B. De Rosa, R. Gori, L. Accati, S. Thanopulos, M. Sommantico, S. Parrello, F. Chicchi, G. Gaillard, A. Arienzo, P. Sebastianelli, I. Iorio, M. Osorio Guzmàn, B. De Rosa, and De Rosa, B.
Negli ultimi decenni tante ed autorevoli voci si sono levate a denunciare l’insostenibilità di questa contemporaneità che paghiamo ad un prezzo troppo elevato in forme del malessere. Nella dismisura, cifra della civiltà di Narciso, si esprimono l’affermazione economica, politica, culturale e psicologica del neoliberismo e della sua logica predatoria che mina le basi del vivere insieme (Gaillard), di una civiltà Io-cratica dove il soggetto si identifica e si esaurisce nella sua ‘prestazione’ (Chicchi) ed il suo legame con l’altro nella competizione, di una burnout society con il suo portato di violenza sistemica dai tratti autodistruttivi (Han, 2010). Nel diniego onnipotente del limite, Narciso ha soppiantato Edipo e con esso l’incontro umanizzante con la mancanza, l’alterità interna ed esterna, con la differenza propulsiva per lo sviluppo individuale e per il processo di incivilimento. Oltre l’evaporazione del padre assistiamo alla rottura del patto coniugale (Thanopulos), le cui radici affondano forse ben più indietro nel tempo (Accati), ad una crisi pervasiva della funzione adulta che degrada i ‘mestieri impossibili’ ad una dimensione di fabbricazione, rischiando di trasformarli in pratiche di cura totalitarie (Gori). Ne dialogano in questo volume psicoanalisti, storici, sociologi, filosofi politici. Nel trauma pandemico in cui siamo oggi immersi quel che abbiamo tentato di cancellare nello scintillio dell’iper ci è tornato addosso con la violenza del reale: il limite, la fragilità nel cui confronto -di certo problematico, aporetico, irresolubile- si cela uno strumento per la preservazione dell’umano, un onere etico e un’arma contro il narcisismo di morte (Green, 1983) e le sue derive de-civilizzanti. Però, la pandemia è anche l’occasione per trovare un modo diverso di stare a questo mondo e di averne cura, intraprendendo quel lavoro del lutto necessario a ritrovare la dimensione artistica, artigianale della nostra esistenza (Gori) in cui, attraverso l’esperienza dello smarrimento (Arienzo), possano riacquistare valore l’inciampo evolutivo, l’imprevisto, la contingenza, la pluralità, condizioni della facoltà di pensare, la più politica tra le facoltà umane. In altri termini, è un’occasione di Kulturarbeit che, come tutte le occasioni, può essere sprecata, lasciando all’orizzonte il baluginio perturbante dell’ad-venire di una distopia.