R. G. Lucchi, D. Accettella, S. Aliani, BENSI, MANUEL, A. Caburlotto, A. Camerlenghi, K. Carbonara, C. Caricchi, M. Celussi, C. De Victor, GIORGETTI, GIORGIO, M. Giustiniani, V. Kovacevic, L. Langone, P. Macri’, G. Madrussani, R. Melis, K Mezgec, C. Morigi, M. E. Musco, M. Rebesco, G. Rossi, L. Rui, A. Sabbatini L. Sagnotti, U. Tinivella, G. Varagona, G. Villa, Lucchi, R. G., Accettella, D., Aliani, S., Bensi, Manuel, Caburlotto, A., Camerlenghi, A., Carbonara, K., Caricchi, C., Celussi, M., De Victor, C., Giorgetti, Giorgio, Giustiniani, M., Kovacevic, V., Langone, L., Macri’, P., Madrussani, G., Melis, R., Mezgec, K, Morigi, C., Musco, M. E., Rebesco, M., Rossi, G., Rui, L., Sagnotti, A. Sabbatini L., Tinivella, U., Varagona, G., and Villa, G.
Le finalità della ricerca nell’Artico di OGS in collaborazione con numerosi partners italiani e internazionali, riguarda la ricostruzione del registro sedimentario marino dei processi di deglaciazione dall'ultimo massimo glaciale fino ad oggi, l'interazione tra circolazione oceanica e sedimentazione nello stretto di Fram e sul margine occidentali delle Svalbard, e la distribuzione di idrati di metano nei sedimenti marini dell'intera zona Artica. Il lavoro di raccolta dati è stato effettuato sia attraverso spedizioni oceanografiche italiane con la R/V OGS-Explora (2008, 2013, 2015) sia attraverso altre piattaforme di ricerca internazionali (R/V Jan Mayen, 2001, 2009; R/V Hesperides, 2007; R/V Maria S. Merian, 2013; R/V G.O. Sars, 2014; R/V Polarstern, 2016) anche utilizzando strumentazione all’avanguardia come il sistema di perforazione automatizzato MeBo (Hanebuth et al., 2014), il Calypso piston corer per lunghi campionamenti (> 20 m, Lucchi et al., 2014) e sistemi di campionamento video-assistiti come il TV-Multi corer, e l’Ocean Floor Observatory System (Lucchi et al., 2016). La ricerca sedimentologica e paleoceanografica ha portato alla ricostruzione temporale dei processi sedimentari che hanno accompagnato l'ultimo ritiro della calotta glaciale delle Svalbard-Barents (Pedrosa et al., 2011, Sagnotti et al., 2012). Le modalità del ritiro dei flussi di ghiaccio (ice streams) hanno prodotto un forte impatto sul sistema deposizionale locale, creando aree di instabilità lungo la scarpata continentale (Lucchi et al., 2012; Rebesco et al., 2012; Llopart et al., 2014) e influenzando il ripristino e sviluppo della produttività primaria locale per la presenza di acque torbide di fusione che influenzarono le proprietà fisiche e composizionali delle masse d’acqua (Lucchi et al., 2013). Inoltre è stato identificato per la prima volta nell’Artico, il deposito sedimentario legato all’evento eccezionale di rilascio di acque di fusione degli ice streams denominato Meltwater Pulse 1a (Lucchi et al., 2015, Sagnotti et al., 2016) responsabile dell’innalzamento del livello eustatico di circa 20 m in soli 320 anni. I sediment drifts di Bellsund e Isfjorden osservati sul margine occidentale delle isole Svalbard, contengono un registro paleoceanografico continuo degli ultimi 3.5 M di anni, con accumulo sedimentario alimentato anche attraverso le acque dense (brine) prodotte sulla piattaforma continentale (Rebesco et al., 2013; 2014). La ricerca sugli idrati di metano in ambiente artico ha permesso la caratterizzazione in 3D di Vp, Vs e Q (attenuazione) su un campo di idrati del margine della Svalbard e la loro associazione con il sistema di circolazione di fluidi (Madrussani et al., 2009; Rossi et al., 2007; Carcione et al., 2005). Giustiniani et al. (2013) e Marín-Moreno et al. (2016) hanno prodotto un modello di distribuzione degli idrati di metano per tutto l'Oceano Artico con definizione della riserva metastabile di carbonio nell'Oceano Artico. Infine, i dati batimetrici raccolti da OGS sono stati inseriti nella versione 3.0 dell'International Bathymetric Chart of the Arctic Ocean (IBCAO) (Jokobsson et al., 2013).