Importantissimi documenti per conoscere il rapporto che Bologna intessé con la Londra della Royal Academy per tramite di due grandi personaggi, il bibliotecario di Giorgio III, il re architetto, Richard Dalton e il magnifico pittore Gaetano Gandolfi. Le due opere sono infatti state eseguite a Londra, nel 1789 - la data che chi scrive aveva estrapolato da documenti e indizi dello stile per il Grand Tour in Inghilterra del pittore bolognese, che ha concesso di ovviare alla lettura attardante della pittura di questi -, allorché l'artista vi si recò su invito dell'amico e per l'affezione che per lui aveva il re, e l'interesse di molti dei pittori inglesi. Non volle dipingere opere d'impegno, rifiutandosi di sostare troppo al ungo; di quel viaggio ci ha lasciato disegni come questi, elegantissimi capricci di teste composti seguendo la tradizione che affonda le radici nella pittura manieristica di Niccolò dell'Abate, Parmigianino, declinata secondo un gusto moderno e gli esiti di una sensiblerie vivacissima; altre opere sono, probabilmente, piccole tele di sprezzata maniera ritrovate in Francia, dove certo sostò durante il viaggio. Gaetano, pur profonadmente legato alla sua patria, per carattere, seppe intessere rapporti fecondi con artisti delle nazioni più all'avanguardia all'epoca sua, la Francia (Fragonard in primis), e l'Inghilterra, dove fu apprezzato sommamente: allorché il figlio Mauro, nell'Ottocento, si recò in America, scoperse che per il tramite delle incisioni e dei resoconti dei pittori di quella Terra che avevano studiato a Londra, Trumbull, per fare un esempio, il padre era noto, ed apprezzato.