Se, da una parte, grazie soprattutto al lavoro di Martha Nussbaum (2001, 2004), le scienze politiche hanno recentemente integrato la dimensione emotiva come fattore di conoscenza, dall’altra, la svolta estetica di cui ha scritto R. Bleiker nel 2001 (The Aesthetic Turn in International Political Theory) ha reso possibile l’acquisizione del letterario nel dominio dell’analisi politica. In particolare, è possibile oggi affermare che la rappresentazione di eventi bellici attraverso il filtro di media artistici (narrativa, fotografia, cinema), con il corredo di ferocia e crudeltà che tale rappresentazione comporta, può indurre nel lettore una risposta emotiva ed etica. Se è vero che “il linguaggio letterario utilizza espedienti irrazionali per stimolare il pensiero razionale” (cfr. S. Chan, 2009), la specificità retorica delle tecniche adottate in un romanzo può produrre però effetti diversi sul lettore. Nel caso di Sniper (Francia, 2001) e di Caduta libera (Italia, 2009) Pavel Hak e Nicolai Lilin ci presentano la vicenda di un cecchino, narrata in prima persona. Fin dallo sfondo bellico, però, le scelte descrittive divergono nei due autori, da una parte verso una precisa individuazione storica (la Cecenia), dall’altra verso un indistinto teatro dello scontro, compatibile nella sua indeterminatezza, sia con le guerre balcaniche che col citato conflitto ceceno. Ma a fare la differenza tra le due narrazioni è principalmente la posizione assunta dall’autore rispetto alla materia del racconto. Tra la veridizione “dell’io c’ero” che presiede ad ogni operazione editoriale di Lilin e la deliberata “finzionalità” delle scelte narrative di Hak, è la seconda opzione a comportare, con la responsabilità del gesto letterario, il maggiore potenziale politico., Between, Vol 5, N° 10 (2015): L’immaginario politico. Impegno, resistenza, ideologia