1. Omogeneità costituzionale europea e identità nazionali: un processo di integrazione circolare tra valori costituzionali europei e teoria dei controlimiti
- Author
-
DEL VECCHIO, ILARIA, Caponi G, Capuozzo V, Simonetti A., DEL VECCHIO, Ilaria, Caponi, G, Capuozzo, V, and Simonetti, A.
- Abstract
Se l’omogeneità costituzionale, da un lato, e la tutela delle identità nazionali, dall’altro, già erano intesi, da una lungimirante dottrina pre‐Lisbona, come termini di integrazione ed alimentazione di un percorso volto al consolidamento di una Multilevel Constitution, oggi questa dialettica è avvalorata dai principi che emergono dal TUE così come modificato dal Trattato di Lisbona. Difatti, se con gli artt. 2 e 6 TUE si è inteso individuare il sostrato di valori comuni sui quali si fonda l’Unione, peraltro tutelata dall’art. 7 TUE che ne configura un vero e proprio “garante politico”, sul versante opposto, grazie all’art. 4.2 TUE, si è rafforzato nel panorama europeo il concetto di “identità nazionale”. Pertanto, è alla luce dei suddetti principi che intendiamo leggere il rapporto tra ordinamento europeo e costituzioni nazionali esaminando, in particolare, la giurisprudenza della Corte di Giustizia e delle Corti costituzionali interne più significativa al riguardo. Non si può non rilevare che il primato del diritto comunitario è bilanciato dal concorrente principio di tutela dell’identità nazionale e, in questo senso, occorre cogliere il ruolo della Corte di Giustizia nella c.d. “integrazione mediante il diritto”. La Corte, attraverso un processo circolare, ha, in primo luogo, estrapolato dalle tradizioni costituzionali degli Stati‐membri, oltre che dalla CEDU, i principi idonei alla tutela dei diritti fondamentali, li ha poi rielaborati, armonizzandoli, ed infine li ha restituiti agli operatori interni per l’applicazione rispetto alle norme di attuazione del diritto dell’Unione. Questa tendenza ha indotto le Corti costituzionali nazionali a preservare il proprio ruolo di controllo della compatibilità dell’ordinamento europeo con le Carte fondamentali degli Stati membri, al punto da ammettere, in talune condizioni, la non applicabilità del diritto europeo anche in presenza di un obbligo giuridico dello Stato di conformarsi ai Trattati istitutivi. A fronte dell’attuale formulazione degli articoli 2, 6 e 4.2 TUE ci appare opportuno analizzare se la loro portata sia in grado di minare, o quantomeno limitare fortemente, la teoria dei cc.dd. controlimiti: dal momento che i principi fondamentali sono espressamente riconosciuti dall’art. 2 TUE come “comuni agli Stati membri” e fondamento dell’Unione stessa, quale dominio resta al sindacato del giudice costituzionale? Qual è, inoltre, il rapporto tra i controlimiti nazionali e il “procedimento politico” ex art. 7 TUE? Una risposta a siffatti quesiti potrebbe delinearsi considerando se e in quali termini un rinnovato spazio di operatività della teoria dei controlimiti abbia ragione di residuare in determinati e selezionati casi. Tali valutazioni, a giudizio di chi scrive, potrebbero costituire la via maestra da intraprendere per la definitiva affermazione di una koinè costituzionale europea.
- Published
- 2014