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Alla straordinaria accelerazione che la storia europea e mondiale presentò nel 1956 – anno non a caso spesso definito come «indimenticabile» – con l’incalzare di avvenimenti di portata globale, fra loro strettamente connessi (il rapporto Chruščëv, la rivolta polacca di Poznań, la rivoluzione ungherese e la repressione sovietica, l’intervento anglo-francese a Suez e la seconda guerra arabo-israeliana), coincise nella vita di Ignazio Silone e di Nicola Chiaromonte, che proprio quell’anno avviar...

Oltre gli steccati Quando Stalin morì, la notte del 5 marzo 1953, il Partito comunista era alla vigilia della storica vittoria contro la legge truffa. Si preparava alla battaglia elettorale contro la Democrazia cristiana cercando di fare fronte al mondo che stava cambiando. Ma certamente non si aspettava il tornado che stava per abbattersi sul mito dello stalinismo sovietico. Giuliano Nenni e Palmiro Togliatti andarono a Mosca ai solenni funerali di Stato alla guida di una delegazione sociali...

New Left : il termine viene in genere usato per indicare due fenomeni alquanto diversi, seppure non scollegati, che trovano un significativo trait d’union nell’accezione dell’aggettivo «nuova», ovvero nel tentativo di formulare interpretazioni e letture dei problemi e dei temi propri della sinistra che producano una ridefinizione e una ristrutturazione della sinistra stessa e dei suoi valori portanti. Si tratta di un concetto oggi più familiare che non all’epoca in cui inglesi (tra 1956 e 196...

In un discorso tenuto a Napoli a pochi mesi dalla morte, Palmiro Togliatti rievoca così la stagione della “diaspora” degli intellettuali dal suo partito: Vi ricordate che cosa avvenne allora? Tutti credevano che fossimo finiti, che non ci fosse più nulla da fare per noi, che fossimo ormai esclusi dalla scena politica, ridotti alla disperazione, “Signore, Signore perché ci hai tu abbandonato?”, e quindi fossimo pronti per la crocifissione […]. E invece non successe nulla di tutto questo, propr...

Come ogni momento di riflessione coincidente con un anniversario, anche questo convegno costituisce un’occasione per interrogarci su come cambi nel tempo la prospettiva storiografica con cui si guarda a un avvenimento o a un processo. Un fortunato libretto di Luciano Canfora, uscito per la prima volta nel 2008 e ripubblicato quest’anno, definisce il 1956 «l’anno spartiacque». E questa definizione è ripresa nel titolo che gli organizzatori mi hanno proposto per questa relazione di apertura: un...

In quale misura gli eventi del 1956 hanno costituito una cesura nella storia del XX secolo? Il volume si propone di riflettere – anche criticamente – sull’idea del 1956 come “anno spartiacque”, tenendo assieme ricostruzione storica e dibattito storiografico, e ponendo al centro il nesso tra le vicende nazionali e gli avvenimenti di portata internazionale che in quell’anno si sono susseguiti, dalle crisi interne al blocco sovietico allo scacco subìto in Egitto dal colonialismo anglo-francese. Dal XX Congresso del Pcus ai “fatti d’Ungheria”, dal ’56 polacco alla crisi di Suez, sono ripercorse – con particolare attenzione alle culture politiche – le conseguenze italiane ed europee di eventi e processi di portata globale.

L’ora dei socialisti. Nenni, Lombardi e la nascita dell’autonomia In direzione del Partito: disorientamento generale – scriveva a Basso un allarmato Bruno Widmar all’indomani del XX Congresso del Pcus – […]. Vi è un generale bisogno di discutere, di chiarire, ma è molto diffusa la paura quando non vi sia la persuasione di continuare a far gli stalinisti. […] Il vecchio centro resuscita. Lombardi Foa Santi Pieraccini avvicinano i loro vecchi seguaci […]. Programma: […] mostrare al Partito come...

Nel presente saggio, che analizza il cosiddetto «caso Di Vittorio» scoppiato all’interno del mondo comunista durante gli eventi ungheresi dell’autunno 1956, si ricostruiscono tre passaggi importanti: innanzitutto il comunicato ufficiale della Confederazione Generale Italiana del Lavoro del 27 ottobre; quindi i lavori della Direzione del Pci, svoltisi il 30 ottobre; e infine il comizio tenuto dal Segretario generale della Cgil Giuseppe Di Vittorio a Livorno il 4 novembre. In questo modo, attra...

In questo saggio sarà ricostruita l’attitudine del Partito comunista francese di fronte agli avvenimenti del 1956. Sarà inoltre analizzata in una prospettiva di medio periodo l’importanza di questo anno nella strategia e nella cultura politica dei comunisti francesi. Da una parte, si tenterà di mostrare come gli eventi del 1956 si cristallizzino fino a diventare une vero e proprio nodo irrisolto, che influenza i rapporti del Pcf con il Pci e l’evoluzione complessiva del movimento comunista in...

1° gennaio: il Sudan è riconosciuto come Stato sovrano dai governi britannico ed egiziano. Dal 1899 il Sudan Anglo-Egiziano era stato sotto il dominio congiunto di Regno Unito e del Regno d’Egitto. 31 gennaio - 8 febbraio: X Congresso del Partito Socialista Democratico Italiano (Milano). 2 febbraio: Danilo Dolci è arrestato a Partinico (Palermo) per avere organizzato uno “sciopero alla rovescia”, conducendo un gruppo di braccianti a lavorare in una strada abbandonata all’incuria. Al processo ...

L’attualità In occasione del sessantesimo anniversario dell’insurrezione del 1956, il governo ungherese conservatore, guidato da Viktor Orbán, ha concepito una serie di celebrazioni aventi al centro le figure dei giovani che combatterono per le strade di Budapest. L’ha fatto ignorando gli studenti universitari e gli intellettuali che furono al centro delle manifestazioni sfociate negli scontri svoltisi in seguito, e ignorando Imre Nagy e gli altri membri del governo insorto che furono condann...

Ragion di Stato e trasformazione Nella storiografia e nella pubblicistica polacche dopo l’89, in particolare in quelle che appaiono affini alla narrazione delle forze politiche attualmente al governo, si tende a sottovalutare l’importanza degli avvenimenti del ’56 nella storia nazionale. Un’eccezione è rappresentata dalle proteste di Poznań, del giugno dello stesso anno, paragonate alle insurrezioni nazionali ottocentesche contro l’oppressore russo oppure assimilate all’inizio della fine del ...

Questo intervento si occuperà della cosiddetta “crisi” o “guerra” di Suez del 1956 soprattutto dal punto di vista dell’Egitto e del suo leader del tempo, Gamal Abdel Nasser (‘Abd al-Nasir). L’evento in sé è ampiamente noto, per cui l’articolo potrebbe ridursi a una mera cronaca commentata. Cercherò invece di pormi da un punto di osservazione più specifico e potenzialmente più originale: quello del pensiero politico di Nasser. Ciò risulta ai miei occhi tanto più opportuno quanto più nel 2018 è...

Ci sono anni che pesano come secoli nella bilancia della storia, e indubbiamente il ’56 è uno di quegli anni. Che lo si voglia o meno considerare come “spartiacque” (e se lo si vuole considerare come data in sé periodizzante, probabilmente non lo è), quell’anno, per gli avvenimenti che vi si susseguono, per le problematiche che vi si condensano e soprattutto per le conseguenze che ne scaturiranno, sintetizza molte delle questioni del XX secolo. La concomitanza di eventi come la crisi di Suez ...

Il XX Congresso del Pcus, la questione Stalin, l’intervista di Togliatti a «Nuovi Argomenti» Nella storia del Partito comunista italiano il 1956 rappresenta una data centrale, un punto di svolta e un passaggio decisivo per l’evoluzione del Partito, la precisazione del suo profilo strategico e della sua stessa identità. Alla fine di quell’anno la «via italiana al socialismo» risulterà ormai delineata in modo chiaro e articolato, e al tempo stesso la collocazione internazionale del Pci e il suo...

Nikita Sergeevič! Noi, operai addetti al taglio del bosco a Verchovskij, le siamo grati per aver trovato il coraggio di dire al popolo la verità e di aver reso noti fatti che mostrano che non possiamo accordare la nostra fiducia né a Lei né al governo. Per noi Lenin è sacro, e vogliamo fare come lui ci insegnato: tutto il potere ai soviet! Questa laconica missiva, trovata in tasca a un giovane operaio, prontamente arrestato dal Kgb verso la metà di aprile del 1956 nella regione di Archangel’s...

The Alexander von Humboldt Foundation was re-established in the Federal Republic of Germany in 1953, with the aim of demonstrating that Germany continued to be a great cultural power and of marking its place on the international arena. It awarded very prestigious fellowships to researchers from abroad, based on the criteria of academic excellence and lack of quotas. Even if sporadically at the beginning, the Foundation’s relationship with the countries of Eastern Europe started to develop in the late 1960s, despite the opposite political systems of the two blocs. This happened in the context of the FRG’s East-centered foreign policy (Ostpolitik), and was also due to the opening of socialist countries to the West. The relationship, however, was marked in many cases by tensions, as political interests, as opposed to the cultural or academic dimension, prevailed. The article tackles the situation of the Humboldt fellows from Eastern Europe during the Cold War, focusing, from a comparative perspective, on the quantitative aspect, as well as on the political dynamics which determined their presence in West Germany.

Encounters with AntisemitismThe Holocaust destroyed Jewish communities across Europe and in Poland. Subsequently, in the Soviet bloc, most Jewish survivors were expelled from or coerced into leaving their countries, while the memory of the millennium-long presence of Jews in Poland was thoroughly suppressed. Through the lens of a scholar’s personal biography, this article reflects on how snippets of the Jewish past tend to linger on in the form of absent presences, despite the national and systemic norm of erasing any remembrance of Poles of the Jewish religion. This norm used to be the dominant type of antisemitism in communist Poland after 1968, and has largely continued unabated after the fall of communism. Spotkania z antysemityzmemZagłada zniszczyła społeczności żydowskie w Europie i w Polsce. Następnie w bloku sowieckim większość Żydów, która przeżyła, wygnano lub zmuszono do wyjazdu, a pamięć o tysiącletniej obecności Żydów w Polsce została całkowicie stłumiona. Artykuł ten, z perspektywy osobistej biografii badacza, stanowi zadumę nad tym, jak fragmenty żydowskiej przeszłości mają tendencję do trwania w formie nieobecnej obecności, pomimo systemowo-narodowej normy wymazywania jakiejkolwiek pamięci o Polakach religii żydowskiej. Norma ta była dominującym rodzajem antysemityzmu w komunistycznej Polsce po roku 1968. Po upadku komunizmu raczej nic się nie zmieniło w tym względzie.

As early as in the 1950s, especially in connection with the events of the fall of 1956 in Hungary, the need appeared for the formation of the Soviet doctrine of intrabloc policy aimed at keeping under the military-political control of the USSR (if it was necessary – by force) the countries of Central and South-Eastern Europe, which fell under its influence as the result of the Second World War. However, this policy demanded its detailed ideological foundation as late as in 1968, when a large-scale military action was undertaken by five member countries of the Warsaw Pact to suppress the “Prague Spring”. The concept of the Soviet foreign policy towards the bloc allies, which was reflected in some program manifestations of 1968, as defined in the West as the doctrine of limited sovereignty or the “Brezhnev doctrine”. Polish crisis of 1980–1981 demonstrated the objective limits that stood in the way of the practical application of this doctrine. With the coming to power of Mikhail Gorbachev and his team in 1985 the Soviet leadership launched a revision of the principles of its policy towards the allied countries but it was not inclined to exert pressure on the communist leaders of Eastern Europe to reassess the specific facts of the Allies’ military intervention in the internal affairs of these countries. The official revision of the Soviet concept, which affirmed the principle of collective responsibility for what is happening in one of the bloc’s allied countries, was announced on December 1989, after the “velvet revolution” in Czechoslovakia.

U ovom radu prikazan je odjek mađarske revolucije 1956. u hrvatskom tisku onoga vremena. Rad se uglavnom fokusira na članke i izvješća iz same 1956. godine, djelomično već od ljeta uoči izbijanja revolucije, najviše prostora posvećuje novinskim napisima iz vremena događaja (listopad, studeni, prosinac), a dijelom obuhvaća i napise u tisku iz prvih mjeseci 1957. godine. U radu se prikazuje i analizira odjek mađarskih zbivanja i u vodećim listovima Narodne Republike Hrvatske (Vjesnik, Narodni list), ali isto toliko važnosti pridaje se i člancima u tiskovinama hrvatske emigracije (Hrvatska revija, Hrvatska država, Hrvatski glas i drugi). Istodobno se rad osvrće i na splet tadašnjih jugoslavensko-mađarskih i jugoslavensko-sovjetskih odnosa., This work covers the echoes of the Hungarian Revolution of 1956 in the contemporaneous Croatian press. It is focused on articles and reports published in 1956, partly during the summer just before the revolution, and mostly on contemporaneous newspaper articles (October, November, December), also encompassing some articles published during the first months of 1957. Furthermore, this paper presents and analyses the echoes of the events in Hungary in the leading newspapers of the Socialist Republic of Croatia (Vjesnik, Narodni list), giving an equal amount of attention to articles published in the Croatian émigré press (Hrvatska revija, Hrvatska država, Hrvatski glas, etc.). In addition, the complex Yugoslav-Hungarian and Yugoslav-Soviet relations of that time are examined.

The Ceauşescu regime in Romania, which sought to weaken Soviet influence in the country and deviated significantly in its foreign policy from the general line of the Soviet bloc, from the very beginning did not support Moscow’s power pressure on the Czechoslovak reformers who initiated the Prague Spring. Ceauşescu and his team, who had no thought of making the “human face” of the Czechoslovakian or any other socialism, watched the events through the prism of their own national-communist doctrine. Thereby they viewed the Prague Spring only as a movement for the expansion of national sovereignty, and in Czechoslovak reform, communists saw their potential allies in the struggle for Romania’s full independence in the international arena, its liberation from the dominant Soviet influence. Sharply denouncing the intervention of August 21, 1968, in Czechoslovakia, the communist leaders of Romania did not exclude the military threat against its own country, adopting a whole range of defensive measures. Later, recognizing that neither Tito’s Yugoslavia, nor China, nor Western countries, will render Romania effective military assistance in case of an attack from outside, the Romanian leaders made efforts to renew a broad dialogue with the USSR.

The author examines the legacy of two great Christian thinkers, the American Reinhold Niebuhr and the Italian Giorgio La Pira. Reinhold Niebuhr was a protestant theologian and political adviser to the Council of Foreign Relations and George Kennan’s Policy Planning Staff. The Mayor of Florence, Giorgio La Pira was a Dominican tertiary and professor of Roman law; he was a prominent Italian statesman and one of the fathers of the Italian Constitution. During the Cold War period both played a significant role in influencing public opinion, both proved to be among most influential religious thinkers of the 20th century. The author analyzes their views on international relations, in particularly on the western policy towards the Soviet Union, the use of nuclear weapons, the war in Vietnam and the communist issue. The legacy of the two thinkers is highly topical in front of the ethical dimension of choices in international politics today. Therefore the names of Christian thinkers are back again to the fore. It is worth noting that President Obama cites Niebuhr as one of his favorite philosophers. In an interview with «The New York Times» Obama felt it necessary to emphasize the Niebuhr's idea that there is “a real evil, fatigue and pain in the world, and one should be careful and modest in his belief of being able to eliminate these things. Nevertheless, we should not use it as an excuse for cynicism and inaction”. European observers and scholars also admit that Obama is following the thought of Niebuhr, who was demythologizing the idea of America as a visible place of the Kingdom of God». Niebuhr was well aware of the limitations of all humane schemes. Giorgio La Pira was aware as well that politics should always base on ethical principles and reflect the existing spiritual, cultural, political and economic diversity. His main purpose was the formation of a new hierarchy of values. Just like Reinhold Niebuhr, Giorgio La Pira, reflecting on key events of the 20th century, looked for a policy based on the precepts of Christianity. Just like Reinhold Niebuhr, La Pira stated the primacy of politics over economics. However there were some differences between the two thinkers. Niebuhr’s ontological pessimism was well known. On the contrary, La Pira was an optimist. He sincerely believed that his personal policy would help mankind to promote the cause of a new world.

This study analyses the political and economic relations between Czechoslovakia and Chile in the period 1945–1989. The main source of materials consists of documents from Czech archives. During the Cold War, polarized Chilean society perceived the states east of the Iron Curtain as a political and economic alternative for weakening the country´s dependence on the US, but at the same time, as a serious threat whose influence had to be prevented at all costs. The referenced period was therefore marked by turbulent moments, evidenced by the suspension of relations on two occasions, namely in 1947 and 1973. The current analysis of the contacts between Czechoslovakia and Chile will contribute to the hitherto little examined issue of the foreign policy of communist Czechoslovakia. At the same time, the study should help to create an understanding of the complexity of the relations between the Eastern Bloc and Latin America during the Cold War. Studie analyzuje politické a ekonomické vztahy mezi Československem a Chile v letech 1945-1989. Většinu zdrojů tvoří dokumenty z českých archivů. Během studené války polarizovaná chilská společnost nahlížela na státy na východ od železné opony jako na politickou a ekonomickou alternativu umožňující oslabení závislosti na USA, současně ale také jako na vážnou bezpečnostní hrozbu, kterou je třeba za každou cenu eliminovat. Uvedené období proto bylo ve znamení turbulencí, které mj. vyústily ve dvojnásobné přerušení diplomatických vztahů, v letech 1947 a 1973. Fil: Zourek, Michal. Consejo Nacional de Investigaciones Científicas y Técnicas. Oficina de Coordinación Administrativa Saavedra 15. Instituto de Historia Argentina y Americana "Dr. Emilio Ravignani". Universidad de Buenos Aires. Facultad de Filosofía y Letras. Instituto de Historia Argentina y Americana "Dr. Emilio Ravignani"; Argentina

The presented dissertation analyses the role of Communist Czechoslovakia in a period of so called "Congo Crisis" in the years 1960-1963, which began after the independence of the Belgian Congo had been declared. Czechoslovakia was the only Eastern Bloc country which had a representative office in the capital city of Leopoldville over a long period of time and had maintained business and diplomatic relations with the former Belgian Congo since the First Republic; therefore it was an irreplaceable mediator between the newly declared Republic of the Congo and Eastern Bloc countries. The individual chapters rely especially on archival documents and analyse the roles of Patrice Lumumba, UN, separatist government of Antoine Gizenga in the Eastern province, namely in the context of Czechoslovakian foreign policy toward African continent in the observed period. The dissertation is grounded especially on documents of the Ministry of Foreign Affairs and archives of the Communist Party of Czechoslovakia. In order to set the dissertation to the international context, it was mainly French, Belgian and Soviet literature, which was used as it offers a very different perspective on the topic in question.

The destruction of the socio-political legacies of state socialism involved, to a large extent, the dismantling of those features which had made it an anomaly in the capitalist world-system. This study examines the effects of the termination of the state socialist character of the erstwhile ���bloc��� on the global structure of labor migration. The degradation of labor into a mere factor of production, the demolition of legal-constitutional guarantees for labor and citizenship rights, and the lifting of all previous travel restrictions ���should��� have produced���at least at least according to the neoliberal logic prevalent at the time of the regime collapse���a rapid and massive outmigration of erstwhile-state-socialist labor. In contrast, the societies of the erstwhile ���bloc��� entered into the global system of labor migration after considerable hesitation, to extremely uneven degrees, and overall quite slowly. This study examines some of the global structural causes of the related reluctance, inequality and foot-dragging in the context of the global geopolitics of migration in the European Union and the United States.

Difícilmente caben dos transiciones de la dictadura a la democracia más diferentes que la española y la de la antigua RDA. En la española no cambia nada en la organización socioeconómica, ni en la estructura del Estado, y la de la RDA vino marcada por una intromisión directa del otro Estado alemán que transplanta su organización socioeconómica y política. La unificación fue posible en un tiempo récord, gracias a las negociaciones de Kohl con Gorbachov. La dificultad mayor era privatizar toda la riqueza del país. En febrero de 1990 el Gobierno de la RDA puso en marcha una compañía fiduciaria Treuhandgesellschaft, que se convirtió en la propietaria de todo el patrimonio de la RDA, pasando después de la unificación a depender del Ministerio de Hacienda, con la capacidad de decidir qué vendía, a quién y a qué precio. La privatización de los bienes públicos constituye el mayor negocio para los amigos de los gobernantes, pero cuando lo que está en venta es un país entero, la corrupción sobrepasa con mucho los contactos personales. La anexión de la RDA costó muchísimo a los ciudadanos alemanes, pero significó también un colosal negocio para las grandes empresas. Los enormes costos los pagaron todos, los también enormes beneficios recayeron en unos pocos. Hardly there are two transitions from dictatorship to democracy more different than the Spanish and the former GDR. In Spanish does not change the socio-economic organization or the structure of the state, and the GDR was marked by direct interference of the other German state that transplanted their socioeconomic and political organization? The unification was possible in a record time, thanks to Kohl negotiations with Gorbachev. The greatest difficulty was to privatize all the wealth of the country. In February 1990 the GDR government launched a trust company, Treuhandgesellschaft, which became the owner of all the assets of the GDR, passing after unification under the Ministry of Finance, with the capacity to decide which sold, to whom and at what price. The privatization of public goods is the biggest deal for friends of the governors, but when what is for sale is a whole country, corruption far exceeds personal contacts. The annexation of the GDR took much money to the Germans, but also meant a huge business for large companies. Everybody paid huge costs, the huge profits also fell on a few.