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Background Surveillance of human leishmaniasis in Europe is mostly limited to country-specific information from autochthonous infections in the southern part. As at the end of 2021, no integrated analysis has been performed for cases seen across centres in different European countries. Aim To provide a broad perspective on autochthonous and imported leishmaniasis cases in endemic and non-endemic countries in Europe. Methods We retrospectively collected records from cutaneous, mucosal and visceral leishmaniasis cases diagnosed in 15 centres between 2014 and 2019. Centres were located in 11 countries: Belgium, France, Germany, Italy, the Netherlands, Norway, Portugal, Spain, Sweden, Switzerland and the United Kingdom. Data on country of infection, reason for travelling, infecting species, age and sex were analysed. Results We obtained diagnostic files from 1,142 cases, of which 76%, 21% and 3% had cutaneous, visceral, and mucosal disease, respectively. Of these, 68% were men, and 32% women, with the median age of 37 years (range: 0–90) at diagnosis. Visceral leishmaniasis was mainly acquired in Europe (88%; 167/190), while cutaneous leishmaniasis was primarily imported from outside Europe (77%; 575/749). Sixty-two percent of cutaneous leishmaniasis cases from outside Europe were from the Old World, and 38% from the New World. Geographic species distribution largely confirmed known epidemiology, with notable exceptions. Conclusions Our study confirms previous reports regarding geographic origin, species, and traveller subgroups importing leishmaniasis into Europe. We demonstrate the importance of pooling species typing data from many centres, even from areas where the aetiology is presumably known, to monitor changing epidemiology.

L’EMBRIOLOGIA DELLA PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA (PMA) IN AMBITO FORENSE CARRA ELENA Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche Chimiche e Farmaceutiche,Università di Palermo Su incarico dell’Autorità Giudiziaria viene eseguita analisi genetica su embrione umano degenerato e ricostruzione del percorso dei gameti di pazienti sottoposti a PMA presso 4 centri di biologia della riproduzione per evidenziare eventuali irregolarità significative ai sensi della normativa vigente. Trattasi delle prime indagini commissionate sul territorio Nazionale che vedono impegnato il biologo forense in uno dei settori di frontiera della medicina della riproduzione. Con il pronunciamento della Consulta nel maggio 2009 l’impianto della L.nr.40/2004 non è cambiato. Si possono creare embrioni solo a fini di procreazione e restano i divieti alla loro crioconservazione, soppressione ed alla selezione a fini eugenetici. Veniva dichiarato che l’embrione umano criopreservato e scongelato era compromesso in maniera irreversibile nello sviluppo: scopo dell’indagine era quello di accertarne la riconducibilità a specifica coppia di coniugi. Tramite microscopia venivano individuati alcuni particolati, al punto che la presenza dell’embrione - all’interno della paillette - veniva posta in discussione. Preliminarmente, ci si avvaleva di modello biologico animale per valutare fino a che punto il livello di degenerazione cellulare ne potesse impedire il riconoscimento. I risultati indicavano che per le uova di riccio di mare dopo 8 giorni non era più possibile il riconoscimento morfologico, mentre, per gli embrioni alcune caratteristiche cellulari potevano essere apprezzabili anche a 20 giorni tranne che si induceva il processo di lisi. Il caso assumeva aspetti di particolare rilievo, perché non poteva essere escluso che il contenuto della paillette fosse stato costituito da ovocita degenerato (e non da embrione) e, conseguentemente, non fosse evidenziabile alla microscopia; tuttavia, la dimostrazione di ciò -semplice in linea teorica- era vanificata dalla degradazione cellulare associata all’esiguo contenuto del DNA (1 ovocita) rappresentando la condizione sperimentale idonea alla genesi di profili allelici instabili. La modalità adottata per il recupero del contenuto della paillette ( assorbimento su carta Whatman 3MM e suddivisione del campione in 7 parti per garantirne la riproducibilità sperimentale), nonché, la calibrazione delle cinetiche di amplificazione per DNA Low Copy Number , ha contribuito alla tipizzazione del DNA ed alla verifica che i particolati osservati erano attribuibili a matrice cellulare embrionale degenerata. L’analisi a campione su schede biologiche, cartelle cliniche, registri IVF, ecc.. unita all’informatizzazione di singoli riscontri per tipologia di scheda (data pick up, donna, uomo, ovociti totali, tecnica, ovociti maturi, seme, embrioni, ovociti scartati, embrioni scartati, ovociti congelati, embrioni congelati, embrioni trasferiti, medico, biologo, analisi, note) ha consentito la ricostruzione di percorso commissionata evidenziando il modus operandi dei sanitari in violazione degli artt.13 e 14 L.nr. 40/2004 cit.

LA BIOLOGIA DELLA RIPRODUZIONE ANCHE IN AUSILIO PER IL PUBBLICO MINISTERO E. CARRA Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche Chimiche e Farmaceutiche (STEBICEF), Università di Palermo; elena.carra@unipa.it Su incarico dell’Autorità Giudiziaria si è proceduto all’inventario del contenuto di fusti per la crioconservazione di gameti ed embrioni, ad analisi genetica su embrione umano degenerato ed alla ricostruzione del percorso dei gameti di pazienti sottoposti a procreazione medicalmente assistita (PMA) presso 4 centri di biologia della riproduzione (BDR) per evidenziare eventuali irregolarità significative ai sensi della normativa vigente. Trattasi delle prime indagini commissionate sul territorio Nazionale che vedono impegnato il biologo forense in uno dei settori di frontiera della medicina della riproduzione. Con il pronunciamento della Consulta nel maggio 2009 l’impianto della L.nr.40/2004 non è cambiato. Si possono creare embrioni solo a fini di procreazione e restano i divieti alla loro crioconservazione, soppressione ed alla selezione a fini eugenetici. Dopo censimento del contenuto dei fusti criogenici si imponeva che venisse definito, anche, il numero atteso di ovociti e/o embrioni criopreservati: si realizzavano programmi informatici per bonificare tutte le tabelle dell’anagrafica clienti acquisite in file di Access allo scopo di ottenere una Tabella Anagrafica che individuasse, tra i vari databases dei Centri BDR, quello ad essi corrispondente ed aggiornato alla data del sequestro. Si evidenziavano difformità. L’analisi genetica era condotta su embrione umano criopreservato e scongelato compromesso in maniera irreversibile nello sviluppo per accertarne la riconducibilità a specifica coppia di coniugi. Tramite microscopia venivano individuati alcuni particolati, al punto che la presenza dell’embrione - all’interno della paillette - veniva posta in discussione. Preliminarmente, ci si era avvalsi di modello biologico animale per valutare fino a che punto il livello di degenerazione cellulare ne potesse impedire il riconoscimento, tuttavia, non poteva essere escluso che il contenuto della paillette fosse costituito da ovocita degenerato; la dimostrazione di ciò -semplice in linea teorica- era vanificata dalla degradazione cellulare associata all’esiguo contenuto del DNA (1 ovocita) rappresentando la condizione sperimentale idonea alla genesi di profili allelici instabili. La modalità adottata per il recupero del contenuto della paillette ha contribuito al successo delle analisi molecolari. L’analisi a campione su schede biologiche, cartelle cliniche, registri IVF, ecc.. unita all’informatizzazione di singoli riscontri per tipologia di scheda (data pick up, donna, uomo, ovociti totali, tecnica, ovociti maturi, seme, embrioni, ovociti scartati, embrioni scartati, ovociti congelati, embrioni congelati, embrioni trasferiti, medico, biologo, analisi, note) ha consentito quella ricostruzione di percorso commissionata evidenziando il modus operandi dei sanitari in violazione degli artt.13 e 14 L. nr. 40/2004 cit..

C10) DETERMINAZIONE DEL TEMPO DI PERMANENZA IN ACQUA IN BASE ALLO SVILUPPO DI MITILI IMPIANTATISI SU CADAVERE SCHELETRIZZATO E SAPONIFICATO L. Milone (*) – S. Procaccianti (*) – M. Grillo (*) – B. Salerno (**) - E. Carra (**) (*) Dipartimento Di Biopatologia E Biotecnologie Mediche E Forensi – Sezione Di Medicina Legale – Liviomilone@Virgilio.It - (**) Dipartimento Di Biologia Cellulare E Dello Sviluppo – Universita’ Degli Studi Di Palermo Introduzione: La valutazione tanatocronologica di cadaveri in avanzato stato di putrefazione, dovuto alla lunga permanenza in acqua salata, pone non pochi problemi al patologo forense che deve risalire all’epoca del decesso, che spesso viene indicata soltanto in termini approssimativi non avendosi precisi indici di riferimento. Tuttavia, raramente, alcune indicazioni utili possono provenire proprio dalla fauna marina ritrovata in prossimità o addosso al cadavere. Materiali e metodi: In data 26/3/2XXX veniva rinvenuto su una scogliera nei pressi di Trapani, normalmente coperta dal mare durante l’alta marea, un cadavere parzialmente scheletrizzato con diffusi fenomeni di macerazione e saponificazione, con abbondante impianto di mitili. Il primo esame del cadavere consentiva, considerata anche la permanenza del cadavere in acque profonde e le basse temperature stagionali, di datare l’epoca del decesso del cadavere ad almeno 6 – 12 mesi prima del suo ritrovamento. Al fine di una valutazione temporale più precisa, tuttavia, gli Autori hanno considerato il ciclo di sviluppo e accrescimento delle colonie di Mytilus (cozze) ritrovate adese al cadavere: in particolare, si sono soffermati sul ciclo di riproduzione delle stesse, sull’epoca della loro maturità sessuale (che avviene circa 6 – 8 mesi dopo il fissaggio, quando raggiungono le dimensioni di 13 – 15 mm) e sulle modalità di fecondazione e rilascio delle larve. Risultati: Attraverso un approccio sperimentale biologico-forense, utilizzato allo scopo di stabilire il periodo di permanenza del cadavere del caso in specie in ambiente marino entro un ragionevole arco temporale, gli Autori hanno valutato il periodo di impianto dei molluschi su di esso, analizzando le caratteristiche intrinseche dell’accrescimento delle colonie di mitili sul territorio siciliano: in tal modo è stato possibile retrodatare il tempo di permanenza in acqua ad almeno 16-20 mesi prima del suo ritrovamento. Conclusioni: In caso di cadaveri a lungo soggiornanti in ambiente marino, l’eventuale sviluppo di colonie di molluschi che colonizzino i resti scheletrici può costituire un valido indicatore biologico del tempo di permanenza in acqua, consentendo una valutazione tanatocronologica più accurata rispetto a quella desunta dalla semplice analisi delle condizioni di degrado putrefattivo del cadavere.

PMA E BIOLOGIA FORENSE IN AUSILIO DEL PUBBLICO MINISTERO Carra E., Di Natale M.V. Dipartimento di Scienze Tecnologie Molecolari Biomolecolari (STEMBIO)– Università di Palermo Edifio 16, viale delle Scienze.– elena.carra@unipa.it Nell’ambito di attività svolta su incarico dell’Autorità Giudiziaria si è proceduto all’inventario del contenuto di fusti per la crioconservazione di gameti ed embrioni sottoposti a sequestro e custoditi presso i locali di quattro centri di biologia della riproduzione per “verificarne la rispondenza alle registrazioni cartacee ed informatiche acquisite agli atti”. Si rendeva, altresì, necessaria analisi genetica su materiale biologico, costituito da embrione umano degenerato e la ricostruzione del percorso dei gameti e/o embrioni dei pazienti che avevano ricevuto trattamenti di riproduzione medicalmente assistita per “evidenziare eventuali irregolarità significative ai sensi della normativa vigente in materia di PMA”. Trattasi delle prime indagini commissionate sul territorio Nazionale che vedono impegnato il biologo forense in uno dei settori di frontiera della medicina legata alle nuove tecnologie. Con il pronunciamento della Consulta nel maggio 2009, infatti, l’impianto della L. nr. 40/2004 non è cambiato. Si possono creare embrioni solo a fini di procreazione e restano i divieti alla loro crioconservazione, soppressione e alla selezione a fini eugenetici. Il numero di embrioni da creare resta quello “strettamente necessario” e sarà il medico a stabilire caso per caso, quel numero “strettamente necessario”. Rimangono eccezioni alla crioconservazione, con una maggiore attenzione alla tutela della salute della donna. Mediante annotazione del numero dei canestri, dei jonc, delle paillettes e delle indicazioni riportate è stato eseguito il censimento del contenuto dei fusti criogenici (ovociti, seme, embrioni); tuttavia, la vastità della documentazione in sequestro imponeva di definire correttamente il numero di gameti e degli embrioni criopreservati per le specifiche coppie di pazienti. Venivano realizzati programmi per interventi di bonifica su tutte le tabelle dell’anagrafica clienti acquisite in file di Access per ottenere una Tabella Anagrafica per individuare, tra i vari databases dei Centri BDR, quello ad essi corrispondente ed aggiornato alla data del sequestro. Si è poi proceduto ad un 2° censimento dei fusti criogenici predisponendo, a verifica, modulistica per tutto il materiale criopreservato. Si evidenziavano difformità. L’analisi genetica era condotta su embrione umano criopreservato e crioscongelato compromesso in maniera irreversibile nello sviluppo, acquisito al sequestro all’interno di paillette. Alla microscopia non veniva individuato alcun embrione all’interno del capillare, ma la modalità adottata per il recupero del contenuto di esso ha contribuito al successo delle analisi molecolari. Preliminarmente, però, ci si avvaleva di modello biologico animale per valutare fino a che punto il livello di degenerazione cellulare ne potesse impedire il riconoscimento alla microscopia. L’analisi a campione su schede biologiche, cartelle cliniche, registri IVF, ecc.. unita all’informatizzazione di singoli riscontri per tipologia di scheda (data pick up, donna, uomo, ovociti totali, tecnica, ovociti maturi, seme, embrioni, ovociti scartati, embrioni scartati, ovociti congelati, embrioni congelati, embrioni trasferiti, medico, biologo, analisi, note) ha consentito quella ricostruzione di percorso commissionata evidenziando il modus operandi dei sanitari in violazione degli artt.13 e 14 L. nr. 40/2004 cit..

This study focuses on the diagnostic of seven species of mite belonging to the family of Phytoseiidae; very important biocontrol agents of phytophagous mites. However, they are morphologically very similar and specific diagnostic is very difficult in fact using the traditional identification methods it is uncertain to identify a species especially when Authors use different characters, very often not stable in the time. In the 60’s M.me Athias-Henriot took into consideration the insemination apparatus that is considered a stable character in the time. According to her, the shape of this apparatus could be considered a major criterion for genus distinction. The aim of the present study is to establish, using molecular investigation, which theories is more correct. DNA were extracted from specimens preserved on a glass slide by three different methods, the organic (phenol-chloroform) Method, the Chelex® 100 extraction procedure and the DNA extraction by a DNneasy Tissue Kit. Phenol-chloroform extraction takes a relatively long period of time (5-6 days), but it produces consistent results. The modified Chelex technique involves less time and work (only 2 hours) and doesn’t require toxic organic solvents, the Qiagen kit did not allow extraction from mites mounted on glass slide 20 years ago. Molecular result (12S rRNA and RAPD-PCR) showed a clear difference between the species.

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MITOCHONDRIAL DNA DELETIONS AND MALE INFERTILITY Salerno Barbara, Gerardi Eliana and Elena Carra Dipartimento di Biologia Cellulare e dello Sviluppo,Università di Palermo Viale delle Scienze, Palermo, Italy; In men, oligozoospermia, asthenozoospermia, teratozoospermia and azoospermia are the main causes of infertility. The present research is aimed to investigate if mtDNA deletions can cause sperm defects in idiopathic astenozoospermic patients with different sperm motility and sperm concentration. The aim of this investigation was to test the hypothesis that whole sperm samples with lower levels of motility would have a higher incidence of spermatozoa with deletions in mitochondrial genome. We were able to evidence mtDNA when the DNA was amplified from the non motile fraction from semen samples or whether DNA from whole sperm samples was employed long PCR. In conclusion this study have demonstrated that the use of LPCR clearly indicated mtDNA in patients OAT also with small amount of whole seminal samples. A further indication is that the ND5 and ND6 mtDNA region were preferentially associated to deletions with poor quality semen characteristic.

Rape is a largely un-witnessed crime, and may be difficult to obtained statements from the victim, since most of the victims suffer from emotional damage as well as physical injury. The physical examination by forensic specialist is extremely important.

The endophytism of genus Acremonium in symptomless grapevines of several cultivars, grown both in pots or in the field, is reported. The no-tillage management of tested grapevines and the lack of chemical treatments facilitated the investigation of the ecological plant-fungus interaction. The isolates were differentiated at the strain level by vegetative compatibility assay and randomly amplified polymorphic DNA (RAPD) analyses, using a set of four oligo-nucleotide primers. The endophytic Acremonium population in the healthy grapevine object of the survey seemed to show a low variability; all the techniques agreed in grouping the Acremonium strains in three different clusters and no relationships were observed among them.

Mites belonging to the family of Phytoseiidae are important biocontrol agents of phytophagous mites (McMurtry and Croft, 1997). But the species used for controlling harmful mites have to be correctly identified. Sometimes using the traditional identification methods it is difficult or uncertain to identify a species especially as various Authors use different characters, very often not stable in the time. In the 60’s M.me Athias-Henriot (Athias-Henriot 1968; 1969) took into consideration the insemination apparatus that is considered a stable character in the time. According to her, the shape of this apparatus could be considered a major criterion for genus distinction; but other scientists do not agree with her as they consider mainly the setae (Chant and McMurtry, 1994). The aim of the present study is to establish, using molecular investigation, which one of the two theories is more correct.

Two DNA extraction and purification procedures for single mite analysis, organic (phenol-chloroform) method and the Chelex® -100 DNA extraction procedure, have been compared concerning extraction efficiency, DNA purity and DNA suitability for amplification. Phenol-chloroform extraction takes a relatively long period of time (5 days) and involves the use of toxic and hazardous chemical reagents but it produces consistent results. Chelex is a chelating resin that has a high affinity for polyvalent metal ions, Singer-Sam et al. postulated that boiling a sample in the presence of chelex prevents the degradation of DNA. Both method were evaluated to extract DNA from single frozen mite or individual recovery after treatment for microscopic analysis. The modify Chelex technique presents three clear advantages over the phenol-chloroform in order to increases the magnitude of DNA amplification and involves less time and work (2hrs only).

Since 1997 the analysis of DNA recovered from handled objects, or trace DNA has become routine and is frequently demanded from crime scene examination. However, this analysis often produces unpredictable results. The factor affecting the recovery of full profiles are numerous, and as demonstrated in casework and research, retrieving useable profiles from trace DNA exhibits is not guaranteed. There are numerous factors that affect the rate of recovery of full profiles, such as the ability of the individual to shed cells, the substrate surface, the time of contact and delay until analysis, and the environment. In addition to these external conditions, there are many varying methods used to collect, extract and analyse the samples, each with particular benefits and limitations. We report a casework of mortal crash in which evidence collected at the crime scene was found to be hairs and many bloodstain in different substrate of the two part of the car; but also evidence collected 15 months later submitted to environment stress. The purpose of the analysis was to identify the driver between two suspects. Into the car at the crash moment were two gays and two females: one woman died. The use of DNA profiles was combined to morphological aspect and localization of bloodstain; in such way the power in the analysis of biological evidence identification provides a high level of identification.

Forensic molecular genetics has been evolved from a rapidly developing field into accepted forensic science, leading DNA databases with DNA profiles from suspects and convicted offenders. DNA evidence has taken a central role by carrying a significant weight for convictions in the court of justice, as well as by excluding innocent suspects early on in a criminal investigation. At present, a robust system for DNA typing has been established for paternity testing and forensic stain analysis in criminal casework. In addition, forensic biologist should be aware about the ethical and legal consequences of their research on the society and the criminal justice system. New technologies will only be accepted by the society if scientists can demonstrate that their research is based on sound and reliable principles.

Male infertility, inability to fecundate the oocyte, is due to alterations of sperm characteristics (low number, low motility, altered morphology), to the quantity of semen or to the presence of alterations in the male genital line. 75% of infertile men deal with untreatable sub-fertility. Semen of 200 idiopathic astenozoospermic patients and individuals with normal seminal parameters as control, were analyzed. Results showed that mtDNA and Y chromosome regions from the motile fractions of patients and controls gave amplifications, while, the non-motile fractions of the same seminal samples did not give amplifications of ND5, ND6 and regions inside the D-loop (Carra E. et al.2002, 2004). We recently submitted the DNA of the same patients to 50 different PCR assays using primers covering 25 mtDNA loci to amplification of short and long DNA regions. The results show that only for 14 patients exhibited the predicted PCR products. For the remaining 36 patients we found deletions in the genes coding for the subunits COI, COII, ND5 and ND6 and for the cytochrome b (CYTb). We then related the deletions to sperm motility percentage, in order to contribute to a more precise and complete diagnosis of male infertility.

Previous studies of human Y-chromosomal single-nucleotide polymorphisms (Y-SNPs) established a link between the extant Y-SNP haplogroup distribution and the prehistoric demography of Europe. By contrast, our analysis of seven rapidly evolving Y-chromosomal short tandem repeat loci (Y-STRs) in over 12,700 samples from 91 different locations in Europe reveals a signature of more recent historic events, not previously detected by other genetic markers. Cluster analysis based upon molecular variance yields two clearly identifiable sub-clusters of Western and Eastern European Y-STR haplotypes, and a diverse transition zone in central Europe, where haplotype spectra change more rapidly with longitude than with latitude. This and other observed patterns of Y-STR similarity may plausibly be related to particular historical incidents, including, for example, the expansion of the Franconian and Ottoman Empires. We conclude that Y-STRs may be capable of resolving male genealogies to an unparalleled degree and could therefore provide a useful means to study local population structure and recent demographic history.

In the last decade, an upsurge of human leishmaniasis has been reported in the Emilia-Romagna region, Northeast Italy. Epidemiologic data have raised doubts about the role of dogs as the main reservoirs for Leishmania infantum. In the present study, a total of 1077 wild animals were screened for L. infantum DNA in earlobe and spleen samples from 2019 to 2022. The lymph nodes were tested only in 23 animals already positive in the earlobe and/or spleen. A total of 71 (6.6%) animals resulted positive in at least one of the sampled tissues, including 3/18 (16.7%) wolves, 6/39 (15.4%) European hares, 38/309 (12.3%) roe deer, 1/11 (9.1%) red deer, 8/146 (4.9%) wild boars, 13/319 (4.1%) red foxes, 1/54 (1.9%) porcupine, and 1/59 (1.7%) European badger. Most of the infected animals (62/71) tested positive only in the earlobe tissue, only four animals (two roe deer and two wild boars) tested positive only in the spleen, and five animals (three roe deer and two red foxes) resulted positive for both tissues. L. infantum DNA was detected in the lymph nodes of 6/23 animals. L. infantum detection occurred in all seasons associated with low real-time PCR Ct values. Further research is needed in order to clarify the role of wildlife in the re-emerging focus of leishmaniasis in Northeast Italy.

Background Visceral leishmaniasis (VL) caused by Leishmania infantum is an ongoing health problem in southern Europe, where dogs are considered the main reservoirs of the disease. Current data point to a northward spread of VL and canine leishmaniasis (CanL) in Italy, with new foci in northern regions previously regarded as non-endemic. Methodology/Principal findings Multilocus microsatellite typing (MLMT) was performed to investigate genetic diversity and population structure of L. infantum on 55 samples from infected humans, dogs and sand flies of the E-R region between 2013 and 2017. E-R samples were compared with 10 L. infantum samples from VL cases in other Italian regions (extra E-R) and with 52 strains within the L. donovani complex. Data displayed significant microsatellite polymorphisms with low allelic heterozygosity. Forty-one unique and eight repeated MLMT profiles were recognized among the L. infantum samples from E-R, and ten unique MLMT profiles were assigned to the extra E-R samples. Bayesian analysis assigned E-R samples to two distinct populations, with further sub-structuring within each of them; all CanL samples belonged to one population, genetically related to Mediterranean MON-1 strains, while all but one VL cases as well as the isolate from the sand fly Phlebotomus perfiliewi fell under the second population. Conversely, VL samples from other Italian regions proved to be genetically similar to strains circulating in dogs. Conclusions/Significance A peculiar epidemiological situation was observed in northeastern Italy, with the co-circulation of two distinct populations of L. infantum; one population mainly detected in dogs and the other population detected in humans and in a sand fly. While the classical cycle of CanL in Italy fits well into the data obtained for the first population, the population found in infected humans exhibits a different cycle, probably not involving a canine reservoir. This study can contribute to a better understanding of the population structure of L. infantum circulating in northeastern Italy, thus providing useful epidemiologic information for public health authorities., Author summary Visceral leishmaniasis is a sand fly-borne disease caused by protozoan parasites of the genus Leishmania. Leishmania infantum is the only parasitic species circulating in Italy and dogs are considered the main reservoirs of the disease. In this study, 55 L. infantum strains obtained from humans, dogs and sand flies from the Emiliana-Romagna (E-R) region, northeastern Italy, were assessed using multilocus microsatellite typing, a tool applied for population genetic studies. Results were compared with those obtained from 10 samples of visceral leishmaniasis cases occurring in other Italian regions and with 52 strains of the L. donovani complex from other foci of leishmaniasis. Our genetic analysis revealed that canine and human L. infantum strains from the E-R region were separated in two distinct populations; all samples obtained from dogs belonged to one population, while all but one human samples as well as a sand fly sample fell under another population. Samples from patients with visceral leishmaniasis from other Italian regions proved to be genetically similar to strains circulating in dogs. Our findings raise questions on the role of dogs as main reservoirs for human visceral leishmaniasis in the investigated area of northeastern Italy.

Summary Background The risk of individuals having adverse effects from drug use (eg, alcohol) generally depends on the frequency of use and potency of the drug used. We aimed to investigate how frequent use of skunk-like (high-potency) cannabis in south London affected the association between cannabis and psychotic disorders. Methods We applied adjusted logistic regression models to data from patients aged 18–65 years presenting to South London and Maudsley NHS Foundation Trust with first-episode psychosis and population controls recruited from the same area of south London (UK) to estimate the effect of the frequency of use, and type of cannabis used on the risk of psychotic disorders. We then calculated the proportion of new cases of psychosis attributable to different types of cannabis use in south London. Findings Between May 1, 2005, and May 31, 2011, we obtained data from 410 patients with first-episode psychosis and 370 population controls. The risk of individuals having a psychotic disorder showed a roughly three-times increase in users of skunk-like cannabis compared with those who never used cannabis (adjusted odds ratio [OR] 2·92, 95% CI 1·52–3·45, p=0·001). Use of skunk-like cannabis every day conferred the highest risk of psychotic disorders compared with no use of cannabis (adjusted OR 5·4, 95% CI 2·81–11·31, p=0·002). The population attributable fraction of first-episode psychosis for skunk use for our geographical area was 24% (95% CI 17–31), possibly because of the high prevalence of use of high-potency cannabis (218 [53%] of 410 patients) in our study. Interpretation The ready availability of high potency cannabis in south London might have resulted in a greater proportion of first onset psychosis cases being attributed to cannabis use than in previous studies. Funding UK National Institute of Health Research (NIHR) Specialist Biomedical Research Centre for Mental Health, SLaM and the Institute of Psychiatry at King's College London, Psychiatry Research Trust, Maudsley Charity Research Fund, and th European Community's Seventh Framework Program grant (agreement No. HEALTH-F2-2009-241909 [Project EU-GEI]).