La bellezza, e il suo disciplinarsi nella ricerca della regola, trova storicamente senso nella caratterizzazione del concetto di struttura. Dopo gli studi degli Anni Sessanta, il concetto di struttura/architettura è migrato dalla linguistica alla comunicazione mediale. Ripensare - oggi - al concetto di bellezza come struttura codificabile dei saperi progettuali, significa mettere in campo valori astratti e formali complessi basati sulla comparazione dei termini di ruolo, corrispondenza, relazione e rete. La struttura, in architettura, non coincide con la forma, ma ne consente intelleggibilità e descrizione, alla generalità massima. Diversamente dal tipo, che esprime carattere storico-evolutivo, ma analogamente alle scienze naturali, l’analisi e la concezione strutturale sono discipline empiriche, con attitudine alla proprietà combinatoria. La comunicazione in oggetto intende dare risalto alla venustas come “struttura” ed alla capacità di “dare struttura” alle forme e alla materia, attraverso dispositivi trasmissibili e descrivibili in termini logici e storico-culturali. 2. La struttura, nel progetto architettonico, è il risultato di un processo di attribuzione di ruolo a determinati elementi, come complesso di regole assunte da elementi tra loro simili o diversi. Questa procedura - vitruviana o palladiana - codifica gli elementi del progetto come racconto logico-astratto. Non diversamente da una ricetta gastronomica, essa ha per obiettivo la ricreazione o modifica di un prodotto, in modo controllato e consapevole. Dal razionalismo rinascimentale alla rivoluzione illuminista, l’esigenza di modellare e ri-formulare l’architettura secondo leggi naturali, si esprime nella mimesi biomorfica, riconoscendo alla materia un assetto formale e funzionale organizzato, architettonico, in senso lato. E’ nel corso dell’architettura novecentista che si può seguire la linea ininterrotta delle creazioni che si rifanno alla riflessione scientifico-naturale. Opere tese tra lo strutturalismo di Maillart e Michelucci, che trovano ragione e forma nelle concezioni antroposofiche di Rudolf Steiner o nelle ardite sperimentazioni statico-figurative di Gaudi. Dal punto di vista teorico - e per lo più conosciuta alla critica italiana - è la lettura del processo compositivo dell’architettura, come capacità di dare forma alle cose, a partire dagli assetti e stratificazioni della geologia terrestre. Questo approccio culturale, del tutto originale, è stato condotto da Rudolf Schwarz nel volume “Von der Bebauung der Erde” (1947). L’architetto renano ripercorre le radici culturali dell’analogia isomorfica in chiave espressionista, sottoponendo ogni proposizione alla serrata analisi in termini funzionali (1) ma rinnovandone altresì la carica utopica e spirituale. Questo processo razionale contiene parimenti le premesse e gli esiti delle sperimentazioni ”visionarie” che hanno percorso la cultura architettonica globale, dall’arte orientale al gotico, dall’Espressionismo di Hugo Häring al modernismo catalano. Tanto le inquietudini formali del mondo fiabesco e paradossale di Friedensreich Hundertwasser, quanto le creazioni della scuola ungherese di Imre Makovecz, sono espressioni estreme di un catalogo di architetture animate che trovano nel complesso valenciano di Santiago Calatrava la versione più tecnologica e lessicalmente aggiornata.