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L’analisi giuspubblicistica dei tradizionali temi del welfare (come, per esempio, la configurazione dei diritti sociali, il loro condizionamento finanziario e politico, la questione del c.d. “nucleo minimo”, ecc.) è stata resa più complessa dall’esigenza di affrontare anche i problemi concernenti gli interventi a favore dei non cittadini. Le ulteriori sfumature da affrontare, riferite alla condizione dello straniero, sono rese più complicate dal fatto che la relativa indagine va condotta secondo una prospettiva multilivello che parte dal diritto internazionale per passare a quello europeo ed a quello interno, nazionale e regionale. In questo contesto, la giurisprudenza costituzionale ha giocato un ruolo importante. In particolare la Corte è stata chiamata più volte a dirimere controversie relative al riparto delle competenze legislative tra stato e regioni ed è stato in queste occasioni che, non solo ha chiarito i confini di alcune materie di cui all’art. 117 cost., ma ha anche fissato alcuni principi sulla condizione dello straniero in relazione al godimento dei diritti sociali. La Corte ha distinto tra diritti fondamentali (che, in quanto diritti che ineriscono alla “persona”, vanno garantiti, qualunque sia lo “status” di cui un individuo gode rispetto all’ordinamento in cui si colloca) ed “ulteriori” diritti, per i quali ha fatto ampio ricorso al criterio della ragionevolezza per verificare se e a quali condizioni gli stranieri hanno diritto alle prestazioni, oltre che se sia possibile una differenziazione di trattamento rispetto ai cittadini italiani. La conclusione è che nel riconoscimento dei diritti sociali agli immigrati, assume carattere recessivo il criterio della cittadinanza, rispetto a quello della residenza stabile, intesa come espressione di un processo di integrazione e di inclusione sociale, sì che la sfera tradizionale dei destinatari del welfare domestico ne risulta ridisegnata Brevi cenni sul condizionamento finanziario e sul c.d. “nucleo

Il saggio si propone di evidenziare alcune criticità legate sia alla disciplina delle autorizzazioni alla realizzazione degli impianti energetici alimentati da fonti rinnovabili che alle politiche di incentivazioni per lo sviluppo delle medesime, in attuazione anche delle prescrizioni europee ed internazionali. In Italia, la disciplina è caratterizzata da un'accentuata complessità, dovuta aí diversi piani di normazione che intervengono con riferimento ad una materia trasversale che impone la considerazione di interessi diversi, spesso confliggenti tra loro. La complessità è anche di tipo organizzativo, per l'intreccio delle competenze dei livelli di Governo, ma anche, all'interno del medesimo Ente, tra le differenti autorità che hanno poteri in ambito regolatorio, pianificatorio ed autorizzatorio. Il D Lgs 387 del 2003, ha introdotto l'istituto della « autorizzazione unica » per la localizzazione degli impianti da fonti di energie rinnovabili, che però rappresenta soltanto il denominatore comune di una disciplina che continuava ad essere frammentata e che ha visto la sua completa attuazione solo nel 2010 con le linee guida. Nel frattempo è toccato alla Corte Costituzionale stabilire quale spazio residuava alla competenza delle Regioni. Anche il recente D.Lgs. 28 del 2011, dí attuazione della direttiva 2009/28/CE, non risolve il problema della semplificazione delle procedure, perché demanda ad una serie di normative di attuazione, statali e regionali, che rendono ancora complessa la ricostruzione del quadro normativo. Quanto alle politiche di incentivazione, queste sono state caratterizzate da diverse fasi, con frequenti cambi di indirizzo del legislatore, sia con riferimento alla dimensione dell'impianto che alla tipologia della fonte. Ciò ha complicato il lavoro degli operatori di settore, i quali non hanno potuto e continuano a non poter programmare i propri interventi in un quadro di stabilità e di certezza., The present paper intends to highlight some critical issues pertaining both the regulation of permissions to build energy plants powered by renewable sources and the promotion policies for their development, in compliance with the European and international rules. In Italy, the regulation is really complicated, due to the different levels of rules interfering in a transversal subject which requires diversified - and often in conflict - interests. Its complexity is also organizational because of the governmental competences intertwining. Within the same institution, there may be different competences among the various authorities commanding rides and regulations, plans as well as licenses. The 2003 legislative decree 387 introduced the norm of the «unique permission»to localize the renewable-sou reed plants, which, however, is just the common denominator of a. regulation that continued to be fragmented and was finally implemented by «Guidelines»in 2010. In the meantime, the Constitutional Court has had to fix the space to be left to the Regions, The recent 2011 legislative decree 28, implemented by the directive 2009/28/EC, does not solve the problem of how to make the procedures easier because it refers to a series of executive regulations, both state and regional, which make the reconstruction of the regulatory framework more complex. As regards the promotion policies, they are characterized by various phases with the legislator frequently changing focus, both in relation to the dimension of the plant and the typology of the source itself. As a result, the work carried out by the sector operators is being complicated as they have been and still are unable to perform their executive role in a stable and secure framework. © Copyright Giuffrè 2012.

In a volume that deals with convergence / divergence in the institutional development of the public services sector in some European countries, in a comparative perspective, chapter 4 traces changes in an area of policy (pre-school child care) that displays strong similarities across four countries (UK, France, Germany and Italy). There are similar approaches in child protection involving the courts and key roles for public agencies; a low level of child care provision in the early years with strong independent sectors; strong emphasis on pre-school education, with the main institutional provision linked with the regular education system, except in Germany. Dissimilarities arise from differences in local government system and/or the relationship between central and local government, such as relatively uniform system in France and the UK, variations between Lænder in Germany, and greater autonomy at the regional and local levels as a source of diversity in Italy. The strong central policy drives towards pre-school education and child care to facilitate parental labour force participation is causing some convergence. In this respect, developments in Italy, the UK and Germany may be reducing differences between their systems and that of France.

In a book that provides a comprehensive analysis of the provision of public services in some European countries, this chapter reconstructs key developments in long-term care in England, France, Germany and Italy since the beginning of the 1990s, with a view to identifying changes in the horizontal and vertical governance of services, that is, the role of public, commercial and non-profit organizations in service provision and the distribution of competencies among the different tiers of government. In line with the overall focus of the volume, special attention is paid to the changing role of local government regarding Long-term care, that is particularly suited for such a focus. Whereas in other fields of social policy such as pensions, health care or labour market policy, central government stepped in at an early stage, the responsibility for providing and financing services for the frail elderly was largely left with local governments in most OECD countries, until recently major reforms and changes have taken place.

A fronte di un quadro di grande differenziazione qualitativa e quantitativa dell’azione degli enti locali in tema di servizi alla persona è intervenuta, nel 2000, la legge quadro intesa a regolare il settore dei servizi sociali: essa ha assegnato allo Stato tutta una serie di compiti e funzioni, che sono riconducibili a due tipologie di intervento. La prima prevede la determinazione dei principi e degli obiettivi della politica sociale e la determinazione dei criteri generali per la programmazione degli interventi di integrazione sociale da attuare a livello locale; la seconda è rappresentata da quella funzione di indirizzo e di coordinamento, che conserva la sua validità anche in seguito alla riscrittura del titolo V della Costituzione nel 2001, che ha assegnato la competenza «assistenza sociale» alle Regioni come potestà residuale. Il contributo, che si inserisce nella più ampia ricerca PRIN in tema di tutela dei diritti sociali, approfondisce il ruolo che spetta al livello statale per garantire quel necessario bilanciamento tra la tendenza alla diversificazione locale e la garanzia di un livello omogeneo di godimento dei diritti sociali, che costituisce uno degli elementi di unitarietà del sistema istituzionale.

L'articolo esplora il tema della "parabola" che la disciplina delle città metropolitane, quale "nuova" tipologia di ente locale intermedio ha subito in Italia a partire dalla legge sulle autonomie locali del 1990, evidenziando i problemi che si pongono soprattutto a seguito della costituzionalizzazione di un ente tuttora inesistente.

Lo studio esamina l'evoluzione in atto nel modo di programmare l'allocazione delle risorse pubbliche, affrontando i nuovi indirizzi della programmazione della spesa pubblica ora orientati verso il coordinamento con il livello sovranazionale e substatale e la concertazione con le parti sociali. L'opera esamina quindi la riforma del bilancio e della contabilità nazionale ed i meccanismi, genericamente definiti di programmazione negoziata, con una formula che sintetizza la necessità di indirizzare e coordinare le decisioni di allocazione delle risorse verso obiettivi condivisi.