Van Aken, M, Alliegro, EV, Armiero, M, Battaglini, L, Bonato, L, Bougleux, E, Cavaglià, G, Debili, P, Genovese, D, Gentile, C, Mascadri, G, Mondo, D, Panero, F, Tondolo, M, Turroni, M, Van Aken, M, Vianello, R, Villa, M, and Zola, L
“Terra terra” è una metafora italiana che mi ha sempre attratto per la capacità di rendere conto della condizione contadina e del lavoro agricolo: visualizza il guardare basso, le condizioni spesso dipendenti di chi lavora in agricoltura, proprio raddoppiando la presenza della terra come attore principale. Simile a down to earth in inglese, nella svalutazione del lavoro agricolo come dipendenza e ignoranza, è venuto a definire la “semplicità” del lavoro con la terra, rivalutato oggi all’interno delle questioni ambientali e dopo decenni di abbandono del lavoro agricolo, e non solo in Italia. Questa metafora porta però con sé un distanziamento, un’ “emancipazione” dalle relazioni atmosferiche e da vicoli ambientali, che invece hanno sempre costituito la base dei saperi rurali locali nell’orientare le pratiche lavorative, nei limiti e potenzialità delle risorse: un distanziamento dalle relazione dal tempo “su nell’aria” (Strauss and Orlove, 2003) che oggi è amplificato nell’immaginario comune dai cambiamenti climatici e atmosferici, dove le stagioni non propongono più regolarità e uniformità e sono alla base di un disorientamento e spaesamento, tanto dei piccoli agricoltori quanto, seppur più diniegato, della società in generale. L’ambiente cambia, tanto più a partire dalla dimensione più aleatoria, invisibile, imprevedibile dall’alto, un aspetto che lo rende oggi impensabile e perturbante. Se il rapporto con l’atmosfera è sempre stato ambivalente, oggi è centrale nel ripensare e comprendere i rapporti tra società e ambiente e pone in luce le contraddizioni dei nostri modelli “materiali” schiacciati a terra e sconnessi dal tempo atmosferico. Invertire la metafora quindi, con down to air meglio esprime la antica connessione incorporata nei saperi locali dell’intima connessione tra saperi dell’incertezza e della relazionalità con il tempo e pratiche, queste sì, tutte “terra terra” ma che si orientano guardando in alto, sentendo il vento, o la reazione degli insetti per condividere sistemi di significati sociali ed ecologici assieme. Il calendario atmosferico palestinese, sopravvissuto in racconti orali dei rifugiati ma tanto più nelle pratiche agricole di agricoltori nella West Bank, è un esempio storico di relazione culturale all’imprevedibilità e variabilità del tempo, attraverso sistemi di significato, rituali, partiche lavorative co-involte nell’ambiente atmosferico e nei suoi cambiamenti e capricci, orientati storicamente in Medio Oriente a definire i ritmi dell’aridità e della piovosità come spartiacque fondamentale.