonici. Qualche considerazione meritano pure i contatti veneziani che precedono il viaggio a Roma, vissuti in contatto con Palma il giovane e condivisi da un altro veronese che le fonti dicono allievo di Felice, Marcantonio Bassetti.

Le raccolte della famiglia Giusti sono per antichità e prestigio da considerare fra le più importanti formatesi a Verona dal Rinascimento in poi, in ambito archeologico e storico-artistico. Negli ultimi anni, le vicende storiche della collezione e quanto è rimasto di essa nel palazzo caratterizzato dal famoso giardino hanno suscitato nuovo interesse da parte degli studiosi, con il coinvolgimento delle Università di Verona e di Venezia. Un ulteriore filone di ricerca è dato dalle opere della famiglia Giusti confluite nel corso del tempo in altra proprietà; qui si trattano quelle di ambito archeologico entrate nel patrimonio culturale del Comune di Verona.

All’indomani dell’Unità nelle carceri e nei luoghi di pena del neonato regno d’Italia iniziarono a diffondersi scuole e biblioteche, intesi dalle autorità dell’epoca – supportati da un effervescente dibattito tra i cultori delle discipline carcerarie – come strumenti in grado agevolare la redenzione dei detenuti nel corso dell’espiazione delle condanne comminate. Il presente contributo si pro- pone di inquadrare la genesi, i momenti cronologici e le basi ideologiche delle biblioteche carce- rarie italiane alla luce di fonti bibliografiche coeve, esemplificandole nelle vicende del piccolo car- cere mandamentale di Legnago (Verona) alla luce di una corposa documentazione archivistica. In questo case-study la fugace esperienza della biblioteca carceraria del locale tribunale, avviata grazie all’impulso filantropico del maestro elementare Carlo Marcati, fa emergere le macroscopiche criticità dell’assioma carcere-scuola-biblioteca, affidato quasi sempre all’iniziativa privata, per lo più privo di finanziamenti statale, il più delle volte mal tollerata e sottoposta ad una pressante controllo dall’autorità giudiziaria.

Gli studi sul carnevale di Verona si sono concentrati finora sul Bacanal dei gnochi del venerdi grasso. Ma i documenti d’archivio rivelano, per il periodo che va dal tardo Quattrocento a tutto il Cinquecento, una realtà ben più complessa e articolata, sia per la città sia per il distretto veronese. Su tutto prevaleva la festa con musica e balli, che iniziavano subito dopo l’Epifania per continuare fino al martedì grasso. Era un periodo nel quale era possibile andare in maschera; e, in città, ogni strato sociale, dal nobile all’umile artigiano, partecipava alle mascherate carnevalesche. Il Bacanal dei gnochi, documentato a partire dal 1574, era finanziato dalle autorità veneziane almeno fino alla metà del secolo successivo, mentre la sua asserita origine dalla volontà di Tomaso da Vico resta ancora affidata ai ‘si dice’ e in attesa di conferme.

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The Veronese fortified site, a UNESCO heritage site, has in recent years been the subject of important digital documentation, unique in the Verona area. The research was an opportunity to verify a process whose technological developments in the field of heritage documentation have offered significant opportunities for the survey of architecture both in the metric data acquisition phase and in representation and dissemination. The study is part of the research project "Verona Fortificata", born in 2015 thanks to the collaboration between the Universities of Florence and Pavia and the Municipality of Verona. The aim is to focus on what has been obtained from a sort of "resulting product" of the classical survey and the consequent possibility of its use to provide preliminary but essential data for the Municipality's assessment of the actual Buffer Zone of the UNESCO site, of the visual impact of both the monument and the extraneous elements that are nevertheless part of the context.

The Complex of the Scaliger Arks comprises several Gothic-style funerary monuments built by the Della Scala family, lords of Verona, to keep the memory of the illustrious dynasty. Among the tombs of the open-air funerary complex, located in the very historic core of the city, the arks of Cangrande I, Mastino II and Cansignorio stand out for their magnificence. Mastino II Della Scala, who ruled from 1329 to 1351, chose the current area as the family’s graveyard and its Ark is arguably the most important of the complex. It constitutes a singularity not only for its remarkable decorative apparatus, but also for its role of powerful communication tool in the urban context.Structural criticalities and material issues prompted the start of a knowledge process that aims at supporting restoration practices on the monument, but goes beyond that by proposing an innovative strategy for its valorisation based on a serious game.The research established a digital documentation protocol for the monument, achieving a high level of completeness without harming its precarious state of conservation. Then, from the results achieved, the activities pursued a virtuous process of dissemination in order to valorise one of the most important witnesses of the history of Verona.DOI: https://doi.org/10.20365/disegnarecon.27.2021.17

La miscellanea raccoglie studi relativi al territorio veronese.

The essay focuses on the paduan sculptor and bronzist Tiziano Aspetti and the Gonzaga rulers. The author discusses the latest Aspetti’s mantuan activity and he adds an unpublished notary deed dating back to 1607 where are listed some goods of the sculptor, then in the hands of the mantuan inlayer Sebastiano Picchi.

The idea that Shakespeare belongs to the world is certainly not new. From the beginning of his afterlife as a dramatist two issues have been consistently put forward by his contemporaries: 1) his art’s universality—for Ben Jonson, Shakespeare was the one “To whom all scenes of Europe homage owe”—and 2) his ability in appropriating foreign exotic environments which have notoriously characterised most of his plays. The value of such claims, which seem to be so present to us, helped to identify Shakespeare as an ‘universal’ icon whose work transcends time and space, gradually fostering, in and outside Britain, the so-called ‘Bardification of culture’, a phenomenon which persists, even more powerfully, nowadays. This study examines the different ways through which Verona has contributed in popularizing and elaborating the myth of Romeo and Juliet into a variety of formats suitable for the tourism market. By taking into account the so-called ‘Shakespace’ phenomenon, it focuses on what I have labelled as the ‘R&J-influenced spaces’ which account for a number of civic, cultural, and narrative spaces generated by and constructed upon the myth of the Veronese lovers.

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The subject of this contribution is the manuscript Città del Vaticano, Biblioteca apostolica vaticana, Pal. gr. 334, witness of the Orthodoxae Fidei Expositio by John Damascenus, fully written by Demetrius Zenus (Zakynthos, ca. 1503/1504 - Venezia, 1540?), and used as Druckvorlage for the corresponding printed edition of 1531, published by the Nicolini da Sabbio in Verona. The goal is twofold: 1) contextualising the edition published by Bernardinus Donatus and Demetrius Zenus in the context of the cultural project promoted in Verona by bishop Matteo Giberti; 2) carrying out a palaeographic analysis on Pal. gr. 334, with particular attention to its marginalia and to the typographical indications used to prepare the printed edition. [ABSTRACT FROM AUTHOR]

The Veronese fortified site, a UNESCO heritage site, has in recent years been the subject of important digital documentation, unique in the Verona area. The research was an opportunity to verify a process whose technological developments in the field of heritage documentation have offered significant opportunities for the survey of architecture both in the metric data acquisition phase and in representation and dissemination. The study is part of the research project "Verona Fortificata", born in 2015 thanks to the collaboration between the Universities of Florence and Pavia and the Municipality of Verona. The aim is to focus on what has been obtained from a sort of "resulting product" of the classical survey and the consequent possibility of its use to provide preliminary but essential data for the Municipality's assessment of the actual Buffer Zone of the UNESCO site, of the visual impact of both the monument and the extraneous elements that are nevertheless part of the context. [ABSTRACT FROM AUTHOR]

L’ingegnere veronese Francesco Malacreda è conosciuto come responsabile della costruzione del forte di San Nicolò al Lido di Venezia su progetto di Sforza Pallavicino. In realtà questo incarico comportò alcuni dispareri tra Malacreda e Sforza Pallavicino, che portarono al licenziamento dell’ingegnere nel 1571. Malacreda rientrò dunque a Verona dove la sua posizione di integerrimo ufficiale pubblico era solida. Malacreda, infatti, scelse di non proclamarsi mai architetto e condusse la sua lunga carriera solo nel campo dell’ingegneria militare.

La miscellanea raccoglie studi relativi al territorio veronese.

The contribution investigates the activity of the recently deceased Lionello Puppi, an art and architecture historian who wrote numerous books and articles on Veronese art history. By examining Puppi’s special interest in the works of Michele Sanmicheli and Paolo Farinati, this article analyses his research methodology and his influence on scholars whose studies focus on Veronese art and architecture. Finally, a short chapter on Palladio illustrates some images realised by Puppi which attest to his interest in the villa of Miega.

The anthology collects studies of the Verona area.

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The anthology collects studies of the Verona area.

Fra i secoli XI e XII la città di Verona visse un’intensa stagione costruttiva. La storiografia, pur avendo riservato importanti ricerche alla cultura architettonica cittadina, non ha ancora dedicato uno studio catalografico alla disposizione e alla conformazione delle fonti di luce: l’articolo, pertanto, affronta questa importante tematica prendendo in considerazione 37 edifici sparsi fra la città e la provincia. Le maestranze veronesi furono assai attente agli effetti cromatici derivati dal sapiente accostamento di differenti materiali costruttivi (pietra, mattoni e ciottoli di fiume) che, esaltati dalla luce, tendevano al conseguimento di precisi fini estetici e all’immediata distinzione di settori e volumi architettonici attraverso la posa di diversi tipi di murature. Un caso esemplare, oltre a San Fermo (1065), è la chiesa San Lorenzo (fine XI-inizio XII secolo), dove la luce giocò un ruolo predominante per la creazione della chiesa. Le strutture successive (San Zeno, San Giovanni in Valle, ma anche San Salvaro a San Pietro di Legnagno o l’abbazia di Villanova presso San Bonifacio) abbandonarono l’assetto a sala e furono provviste del cleristorio. La soluzione del tiburio quadrangolare che rischiarava il coro, invece, fu replicata nel secondo quarto del XII secolo nel duomo di Santa Maria Matricolare (1139). Proprio dal tiburio della cattedrale proviene il celeberrimo arco di monofora (oggi conservato nel Museo di Castelvecchio) firmato dallo scultore Pelegrinus, che dimostrò un’indubbia consapevolezza del proprio valore. In questa fase topica del Romanico veronese, perciò, le fonti di luce assunsero anche un preciso valore rappresentativo.

In questa sede si presenta una selezione di scarti di lavorazione fittili, per lo più statuette in terracotta, rinvenute all'interno del quartiere artigianale di piazza Arditi, nell’immediato suburbio di Verona. L’officina, attiva tra la fine del I sec. a.C. e il III sec. d.C., ha restituito diverse strutture produttive, tra le quali forni, vasche per la decantazione dell’argilla e la base di un tornio. Le fasi più antiche sono state obliterate a cominciare dal I sec. d.C.; proprio nei butti che andavano a colmare le vasche e i forni dismessi sono stati rinvenuti numerosissimi resti di ceramica e diversi frammenti di statuine, oggetto del presente contributo, che costituiscono un esempio interessante della produzione di coroplastica a Verona tra il I sec. a.C. e il III sec. d.C.