Edgar Radtke , nei suoi studi[1], ha spiegato come i linguaggi giovanili si formino ovunque, all'interno di lingue anche molto diverse tra loro, precisando che eventuali affinità e differenze possono individuarsi o per ragioni geografico-culturali (distanza/vicinanza di rapporti) o per la variabilità sociale del concetto di ‘giovane’che in questi ultimi decenni ha ampliato, soprattutto in Italia, il suo spazio generazionale. La dimensione internazionale del linguaggio giovanile trova anche una sua motivazione nella tendenza, in alcune varietà, ad accogliere e a diffondere lemmi utilizzati a livello trans-nazionale, sulla base di un atteggiamento psicologico e sociologico di opposizione alla lingua standard della vita quotidiana o di inserimento dei cosiddetti giovani in un contesto cosmopolita. Ad esempio in Italia, per crearsi un lessico differenziato da quello dell'italiano comune, i giovani ricorrono a procedimenti metaforici che sono presenti anche in altri ambienti giovanili europei, determinando una certa omogeneità lessicale. Una sola campionatura della contiguità semantica della metafora sarà sufficiente ad illustrare questo meccanismo: mentre gli adolescenti italiani nel riferirsi a persone anziane, in particolare ai genitori, usavano ed usano l'appellativo di semifreddi, o quello, vagamente colto, di sapiens, i francesi adottano la formula PPH (pepehasce) e cioè “passera pas l'hiver”, i tedeschi li gratificano con Mumien.