1997/1998 Negli ultimi decenni si è resa sempre più evidente l'importanza della mammografia quale strumento di diagnosi precoce dei tumori [NCRP, 1986], [Smith, 1993]; il tumore alla mammella è infatti una delle principali cause di mortalità femminile nei paesi civilizzati. Allo stato attuale la mammografia è la tecnica diagnostica che consente di ottenere la diagnosi meno invasiva e con risultati di maggior affidabilità [Zhou e Gordon, 1989], [Hurley e Kaldor, 1992]. Non di meno questo tipo di esame ha alcune importanti limitazioni in termini di sensitività, di specificità e di rischio carcinogenico [Sabel e Aichinger, 1996]. Infatti una percentuale di tumori variabile tra il 5-15% non sono visualizzati [Langer e de Paredes, 1990] ed il numero totale di tumori conclamati, per numero di biopsie raccomandate sulla base di mammografie di screening, varia tra il l 0- 50% [Weinreb e Newstead, 1994]. Uno dei rischi della mammografia è inoltre il potenziale carcinogenico dei raggi X utilizzati nell'esame [Feig e Hendrick, 1993], [Sabel e Aichinger, 1996]. D'altra parte una diagnosi precoce, capace di evidenziare tumori di dimensioni inferiori al centimetro e dunque una certa frequenza dell'esame (ogni 1-2 anni, al di sopra dei 40-50 anni, al variare dei protocolli), determina una sperimentata maggiore probabilità di sopravvivenza [Tabar e Dean, 1982]. Vi è quindi la necessità di ottenere la maggior quantità possibile di informazione, mantenendo una dose quanto più possibile contenuta. Dal punto di vista radiologico, la mammella è uno degli organi di più difficile esame, in quanto consiste di tessuti di densità e composizione chimica molto simile che determinano ridotte variazioni nei coefficienti di attenuazione [Johns e Y affe, 1987]. Di conseguenza il contrasto di un mammogramma è normalmente basso. Vi è inoltre una particolare difficoltà di diagnosi nei seni densi, che incidono per il 20-25% del totale, soprattutto in donne giovani, per le quali una diagnosi precoce e certa è di estrema importanza [Jackson, 1993]. Nella mammografia clinica due sono gli aspetti principali da considerare: la presenza di microcalcificazioni e di neoformazioni maligne, per esempio in forma di noduli. La cospicuità ed una particolare conformazione dei bordi delle microcalcificazioni sono spesso correlate con la presenza di un carcinoma infiltrante, talvolta invisibile direttamente. Microcalcificazioni di 200 J.Lm (con contrasto soggetto del 5-8%) e noduli del diametro di 3-8 mm (con contrasto soggetto dell'1-3%), sono considerati i limiti diagnostici in mammografia clinica [Dance, 1988]. Per tutti questi motivi vi è un gran fermento nella ricerca di nuove tecniche (o nel miglioramento di quelle esistenti), capaci di aumentare la probabilità di diagnosi precoce, e nel contempo, di ridurre la dose ai tessuti [Sabel e Aichinger, 1996]. Gli sforzi sono diretti in più direzioni: nel miglioramento della qualità della sorgente, nel tipo di rivelatore e nello sviluppo di nuove metodologie di imaging. Dal punto di vista della sorgente, l'utilizzo dei raggi X monocromatici consente una riduzione della dose ed in alcuni casi un miglioramento delle qualità dell'immagine [Burattini, 1992]. In questa prospettiva sono stati testati cristalli monocromatori a mosaico applicati a tubi radiogeni convenzionali [Gambaccini, 1995] ed è stata sperimentato l'utilizzo in mammografia della luce di sincrotrone presso una test-beamline ad Adone (Frascati). Si è verificato che la monocromaticità, in associazione con l'alta collimazione del fascio, consente di ottenere immagini in trasmissione, a parità di dose, di qualità superiore a quelle ottenute con un tubo radiogeno [Burattini, 1992]. Nel campo dei rivelatori vi è lo sviluppo della mammografia digitale, che si pone come obiettivo il superamento dei limiti intrinseci del sistema di rivelazione convenzionale schermo-pellicola. I rivelatori a stato solido, mediante la registrazione diretta dell'intensità di radiazione dopo il campione, consentono di ampliare enormemente il limitato range dinamico della pellicola, permettendo al contempo l'utilizzo di tutte le tecniche disponibili di post-processing. La ricerca in questo campo ha intrapreso svariate direzioni. Sono stati testati con successo rivelatori CCD ad area [Gambaccini, 95], [Maidment e Yaffe, 1994], a microstrip di arseniuro di gallio [Bates, 1998] o di silicio. In quest'ultimo ambito la collaborazione SYRMEP ha sviluppato un rivelatore a microstrip di silicio a strati sovrapposti, operante in "single photon counting" [Arfelli, 1997-III]. Permangono altresì alcune limitazioni nell'applicabilità clinica di questi dispositivi, come ad esempio la bassa efficienza (soprattutto per alcuni CCD) oppure la dimensione elevata dei pixel. Nuovi dispositivi a grande area, elevata efficienza e dimensioni ridotte del pixel, sono stati annunciati, ma non saranno commercializzati prima del2000 [Antonuk, 1993], [Yaffe e Rowlands, 1997]. Una terza direzione è stata intrapresa per migliorare la qualità dell'immagine mammografica: essa consiste nello sviluppo di tecniche che consentono di aumentare intrinsecamente il contrasto che può essere prodotto sulle immagini. Lo scopo di questa Tesi è lo studio e l'applicazione di queste tecniche, conosciute in letteratura con i termini di "Contrasto di Fase" e di "Diffraction Imaging", alla mammografia in-vitro. Come si vedrà in particolare nel Capitolo 3, per poter applicare queste tecniche dal punto di vista clinico, è necessario disporre di una sorgente coerente di raggi X ad alto flusso e, allo stato attuale, solo un fascio di luce di sincrotrone possiede le suddette caratteristiche. L'utilizzo di sorgenti convenzionali, possibile in linea di principio [Wilkins, 1996], [Ingal, 1996], determina tempi di esecuzione di un esame dell'ordine di 1-10 ore (al variare dello spessore del campione esaminato), del tutto incompatibili con l'immagine diagnostico; utilizzando invece una sorgente di sincrotrone, l'esame del campione può essere eseguito in circa 1-3 secondi. La collaborazione SYRMEP, all'interno della quale ho portato a compimento questa Tesi, ha progettato ed installato una beamline dedicata principalmente allo studio di nuovi rivelatori per la mammografia ed alla sperimentazione di nuove tecniche di immagini medico con raggi X. Nella prima parte del mio lavoro ho avuto modo di partecipare alla progettazione ed al montaggio della beamline da magnete curvante, descritta nel Capitolo l. Dal punto di vista geometrico il fascio è naturalmente laminare; la lunghezza della linea è stata fissata in modo da ottenere alla stazione sperimentale una sezione di circa 120x4 mm2 . Il fascio è monocromatizzato da un cristallo di silicio (111), che consente di selezionare un'energia nell'intervallo 10-35 keV, range sufficiente in particolare per la mammografia. Le immagini di tessuti biologici devono essere effettuate mediante una scansione verticale del campione posto davanti al rivelatore. Le misure di calibrazione degli strumenti e la caratterizzazione del fascio sono descritti nel Capitolo 2. Per quanto riguarda le caratteristiche del sistema di monocromatizzazione sono state misurate la risoluzione energetica, dell'ordine dello 0.1-0.2 % ed il contenuto di armoniche superiori nel fascio diffratto, inferiore allo 0.3%. Il flusso di radiazione a 20 keV, al variare dell'accettanza utilizzata, è pari a 3-5 ·107 fotoni· s-1 · mm-2 . Nel Capitolo 3 si dà una descrizione teorica della formazione dell'immagine nelle tecniche di contrasto di fase. Esse si basano sulla registrazione della figura di interferenza tra la porzione d'onda che ha subito uno sfasamento al passaggio attraverso un campione e l'onda incidente stessa. Nella tecnica descritta in questo capitolo l'interferenza può essere registrata ponendo il rivelatore ad una distanza opportuna dal campione; sono inoltre presentate alcune simulazioni che consentono di ottimizzare il set -up sperimentale. Nel Capitolo 4 viene invece descritta una seconda tecnica di contrasto di fase, denominata Diffraction Imaging, che si basa sulla alta selettività angolare di un cristallo perfetto, posto tra il campione ed il rivelatore. Utilizzando questo tipo di tecnica è possibile ridurre drasticamente lo scattering sul rivelatore oppure selezionare solo una particolare direzione dei raggi diffratti dal campione. In vari casi, discussi nell'ambito del capitolo, si possono ottenere contrasti superiori alla tecnica illustrata nel Capitolo 3. Sono inoltre presentate varie simulazioni, comparate con i dati sperimentali, ed alcune proposte di sviluppo della tecnica stessa. Nel Capitolo 5 vengono discusse le immagini ottenute con le due tecniche studiate in questa Tesi, confrontate con le immagini al mammografo e quelle registrate in trasmissione con luce di sincrotrone. Nella prima parte sono presentate in modo sinottico alcune immagini di campioni biologici, che consentono di illustrare nei dettagli le particolarità delle tecniche utilizzate. Nella seconda parte sono invece proposte varie immagini di un oggetto test mammografico e di alcuni reperti chirurgici, dalle quali risultano evidenti i grandi miglioramenti, in termini di risoluzione spaziale ed in contrasto, consentiti dalle tecniche di "Contrasto di Fase" e di "Diffraction lmaging". XI Ciclo 1968 Versione digitalizzata della tesi di dottorato cartacea.