La percezione delle Guerre d'Italia quale momento topico nel processo di transizione e integrazione geopolitica dell'Europa ha radici storiografiche profonde. Già nella prefazione alla sua "History of the reign of the Emperor Charles V", apparsa nel 1769, William Robertson sosteneva che, tra il 1519 e il 1556, «the powers of Europe were formed into one great political system, in which each took a station, wherein it has since remained with less variation, than could have been expected»; proprio a partire da quel periodo così denso di eventi, «the transactions of every considerable nation in Europe become interesting and instructive to all». Qualche decennio più tardi fu Henry Hallam a indicare nella spedizione italiana di Carlo VIII «the event that first engaged the principal states of Europe in relations of alliance or hostility which may be deduced to the present day» ("View of the State of Europe during the Middle Ages", 1818). Più di recente, alcuni storici hanno in certa misura ripreso tali suggestioni, sottolineando come quelle vicende belliche avessero contribuito a plasmare un sistema di respiro europeo, relativamente più integrato che in precedenza. Questa incipiente trasformazione degli equilibri internazionali, interagendo con le caratteristiche 'strutturali' della società coeva, fece sì che molti attori strategici vedessero nell'accresciuta complessità geopolitica del continente una fonte pressoché inesauribile di allettanti opportunità per acquisire o consolidare potere, prestigio e ricchezza: non ci riferiamo soltanto a chi esercitava la sovranità su ampi aggregati politico-territoriali, più o meno coesi e tendenti all'accentramento, ma anche ai membri dei patriziati cittadini, ai signori feudali e a tutti gli altri soggetti in qualche modo riconducibili a queste élite, in virtù di strategie individuali, familiari e clientelari di vario genere.