Basandosi sui risultati di una ricerca su venti Piani Sociali di Zona, l’articolo analizza le competenze per la partecipazione e il ruolo che esse svolgono in qualità di anelli di congiunzione tra modelli/ teorie e pratiche di partecipazione. Vengono indagati in particolare i modelli concettuali e le rappresentazioni che funzionari e politici mettono in campo relativamente alle competenze ritenute importanti per promuovere la partecipazione sociale. Oltre a dare voce a chi realmente progetta e implementa i Piani, spesso lavorando in prima linea, queste rappresentazioni illuminano punti di forza e debolezze della partecipazione sociale. La tendenza di fondo che emerge dalla ricerca è la centralità di un approccio relazionale alla partecipazione. Ciò comporta alcuni problemi e in particolare il rischio che si affermi una visione riduttiva incentrata in modo schiacciante sulle capacità personali di tipo comunicativo. Ciò significherebbe svalutare sia i contesti istituzionali (in termini di risorse e di fattori che facilitano o, al contrario, sfavoriscono la partecipazione) sia la dimensione intersoggettiva alla base delle abilità comunicative. Il rischio, insomma, è la banalizzazione delle capacità relazionali. Il punto più importante è che concepire le competenze come capacità esclusivamente personali induce a eludere le questioni relative a come suscitare, trasmettere e riorganizzare le conoscenze per la partecipazione Drawing on the results of research on 20 Area Social Plans, the article analyses the competences for participation and the role that they perform as a linkage between models/theories and practices of participation. We investigate in particular the conceptual models and representations of officials and politicians in regard to the competences deemed important for promoting social participation. Besides giving voice to those who actually design and implement the Plans, often working on the front line, these representations enlighten the strengths and weaknesses of social participation. The underlying trend that emerges from the research is the centrality of a relational framework of participation. This entails some problems. There is a risk of a reductive vision which gives overwhelming weight to personal skills of communicative type. This would devalue both institutional contexts (in terms of resources and facilitating factors or, conversely, disincentives) and the intersubjective dimension at the basis of communicative skills. The risk, in short, is the trivialisation of relational skills. The most important point is that conceiving skills as equivalent to personal abilities leads to evasion of questions concerning how to elicit, transmit, and reorganise knowledge for participation.